Lavoratori di tutto il mondo divertitevi di Carlo Tullio Altan

Lavoratori di tutto il mondo divertitevi Gli intellettuali comunisti divisi tra cultura della festa e austerità Lavoratori di tutto il mondo divertitevi IN questi giorni si è parlato del dibattito sui problemi della cultura all'interno del Partito Comunista Italiano, come di uno scontro fra due diverse anime del partito. Questo mi sembra un modo abbastanza approssimativo di vedere le cose. Esiste certamente fra gli intellettuali comunisti una discussione animata circa il primato o meno della cultura dell'austerità e del lavoro, in rapporto ad una cultura della festa, caratterizzata soprattutto dalla spontanea espressività creativa e dal manifestarsi di nuove soggettività. Se consideriamo i discorsi di Berlinguer e di Amendola sui temi dell'austerità, condivisi da una vasta parte della dirigenza del partito, e li confrontiamo con le proposte e le concrete realizzazioni dell'assessore alla cultura di Roma. Nicolini. come di altri giovani quadri culturali comunisti nelle regioni, non possiamo che constatare l'esistenza di una netta differenza di prospettive. Ma non pare che tale diversità indichi un divorzio delle anime, quanto piuttosto il divario fra una strategia e una tattica, che fanno pane di un solo disegno politico. Un conflitto di valori Il problema è comunque assai più sostanziale di come lo si prospetta in genere in questi giorni, e cioè in una chiave tendenzialmente idealistica di conflitto di valori. Per valutarne il senso, questo conflitto va posto sullo sfondo dei problemi legati alla dinamica strutturale che caratterizza, in una prospettiva di lunga durata, la formazione storico sociale italiana. Quest'ultima si colloca infatti in una zona di confine. Per un verso essa si qualifica come il prodotto di un conflitto storico fra due mondi, uno tradizionale e uno moderno, in contrasto fra di loro — caso tipico delle società duali — e dall'altro lato essa risente di quel più vasto respiro culturale che è proprio della società intemazionale, cui la nostra partecipa, per il fatto di essere anche una società industriale avanzata. La celebrazione dell'austerità e del lavoro come valori, destinati a stimolare il costante allargamento della Qase produttiva, che a sua volta favorisce lo sviluppo di forze socialmente e culturalmente innovative, corrisponde al- l'esigenza primaria di dare finalmente una struttura omogenea alla formazione storico sociale italiana, integrando attivamente in questa dinamica di espansione quei settori di essa che, almeno parzialmente, ne sono oggi ancora al di fuori, sanando così il dualismo storico della sua struttura. L'esaltazione della dimensione del privato, come il luogo privilegiato in cui si realizza l'esperienza di autorealizzazione dei soggetti, fa parte invece di una tematica specifica, che si è venuta sviluppando in questi ultimi decenni nelle società democratiche avanzate, a struttura relativamente omogenea, nelle quali molti problemi ancora aperti nella nostra società hanno ricevuto sistemazione. Il primo tipo di prospettiva e di valori rientra in una dimensione che potremmo chiamare strategica, e cioè dì lunga durata, la seconda invece è piuttosto il risultato, alquanto effimero nia non certo irrilevante, del diretto ed immediato impatto di sollecitazioni culturali in gran parte di origine esterna, sui settori più giovani e vivaci della vita sociale italiana. Non vi è quindi incompatibilità o conflitto irresolubile fra questi due momenti, ma piuttosto una diversa loro collocazione sopra un'unica linea di sviluppo, che porta da una società economicamente e socialmente povera ad una diversa società globalmente più ricca. In ognuno di questi due punti, a quo e ad quem, maturano diversi tipi di problemi, che sono entrambi presenti oggi nella società italiana, per quanto avvertiti in modo differenziato a seconda del luogo sociale e del momento storico. In determinati ceti e in date circostanze sono i primi a prevalere, e in altri invece sono i secondi. Un grande partito di massa che si proponga di conseguire una vasta sfera di consenso nel complesso della società, e non solo in sezioni particolari di essa, isolate dal contesto globale, non può non tenere conto di questo stato di fatto e non giocare in un certo modo su