Per Marilyn un giallo e una romanza di Ernesto Gagliano

Per Marilyn un giallo e una romanza Per Marilyn un giallo e una romanza NELLA villa di Brentwood dove Marilyn Monroe morì continuano ad arrivare lettere e fiori. Il suo sorriso dilaga, stampato su magliette, bicchieri e cuscini Ogni tanto su di lei tirano fuori una nuova «verità», ma vi si aggiunge subito un nuovo mistero. E la strana vicenda di questa attrice: a diciotto anni dalla tragica fine, la sua popolarità è intatta, anzi cresce. C'è chi ha frugato nella sua vita, chi ha spiato nella camera da letto attraverso il buco della serratura, chi ha raccontato i giorni o le ore passate con lei Oltre quaranta libri, una montagna di articoli, un fiume di fotografie, dischi e special televisivi. Ci hanno detto che le piaceva stare nuda in casa, beveva Dom Perignon, aveva un cagnolino pechinese che chiamava «Maf» (da mafia, in onore di Frank Sinatra), si innamorava facilmente, eppure provava sfiducia verso gli uomini. E si portava dietro, come un peso, la sua triste infanzia di orfana. Hanno anche scoperto che il «sex-symbol» nascondeva un'umanità dolente e generosa. Adesso sappiamo lutto? Pare di no. La figura delrattrice fragile e volitiva, della bionda svampita e sensibile, dell'incolta che leggeva Joyce e scriveva poesiole, tiene ancora la scena. E' diventata perfino un giallo..un caso politico, un'opera lirica. Il compositore Lorenzo Ferrerò ne ha fatto la protagonista di un affresco musicale dove lei appare vittima di quella fabbrica di divi (e divoratrice di persone) che è Hollywood e di un'America di stampo maccartista. Altri ribattono che è stata la New York dei radical-chic a distruggerla, dopo averla considerata un «oggetto interessante». L'ultimo ritratto («Il caso Marilyn Monroe», Mondadori, pagine 293, lire 600Ò) ci viene ora da Robert Slatzer, giornalista e sceneggiatore, che conobbe l'attrice quando era ancora Norma Jean in cerca di gloria e le rimase amico imo alla morte. Slatzer, più volte minacciato da oscuri personaggi mentre scriveva questo librò, paga un debito di affetto e chiede giustizia. Ricostruisce la figura di Marilyn al di là dei pettegolezzi e„ dei clichéVcreati dai press-agent delle Case cinematografiche, sul tipo della maggiorata che sospira. «Io indosso solo Chanel n. 3». • Sono ricordi di ùicontri, appunti di conversazioni e confidenze. Lei appare in momenti di serenità e di abbandono, di fiducia e oscu: ri timori. «La sua personalità aveva un lato aperto, generoso, che la rendeva la donna affascinante che era, e un lato insicuro, pieno di paure, che derivava dalla sua triste fanciullezza». Due Marilyn, provvisoriamente unite in quei poster dove esplodevano per i consumi della folla il suo corpo e il suo sorriso H libro, tuttavia, è dominato dai drammatici interrogativi sulla morte dell'attrice, il «dossier» ha la meglio sull'amabile onda dei ricordi. L'autore non crede a quel suicidio per eccesso di barbiturici, gli sembra una comoda etichetta per una frettolosa inchiesta giudiziaria. Lui ripercorre gli ultimi giorni di Marilyn in quell'agosto del 1962, soppesa gli incontri, le telefonate, scava nelle zone d'ombra, scopre contraddizioni e retroscena. Torna con la mente in quella stanza dove il corpo nudo fu trovato privo di vita, i capelli sciolti una mano sul telefono, quasi tentasse di implorare aiuto. A quel tempo Marilyn non era «particolarmente depressa», stava arredando la sua nuova villa, aveva progetti e appuntamenti. La tormentava una relazione con Robert Kennedy, ministro della Giustizia e fratello del presidente John. I due si vedevano spesso, pare che lui le avesse promesso addirittura di sposarla anche se con gli amici ne aveva parlato come di «una svampita sgualdrinella». Una lite? Una brusca fine della relazio¬ ne? Anche se così fosse, non sarebbe stata una delusione tale da spingerla al suicidio, poiché la sua strada era disseminata di ex amanti ed ex mariti: «Montand. Schenk. Dougherty, Hide, Carroll. Miller. Di Maggio e molti altri — troppi per elencarli tutti». E allora? Intorno alla sua morte, sostiene Slatzer, si protendono ombre inquietanti. Marilyn confidava di avere la sensazione che il suo telefono fosse controllato, aveva annotato su un piccolo quaderno rosso certe cose apprese da Bob Kennedy, «fatti dai quali si deduceva il legame tra l'Anonima omicidi e l'ufficio del ministro della Giustizia». Vi comparivano anche accenni a Diem, presidente del Sud Vietnam, a Raphael Trujillo. presidente della Repubblica dominicana assassinato nel 1961. Quando Marilyn fu trovata morta, da un armadio scassinato era scomparso il diario insieme con altri documenti e lettere d'amore di Bobby. Ciò che era sembrato chiaro, cioè il suicidio di una donna di 36 anni «con i nervi a pezzi», si tinge di mistero. La sua solitudine sembra di colpo affollata di fantasmi del potere. Slatzer incalza con il tono della requisi¬ toria. Ma si tratta di domande, supposizioni, indizi Dove sono finite le bollette telefoniche che potrebbero provare certe conversazioni compromettenti? Perché la squadra suicidi decise che Marilyn aveva inghiottito 47 capsule di Nembutal in due o tre secondi, quando nel suo stomaco non se n'era trovata traccia? Perché non si fece un'inchiesta ufficiale, con udienza pubblica? Sullo sfondo resta «l'uomo dell'Est» come Norman Mailer definì Bob Kennedy, che proprio quel sabato (il giorno prima della tragica scoperta) sarebbe stato in casa di Marilyn Slatzer chiede che si riapra il «caso Monroe». sollecita un'indagine «accurata e onesta» per stabilire se quella morte fu un incidente, un suicidio o un omicidio. Dice che basterebbe mettere le mani su un rapporto di 723 pagine microfilmato e sigillato per aprire una nuova pista. Un appello appassionato che sembra perdersi nel vuoto. Troppo tempo è passato, molti.testimoni sono morti. Questo «giallo» forse resterà insoluto: è uno dei pochi segreti che la povera Marilyn, data in pasto ai mass-media, si è portata nella tomba. Ernesto Gagliano Marilyn Monroe fotografata da Milton H. Greene (1956) Da «Marilyn» di Norman Mailer, ed. Mondadori

Luoghi citati: America, Hollywood, Sud Vietnam