II mercante che inventò la cambiale

II mercante che inventò la cambiale Una biografia di Francesco Datini II mercante che inventò la cambiale Iris Orìgo IL MERCANTE DI PRATO Rizzoli, Milano, pp. XXVI-350 pagine, 12.000 lire Con vero piacere rivediamo in circolazione un libro da tempo esaurito, che ebbe lieta accoglienza da parte di un maestro di storia economica come Luigi Einaudi pur sollevando alcuni rilievi in Federigo Melis che, al mercante di Prato, Francesco di Marco Datini, aveva una tale devozione da sacrificargli, nel senso letterale del termine, la vita. Questa biografia, quando fu pubblicata la prima volta, nel 1958, cadeva, in realtà, su un terreno incandescente: il problema del mercante italiano nel Medio Evo, infatti, era al centro di un dibattito storico vivacissimo; se ne discuteva la cultura, la preparazione tecnica, l'abilità negli affari, la mentalità nei. suoi aspetti più vari, dall'economico al religioso. Questo dibattito, per ora, tace, non perché esaurito o concluso, ma perché sono usciti dalla scena del mondo coloro che ne erano stati i grandi protagonisti, da Armando Sapori, a Yves Renouard, a Federigo Melis stesso e perché gli storici dell'economia tendono oggi sempre più ad interessarsi di problemi moderni e contemporanei. Ora questo libro ci riporta al ricordo di quelle discussioni, ma, oggi, in un'atmosfera storiografica diversa, mostra il suo volto più autentico, più vero e più rispondente alle intenzioni di chi l'ha scritto: è il profilo di un uomo. Si inquadra perciò meglio nella serie di opere di Iris Origo, anglo-americana di nascita, italiana di sentimenti, come mostrano i temi dei suoi libri, Leopardi, Byron e Teresa Guiccioli, Francesco Datini, S. Bernardino. Sono sempre personalità significative, che permettono di cogliere nella drammaticità di un'esistenza i dissidi, le inquietudini e gli atteggiamenti di un'epoca intera. Così è anche di questa biografia di Francesco di Marco Datini: non studio di storia economica, dunque, anche se non rifugge dal toccarne questioni importanti sempre senza pedanteria, con limpida chiarezza; rappresentazione di una figura di uomo. Nato nel 1335, quando il destino della sua Prato era ormai segnato per la non lontana annessione a Firenze, senza avere un appoggio di capitali, mancando del sostegno di una famiglia potente, Francesco Datini seppe formarsi una ricchezza che ebbe, nel suo tempo, poche altre che potessero reggerne il confrontò. Per lui il Mediterraneo, da Oriente ad Occidente, divenne come un'immensa scacchiera, ove egli con pazienza infinita, attenzione solerte, fiuto commerciale infallibile muoveva le sue pedine, con un solo scopo sempre francamente dichiarato: il guadagno. Chi appena possa rendersi conto dell'immensa quantità d'affari sviluppata da Francesco Datini, non può non rimanere stupito dinanzi ad un'eccezionale forza di memoria e di dominio di fatti economici, dai massimi ai minimi Le sue istruzioni infatti, se seguono le vicende di grande impegno finanziario, non trascurano le piccole, come mostrano le disposizioni date ai suoi dipendenti o gli incarichi affidati alla moglie La sua corrispondenza — oltre centomila lettere — è l'indice più eloquente del suo geniale talento di mercante. Di tutto questo sa renderci il senso, con la volontà di andare a fondo nel comprendere una cosi singolare personalità, Iris Origo in un racconto simpatico ed attraente, che mira a porre in luce aspetti e caratteri di un'epoca e del rapporto che con questa ebbe una figura come quella del Datini; ma non cade mai nei toni delle biografie romanzate. In realtà un fascino di romanzo è nella vita stessa di questo mercante, nel suo amore per il guadagno, nella sua solitudine, che è rotta solo dall'amico Lapo Mazzei o dalla moglie, non senza momenti bruschi ed impennate sorprendenti nel suo tendere verso una meta, costruire un'azienda forte, stabile, redditizia, ove tutto funzioni, ove gli aspetti molteplici del commercio siano presenti in modo tale da compensarsi nel rapporto di profitto e perdita. Pure, l'ultima meta doveva mancargli. Non ebbe a chi trasmettere la sua azienda. L'erede fu allora Prato, a cui legò i suoi beni, che volle amministrati dalla città, escludendone deliberatamente gli ecclesiastici E Prato, mantenendo in piedi il «ceppo», ha goduto dell'eredità del suo grande figlio e ne ha salvato l'archivio fonte preziosa per la storia economica fra Trecento e primo Quattrocento. E' gran merito dell'Origo avere saputo porre in luce tante vicende, con sapienza di chiaroscuri giovandosi delle lettere di affari ma soprattutto,di quelle rivolte all'amico Lapo Mazzei e alla moglie, sì da felicemente ottenere dal complesso una coerente realtà umana. Ne risulta un'impressione globale importante: capitalista, certo, il Datini e nel senso più precelso del termine, quanto alla sua mentalità, pure con un limiate permanente alla sua azione che va sottolineato; ed è la presenza di Dio. Francesco di Marco Datini è duro ed aspro, privo di canta nell'esigere guadagno, ha certamente prestato COme era del resto nell'uso del tempo; ma ha n~Ì?hV?£Z coscien*a di violare la norma, e, quindi, la sag?^f/f L^ 51 correS9ere. Perciò Francesco Datini ha manS2?„!nfl s™ umanità, perciò il suo «ceppo» da secoli benefica la sua città natale Il capitalista protestante ha avuto il suo Max Weber- a^mfo^i^um^atd^° linciare col riprendere ed' approfondire il Mercante di Prato. Raoul Manselli

Luoghi citati: Firenze, Milano, Prato