Nel cervello affiorano i draghi del passato

Nel cervello affiorano i draghi del passato Cari Sagan: comesi è sviluppata l'intelligenza umana attraverso i tempi Nel cervello affiorano i draghi del passato Cari Sagan I DRAGHI DELL'EDEN Considerazioni sull'evoluzione dell'intelligenza umana Bompiani, Milano; 258 pagine, 8000 lire ECCO un altro di quei libri scintillanti che outsiders d'ingegno — qui il cosmologo Cari Sagan della Cornell University — hanno di quando in quando dedicato all'antropologia recandovi in una veste provocatoria idee costruttive e fertili. Nel mondo accademico americano Sagan è noto come scrittore e conferenziere brillante (gli è stato assegnato nel 1978 il premio Pulitzer): non solo dunque un uomo di cultura nel vecchio e purtroppo svalutato senso umanistico, manna testa pensante che sa produrre idee. L'itinerario intellettuale che ha portato a questo Dragons of Eden è istruttivo. Da anni Sagan è venuto studiando rcome dice il titolo di una singolare raccolta di saggi che curò nel 1973 — la «comunicazione con intelligenze extraterrestri». In un tale campo, a parte ovviamente il prendere le distanze da una letteratura lucrativa che di scientifico non ha nulla, non è tanto questione di seguire regole di studio esistenti, quanto di crearle. Porsi problemi e formulare interrogativi solubili, inventando metodi di risposta secondò criteri interdisciplinari, è diventato il mestiere di Sagan da tempo. Muovendosi all'estrema periferia delle scienze astronomiche tradizionali, lo studioso del cosmo si è fatto indagatore di un segno di vita intelligente su qualche remoto pianeta della nostra parte d'universo. Il ruolo preminente da lui svolto nella lettura dei rilevamenti della sonda spaziale « Viking» che approdò su Marte nel luglio 1976 è tuttora ricordato, e la sua consulenza a tale scopo con l'agenzia spaziale americana continua. Ma dalla questione «esobiologica» il cosmologo è passato a interrogarsi sulla natura del fenomeno intelligenza nel suo complesso, bene avvertendo come sia sterile cercare di riconoscere «intelligenze» nello spazio senza avere compréso l'origine e lo sviluppo dell'unico caso d'intelligenza che conosciamo, il nostro. Per questa via un non addetto ai lavori ci ha dato uno dei più colti e affascinanti libri d'evoluzione bioculturale mai scritti. I risultati delle «riflessioni» di Sagan sull'evoluzione e il futuro dell'intelligenza umana formano la materia di questo volume finemente scritto e sagacemente illustrato, che l'editore Bompiani presenta al nostro pubblico in una versione accattivante due anni dopo l'edizione americana. Nel suo sviluppo personale un individuo umano sembra ripercorrere le tappe dell'evoluzione della Specie, o le «ricapitola», come osservò or è un secolo Ernst Haeckel. L'embrione umano attuale ha fessure branchiali da pesce, il feto umano e quello di una scimmia antropomorfa sono quasi indistinguibili. Nel nostro cervello è incapsulato un meccanismo cerebrale addirittura da rettile (il «sistema R» di Paul D. MacLean), configuratosi centinaia di milioni di anni orsono. Abbiamo un cervello stratificato in cui ogni strato, ogni «intelligenza», ricorda nella struttura e nella funzione un'è- ra della storia evolutiva. Intorno al sistema reiuiianu si ui ganizza. quello limbico, proprio dei mammiferi, e sopra tutto il restò si stratifica la neocorteccia, oggi 1*85 per cento dèi cervello, sede dell'integrazione delle esperienze "sensoriali, dell'ideazione, della memoria, della nozione del «bene» e del «male». Se le scimmie di tipo umano si sono venute svincolando dal controllo genetico potenziando per selezione le facoltà di apprendimento o «cultura», se la vita dell'uomo dipende sempre di più da un patrimonio di informazioni extragenetiche di cui è depositario il cervello, l'evoluzione umana può validamente essere descritta in termini di evoluzione del cervello umano. Dopo una breve menzione della scala di tempo con cui si gioca (quindici miliardi di anni dal «big bang» che produsse l'attuale Universo, all'inizio metodico della ricerca di intelligenze extraterrestri), Sagan dedica appunto al cervello la maggior parte del suo saggio, le cui.ipotesi presenta al lettore «con una certa trepidazione». H tema conduttore è che anche le funzioni di «intelligènza» del cervello umano possono solo essere spiegate alla luce dei retroscena evolutivi, dai quali non di rado ancora insorgono i «draghi» di un «lontano Eden»: gli atti della nostra largamente inconscia intelligenza rettiliana, passata e ridisegnata attraverso un'età dell'evoluzione in cui l'uomo non aveva ancora cominciato a .espandere la neocorteccia e commesso il «peccato originale» di diventare umano. Se i libri recenti, fra cui specialmente quelli di Z. J. Young e di Sir John C. Eccles, congiuntamente ai quali si consiglia di leggere questo, mettono in modo eccellente alla nostra portata le conoscenze più aggiornate sul cervello, il saggio di Sagan associa fatti ed esplode in intuizioni che senza dubbio, su più d'un aspetto, «stimoleranno altri ad andare ancora più a fondo». E' per esempio suggestivo vedere come miti «più antichi» suonino oggi in sintonia inspiegata con miti «scientifici». La metafora della psiche umana come carro trainato da due cavalli su cui presiede un imbarazzato cocchiere, del Fedro di Platone e la spesso ripudiata e così affine allegoria freudiana, dell'Io come cavaliere di un destriero imbizzarrito, si ritrovano nella idea «una e trina» che comincia a darci del cervello umano la neurofisiologia. Anche l'Eden è metafora, il giardino preumano da cui una singola creatura è cacciata è imbocca lì il sofferto e meraviglioso itinerario umano. Anche prescindendo dalle riflessioni che Sagan ne trae con fermo polso di scienziato, sorprende essere condotti a osservare come — in una specie di oscura anamnèsi —atti salienti dell'evoluzione biologica e culturale siano replicati in vicende tramandate dai miti. Memorie di «draghi», di rettili in opposizione a uomini, compaiono in miti di molte terre ed epoche, non ultimi quelli del serpe che persuade Eva e del santo cristiano Giorgio. E anche nel Genesi, come secondo taluni nella documentazione paleoantropologica, la cultura umana si sviluppò da Caino, l'aggressore e uccisore, non da Abele. La previsione della morte come caratteristica profondamente umana, il mito di Prometeo o «colui che prevede», la verosimile importanza del sonno e del sogno nella storia della cultura e prima ancora nell'evoluzione dei mammiferi, punteggiano come flash-backs la carrellata erudita e agilissima con cui Sagan rintraccia le radici del comportamento che chiamiamo intelligente. Si è costretti a riconoscere quante eredità per lo più inconsce del nostro passato collettivo di cacciatori siano in noi. o addirittura del passato preumano di scimmie, risultato questo in cui Sagan (senza saperlo del tutto) si affianca alle conclusioni generali delle più moderne ricerche antropologiche e ad argomenti di vivo dibattito ideologico. I titoli stessi dei capitoli, la finezza delle citazioni letterarie, si accordano al sapore persuasivo di un testo che non a caso si ispira con ammirazione esplicita a spiriti interdisciplinari (Russell, Whitehead Haldane. da ultimo J. Bronowski) nell'ìntessere una sintesi di grande indipendenza intellettuale. L'analisi del comportamento intelligente non può che implicare una discussione del linguaggio con tutti i ripensamenti cui ci hanno costretti in ormai trent'anni il linguaggio e la logica delle macchine. Sagan riserva a ciò uno dei capitoli più didattici del libro. Allusioni al cervello come calcolatore numerico, alla «intelligenza» della sonda spaziale «Viking» come a «qualcosa di più di un batterio e dì meno di un'alga», inducono a pensare, almeno per il modo e il contesto in cui l'autore le cala. Una vasta e non mitologica comprensione di chi siamo attraverso ciò che pensiamo e come lo pensiamo, è il nostro più sicuro strumento per il futuro. Conclude Sagan: «Non possiamo più contare su milioni di anni per il prossimo progresso evolutivo... Vìviamo in un mondo che cambia a un ritmo mai riscontrato prima, e, dato che questi cambiamenti sono in gran parte opera nostra, non possiamo ignorarli. Solò un sistema di apprendimento extragenetico pub-tenere testa alle veloci modificazioni che la nostra specie si trova ad affrontare». Francesco Fedele

Luoghi citati: Caino, Milano