Ma al bisnonno non piacevano le camicie rosse

Ma al bisnonno non piacevano le camicie rosse Isabella Fedrigotti ha scritto un romanzo sulla fine dell'/ Ma al bisnonno non piacevano le camicie rosse MILANO. «A me ini si prende con una foglia d'insalata». L'uccellino dai capelli biondi e fini, china su di un tavolo del «Rigolo» fra un piatto di carote affettate e una tartara è Isabella Bossi Fedrigotti. Nata a Rovereto nel Cinquanta da nobile famiglia madre austriaca, il padre curatore dell'omonimo vino, vive a Milano f aceri do la giornalista: alcuni anni da «Brava», oggi all'«Occhio» di Costanzo. y \ A prendere lei e il suo primo romanzo. Amore mio. uccidi Garibaldi, è stato Spagnol per la Longanesi, dopo che altri tre grossi editori avevano letto il manoscritto, fatto sapere che erano interessati ma che alcune parti sarebbero andate riviste. Spagnol invece le ha detto subito di si. fatto il contratto e solo in un secondo tempo suggerito alcuni lievi ritocchi. Così. A more mio. uccidi Garibaldi andrà in libreria il 25 marzo (Longanesi, pagine 137. lire 6500) per tutti quegli appassionati di storia risorgimentale amanti di Cecco Beppe, Roth e di quell'Austria che fu felice. n romanzo racconta, attraverso le lettere che il bisnonno Fedrigotti ussaro imperiale scrive alla consorte Leopoldina, principessa Lobkowitz le campagne dell'86. le sconfitte italiane di Custoza e Lissa. ma anche la paura della «guerriglia garibaldina», gli ultimi sprazzi di vita a corte le ultime ore dell'Impero. —Come è nata l'idea di questo romanzo? «Volevo scrivere sul tipo di cultura da cui vengo e di cui sento un peso e una ricchezza terribile Ma anche sicurezza, una radice che non mi fa sentire perduta. Avevo però bisogno di un pretesto. Sapevo che nella casa di Sacco, a Rovereto, c'erano delle lettere dei miei bisnonni. Erano centocinquanta, raccolte in archivio, che coprivano un arco di quattro o cinque anni di vita dei miei bisnonni ». — Amore mio. uccidi Garibaldi è un documento storico o un romanzo storico? «In quelle lettere, tutte scritte in gotico, si parlava tanto di vestiti, molto di soldi, di bei tempo e di lunghe digestioni, ma anche di' trasferimenti di truppe, di luoghi di battaglie. Io ho montato là storia tenendo conto di tutti gli avvenimenti di guerra, veri i posti e le persone. «E' véro che la bisnonna Lobkoicitz veniva dalla Boemia e dietro al suo cognome c'era un patrimonio di 30.000 ettari, un bellissimo palazzo a Vienna e altre case. Vero il 9 Reggimento degli Ussari di Fedrigo. il suo palazzo a Rovereto e l'altro a Sacco. I ricordi dei Natali a Bilin. le vacanze sul Canal Grande, le sfilate degli Schutzen per San Giuseppe, i primi Kaiserrjager per il Tirolo. il volontariato di Fedrigo presso il generale Kuhn, le euforie dopo Custoza. Ho sovrapposto ad una geografia esatta i sentimenti del tempo e inparticolare quelli dei miei due bisnonni». Il romanzo è scritto in forma epistolare, per «rispettare» le lettere dei bisnonni o come artificio narrativo? «Le lettere erano il materiale più interessante. Io pensato al modo migliore per metterlo in~comice, perché diventasse una storia. In casa poi c'è molta consuetudine a scrivere lettere. Fin da piccoli, io e i miei fratelli abbiamo scritto lettere. Anche mio padre e mia madre si son scritti molto e la scrittura epistolare offre un formalismo meno rigido, è immediata ma piena di pudore. Sono gli stessi sentimenti che ho provato leggendo le lettere dei miei bisnonni». — Cosa si prova a ricostruire una foto di famiglia? «E' emozionante recuperare le immagini di una storia della propria famiglia e di un'epoca. Seguire il matrimonio della Leopoldina, la principessa austriaca che sposa Fedrigo. il nobile "povero", le difficoltà del loro quotidiano che si intrecciano con quelle ben più gravi dell'Impero. Vedere vivere la corte, a "quadrettini piccoli", quasi da piccoli òorghest Seguire il distacco fra i due sposi i loro problemi, il mutare delle stagioni, il mondo contadino in guerra, gli "sfollamenti", la fame, il morire di una civiltà. Il Risorgimento visto dall'altra parte. Avrei potuto aggiungere altre lettere, far conoscere altri personaggi della famiglia, ma avevo difficoltà a far qualcosa di più ramificato. L'importante era che i loro due caratteri venissero ben fuori. E con le lettere della bisnonna è stato più facile, il bisnonno, poveretto, si sforzava di scrivere in tedesco». — Garibaldi invece non si vede mai. Perché? «Solo da lontano, come uno spettro, un brigante Così come è raffigurato in certe stampe popolari»: — Quanto pensava, scrivendo, a Hofmannsthal a Roth? «Li ho letti, si Ma anche Musil e tante biografie storiche. Anche Rigoni Stern, peccato cfie Storia di Tònle non sia più lunga. Non e molto che leggo, dai quattordici ai vent'anni sono stata in collegio a Firenze al Sacro Cuore. Devo ancora riempire quel buio, cerco di leggere un po' di tutto». — Non ha timore che per questo suo romanzo si parli subito di riflusso, nostalgia? «Che il mio romanzo sia la coda di una moda? Ma io di cosa devo avere nostalgia? Dell'Imperatore? Di una sicurezza perduta? Capisco di aver guardato indietro, di aver cercato fuori dalla realtà che mi circonda. Ma si, avevo bisogno di guardare al mondo vecchio che sento forte. Forse vuol dire che anch'io sono più vecchia di quello che sembro. Ma anche gli editoriali che lo han letto eran ben contenti, dicevano: meno male, niente avanguardia o romanzi sui quattordicenni. Cinque o dieci anni fa, io non avrei sapu to scriverlo, certo non avrebbe interessato nessuno. Oggi si E questo mi dà una certa sicurezza, si chiami moda o nostalgia. É' proprio vero che. a me mi si prende con una foglia d'insalata». Nico Orengo Leopoldina Lobkowitz con Fedrigo Bossi .Fedrigotti la figlia Giuseppina i genitori e il nipotino

Luoghi citati: Austria, Firenze, Milano, Rovereto, San Giuseppe, Tirolo, Vienna