entrambi i quadranti. Si può dire che il Partito Comunista, fino a qualche tempo fa. abbia giocato in netta prevalenza sul primo di questi, trascurando in. una certa misura il secondo. In quest'ultimo invece si è creato uno spazio notevole l'iniziativa dei movimenti social-libertari e radicali, intesi in senso lato, che sono riusciti ad aggregare una gamma notevole di consensi, diversi come origine sociale. Questi si sono tradotti poi in successi elettorali, di cui ha tratto vantaggio il partito radicale, che si è venuto formando su queste basi. E' quindi perfettamente logico che il pei si sia mosso alla conquista dei settori giovanili che se ne erano allontanati, muovendosi sul terreno della nuova cultura, loro più congeniale. A questo punto però non è stato facile scegliere criticamente fra quanto la cultura d'avanguardia ci offre sul mercato delle idee e dei comportamenti. Questo mercato è stato inflazionato da una serie di prodotti in gran parte importati dall'estero, a scatola chiusa, come materiali da utilizzare per le combinazioni di laboratorio nostrane. Molti di quei prodotti però sono risultati avariati e avarianti. soprattutto quando le proposte più avveniristiche ed avventate, di cui in parte consistono, si sono combinate con i residui del casalingo ribellismo anarchico, endemico nella nostra storia, contribuendo a fertilizzare abbondantemente il terreno di cultura della violenza. Contro questi aspetti deteriori di una parte almeno del nutrimento culturale delle avanguardie politiche nostrane, che da qualche settimana hanno cominciato a recitare il «mea culpa», per bocca dei loro leaders prestigiosi del recente passato, il Partito Comunista ha espresso sempre nettamente il suo rifiuto, sia sul piano culturale sia su quello politico. Ma. per quanto riguarda la scelta da compiere su ciò che resta sul mercato delle idee avanguardistiche. una volta tolti di mezzo questi apporti giustamente rifiutati, non sembra che i giovani responsabili culturali del pei, cui è stata demandata in buona parte l'iniziativa, abbiano saputo difendersi adeguatamente e in ogni circostanza, dalla fascinazione esercitata su di loro da taluni vivaci personaggi della nuova cultura, che da tempo si mantengono saldamente nelle piene luci della ribalta. Le realizzazioni di questi protagonisti spesso non hanno corrisposto alle attese, sia per 0 valore intrinseco della produzione, sia per la sua accessibilità da parte di settori importanti della società, cui era diretta. Ma si tratta ovviamente di aspetti secondari del problema, di diietti di ingenuità ai quali l'esperienza certamente pone rimedio. Sanguineti contro Nicolini Per ritornare ora al tema del dibattito, tenendo conto di quanto fatto osservare, si rileva che Sanguineti e Nicolini si sono fatti interpreti rispettivamente delle due istanze ricordate. Sanguineti ha tenuto presente in modo speciale la prospettiva che si è definita con l'aggettivo di strategica, ancorata ai processi di trasformazione strutturale della nostra società,, Nicolini si è impegnato nell'altra direzione considerata, e cioè nel tentativo di recupero delle frange più sensibili e al tempo stesso più vulnerabili, della gioventù urbana o recentemente inurbata. Ognuno sostiene il suo punto di vista, che in realtà è solo apparentemente alternativo a quello dell'altro. Quello che non mi pare venga messo in discussione sia il problema di una radicale modificazione della linea politico culturale del Partito Comunista. Tutto invece fa pensare che si tratti soprattutto di un meditato e controllato tentativo di estendere la sfera del consenso senza per questo sovvertire le linee fondamentali di una politica che, dalla svolta di Salerno in poi, si è sempre orientata, anche nei suoi profondi mutamenti, tenendo conto delle modificazioni di fondo dei rapporti esistenti fra le concrete forze sociali, per raggiungere gli obiettivi storici del partito. Carlo Tullio Altan il di poesia di Castelporziano Due pubblici a confronto: partecipanti al Festival nazionale dell'Unità a Napoli nel 1976 in un'immagine di Luciano D'Alessandro e un gruppo di giovani al Festiva internazionale di poesia di Castelporziano

Persone citate: Amendola, Berlinguer, Luciano D'alessandro, Nicolini, Sanguineti

Luoghi citati: Castelporziano, Napoli, Roma, Salerno