Facciamo tutti insieme la biblioteca di classe

Facciamo tutti insieme la biblioteca di classe Facciamo tutti insieme la biblioteca di classe L'Associazione italiana editori organizza per il 28 marzo, nell'ambito della Fiera del libro di Bologna, una tavola rotonda su «La biblioteca di ' classe» moderata da Geno Pampa lo ni. Abbiamo chiesto un intervento su questo tema al professor Tullio De Mauro. OGNI tanto editori e studiosi si riuniscono a consulto intorno al lettino dell'ammalata. E' un'ammalata cronica: si chiama Lettura dei Libri in Italia. Ogni tanto qualche esperto ottimista guarda indici e grafici, consulta tabelle e. rilascia dichiarazioni ottimistiche. E' un fatto che le generazioni più giovani leggono assai più di quanto le anziane facessero ai loro bei tempi e facciano oggi E' un fatto che le donne, i contadini, gli operai, categorie un tempo marginali, lontane dal libro, hanno fatto grandi corse, dalla metà, degli Anni Sessanta in poi, per accorciare le distanze rispetto ai maschi e ai professionisti. Forse si può non disperare. Forse, la Lettura se la cava* non solo sopravvive, ma salterà, su sana, e florida. Ma poi arrivano le docce fredde. A Viterbo la Provincia ha organizzato una bella mostra di libri per ragazzi dal 1700 al 1950 (il catalogo è pubblicato nel n. 5/1979 del periodico Viterbo-La Provincia). E il pedagogista Mauro Làeng, che ha il titolo di «Membro dell'International Board on Books for Young People», richiama una recente inchiesta da cui risulta che perfino nel sottile strato sociale dei laureati (1,8% della popolazione) meno della metà è fatta da lettori relativamente abituali di libri. E una inchiesta Rai-tv del 1979 ci dice che non più di 28 italiani ultraquindicenni ogni cento dichiarano di aver letto almeno un libro nell'ultimo anno. E sappiamo che, se e quando si vanno a grattare le risposte, molte si rivelano risposte di prestigio, e i 28 ogni cento sono ormai di meno. Specie nelle ultime stagioni, sanno bene tutto questo editori e librai. Gli esperti e gli studiosi scuotono il capo intorno al letto della signora Lettura dei Libri in Italia, sospirano: per la ammalata pare che non ci sia per ora niente da fare. I parenti seguono il consulto con dubbi sentimenti, certa è solo l'ansia: la cognata Lettura dei Periodici in Italia, il cugino Ascolto Radiotelevisivo (che in arte è noto come Galassac EcLuhan) sperano di metter le mani sull'eredità. Piuttosto che tirare oroscopi, vale forse la pena di tentare terapie, le meno superficiali possibili. Per essere davvero profonde, le terapie debbono curare la debolezza cronica della lettura nel nostro Paese andando alle radici, agendo cioè sui modi di produzione dei libri e sui modi di formazione deU'abitudine alla lettura. Autori, fatevi leggere Su un aspetto dei modi di produzione dei libri si è già cercato di richiamare più volte l'attenzione. Chi scrive libri in Italia (originali o in traduzione) non è abituato a porsi troppi problemi di leggibilità. Ricordare che le cose che si scrivono debbono pur essere lette da qualcuno, debbono avere dei possibili destinatari ed essere da lóro abbordabili, viene ritenuto un insulto, un affronto a un'altra signora: la Libertà dello Scrittore. Proporre che si diffondano in Italia modelli di attenzione alla scrittura e di elaborazione dei testi per aumentarne la leggibilità, significa incappare nelle accuse di stalinismo e americanismo. Le accuse contrapposte sono in certo senso egualmente giuste: perché in effetti sia nei turpi Paesi capitalistico-borghesi sia negli ancor più turpi e spregevoli Paesi del socialismo reale (a non parlare poi delle turpissime socialdemocrazie, dove, come è ben noto, la gente passa il tempo a suicidarsi) tecniche che garantiscano la leggibilità sono in uso da decenni. Sicché di conseguenza l'attenzione alla leggibilità degli scritti di circolazione non specialistica può essere disprezzata sia come una forma di sovietismo sia come una americanata. Cosi l'intellettualità italiana si mette in pace le sue varie anime. Ma il problema, naturalmente, resta. Da varie parti ci sono sforzi orientati nel senso di aumentare la leggibilità di quello che si scrive in giornali e libri, curando vocabolario e struttura dei periodi. Si può e si deve sperare che queste attenzioni si concentrino in modo particolare sui libri e periodici destinati à bambini e ragazzi. E diremo subito perché. . ,. Un sondaggio svolto un anno fa dalla Makno di Milano per conto di una casa editrice romana ha mostrato che, per una consistente categoria di adulti che potrebbero leggere, il libro è un oggetto estraneo, è fonte di ansietà. L'analisi delle risposte e dei colloqui anche di molti che dichiarano di ritenere utile, importante leggere, rivela che anche per molti di questi la lettura è sentita come un triste obbligo. Che i libri possano essere divertenti e utili, piacevoli e spesso preziosi compagni delle nostre giornate non lo sentono che pochi. Che cosa si può fare per allargare questo numero, per fare in modo che non pochi, ma molti imparino ad apprezzare i libri? Un mezzo importante è l'educazione alla lettura nelle scuole. Il brusco, benvenuto e benefico ampliamento dell'istruzione di base avvenuto negli ultimi dieci anni, che oggi si avvia a estendersi finalmente al cento per cento di ragazze e ragazzi, ha creato una situazione nuova: si può calcolare che in una terza media almeno otto alunni su dieci vengano da famiglie in cui là lettura di libri non scolastici non è praticata. Gli insegnanti possono e, quando volessero lavorare bene a colmare dislivelli di cultura tra i loro alunni, dovrebbero controllare questo dato medio e verificare come si colloca la loro classe rispetto a esso. Una biblioteca di classe ben formata e utilizzata è un aiuto potente, tanto più quanto più discreto e sotterraneo, a tutto l'insegnamento: non solo, evidentemente, ne trae vantaggio l'educazione delle capacità linguistiche degli alunni ma tutt'intero il processo di formazione intellettuale e critica. Un aiuto agli insegnanti Ancora qualche considerazione realistica. I libri costano oggi parecchio; gli stipendi degli insegnanti sono modesti; i punti di vendita dei libri sono pochi, dato il carattere misero del mercato; la scarsa abitudine alla lettura intacca anche le classi di istruzione più alta: buone biblioteche scolastiche (non solo di classe, ma anche di istituto) possono rendere servizi utili anche agli stessi insegnanti. E, di nuovo, non si deve pensare solo agli insegnanti di materie letterarie: esiste oggi una discreta produzione di saggistica scientifica e si sa di quanto aggiornamento hanno bisogno anche gli insegnanti di materie scientifiche (secondo il fisico Carlo Bernardini la fisica delle nostre scuole e dei nostri programmi è quella del 1890). Ma che cosa vuole dire «buona biblioteca», «biblioteca ben formata»? Qualche anno fa, il Cidi (Centro di Iniziativa Democratica degli Insegnanti), diffuso ormai in decine di città, ha provato a fare qualche proposta (Guida alla biblioteca di classe, Roma 1977). Per molto tempo si è creduto che ci possa essere una biblioteca ideale, eguale per tutti. Quest'idea ha nobili ascendenze. Vi è, dietro e lontano, l'idea di un sapere unico, immobile, universale. Le grandi ombre di Platone e di Aristotele si proiettano ancora perfino sul catalogo della einaudiana Biblioteca di Dogliani. Del resto, in parecchie scuole alcuni degli insegnanti più seri fanno del momento della costruzione e integrazione della biblioteca di classe, e dell'andata in libreria o in biblioteche locali per scegliere i libri da tenere in classe, momenti importanti di discussione collettiva e lavoro didattico della classe. Cosi, oltre tutto, da una parte si socializzano le varie esperienze di eventuali letture già fatte e dall'altra l'insegnante può verificare e stimolare gli orientamenti alla lettura emergenti tra gli allievi. Non si insisterà mai abbastanza sul valore profondamente educativo dell'andata collettiva, dell'intera classe, in libreria (vorrei permettermi di ricordarlo anche alla pazienza dei librai). Spesso un malinteso senso del risparmio porta insegnanti e consigli a cercare di rivolgersi direttamente agli editori. Gli editori più seri si rifiutano. Altri purtroppo no. Poche migliaia di lire risparmiate, moltiplicate per classi e istituti, sono un danno culturale enorme. Oggi, e ancora nel futuro; per molto, finché non avremo servizi davvero efficienti di pubblica lettura, i librai sono l'unica seria rete di promozione della lettura nella nostra collettività. Abituare i ragazzi ad andare in libreria significa aiutare due volte la lettura: perché li si porta concretamente nei luoghi in cui i libri sono più facilmente accessibili e perché si aiutano economicamente i librai che nel nostro difficile Paese sono i principali agenti di diffusione della lettura. Diversi seri editori si sono specializzati nel produrre libri differenziati per fasce di età e a basso prezzo: Armando, Bietti, Bompiani, Editori Riuniti, Scolastiche Mondadori, Einaudi, Emme, Fabbri, Ghiron, Giunti-Bemporad, La Scuola, Libreria Editrice Fiorentina, Loescher, Manzuoli, Mondadori, Paravia, Rizzoli, Zanichelli ecc. L'elenco pecca certo di omissioni. Esso vuole solo indicare che ragazzi e insegnanti, insieme, possono cercare, trovare e scegliere libri eccellenti, adatti ai loro interessi, a costi accettabili. Da Einaudi a Loescher a Giunti parecchi editori mettono inoltre a disposizione, talora in versioni particolarmente curate dal punto di vista della leggibilità, anche i grandi classici e i maggiori scrittori contemporanei. Insomma, chi vuol lavorare per mettere insieme e migliorare le biblioteche di classe ha oggi materia su cui esercitare la sua buona volontà. E buone biblioteche di classe, fin dalle scuole per l'infanzia, possono dare a tutti, fin dall'infanzia, quella larga confidenza nel libro che ancora manca nel nostro non felice Paese. Tullio De Mauro

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