Proust sul Canal Grande

Proust sul Canal Grande Venezia popolana nel romanzo di Salvataggio Proust sul Canal Grande Nantas Salvataggio RIO DEI PENSIERI Mondadori, Milano pagine 233, Lire 6500 PASSATI i cinquanta, un architetto — ma lui dice: un avventuriero del cemento — torna nella sua Venezia con un camion di masserizie e senza moglie. All'improvviso Désirée l'ha piantato; si preoccuperà soltanto che l'appartamento di Parigi rimanga a lei. Lui ha lasciato l'attività professionale e dall'oggi al domani si trova davanti in tutta la sua nudità l'esistenza. C'è di più. Dal fondo di questa esistenza, quel fondo oscuro che sta dietro le spalle di ciascuno di noi, insorgono i fantasmi del passato intrisi di rimpianto e chiedono di rivivere. L'architetto, approdando nella città lagunare in una notte di grandissima nebbia, emerge come dal nulla; e poco a poco vede rinascere, dai luoghi e dalle persone che via via incontra, l'infanzia, l'adolescenza, la giovinezza. Suo scopo: acquistare la casa che fu del nonno, immergersi nei ricor- < di di cui è colma. Sin qui nulla di eccezionale: una veneziana «recherche» con congruo corredo di vivaci e anche vigorosi personaggi, che sono il nonno, i suoi vecchi amici con la passione dell'opera lirica, il padre generoso sovversivo, la nonna e la madre, i compagni di scuola, le ragazzette dei primi amori, una professoressa che crede nel fascismo. Il nostro Lucio non ha vissuto anni difficilissimi, ma ha conosciuto la fatica del primo lavoro, il desiderio dei buoni studi e della tranquillità, che solo un po' di benessere può dare, qualche avventura, e i contrasti col padre umoroso. La morte, com'è naturale, costella questo arazzo proustiano: la morte patetica incontrata per la prima volta da ragazzo tra le mura di casa, rivisitata nella memoria col senso della vita maturato negli anni. Poi l'architetto, uomo di successo internazionale, conosce una bellissima-donna anch'essa di successo strepitoso, bellissima e matura, e la sorella di lei, più giovane e non meno bella, che ha vissuto un'esperienza di droga entro un torbido intrigo di famiglia. Il romanzo ha una svolta, il correre dei fatti prende per buona parte il posto del loro riverbero memoriale e nella coscienza di Lucio si scopre tutto il vuoto che il tempo ha scavato, l'insicurezza, la paura del futuro, il bisogno di protezione. Una chiromante gli predice la morte prossima, s'ammala, e il lettore pensa che tale debba essere l'epilogo della storia, soprattutto notando il nero alone che avvolge il rapporto con la giovane Marina. Invece l'autore, deludendo forse il lettore e non rispondendo sino in fondo alla tensione di cui ha caricato il finale, cessa in sospensione su una nota pessimistica*. Noi non conosciamo tutta la narrativa di Nantas Salvataggio, ma ci sembra di poter affermare, senza troppo rischio, che questa sia una delle sue cose migliori, se non proprio la migliore. Indubbiamente è opera che segna una svolta nel cammino dello scrittore, carica di evidenti «segni» autobiografici, deliberatamente sottolineati. E' la crisi della mezza età, colta in drammatico equilibrio tra passato e futuro, su un vuoto che può rivelarsi mortale. Né il passato, né l'amore, né più il lavoro possono riempirlo: un futuro equi- librio, una nuova vita, non sono intravisti. La novità del romanzo, la sua modernità, consiste proprio in questo affacciarsi sull'abisso, e nel lasciare aperta la strada. Quanto alla «vis» narrativa, qui la diremmo più sobria e provincialmente più nutrita di quanto non la conoscessimo altrove. Il Salvataggio mondano e ironico la-, scia per un bel po' il posto al ragazzotto di borgata veneziana, e quando viene scopertamente alla ribalta è occupato, «assediato», da forze che lo riscattano. In altre parole, il Salvataggio giornalista, sottile conoscitore dell'arte della conversazione e della battuta elegante, sta in funzione d'altro. Venezia, la sua colorita umanità, il suo «coté» popolare, gli dà gustoso nutrimento dove la memoria, fatalmente, rischia di adagiarsi nell'itinerario dei ricordi. Dopo, sul «coté» mondano, è quell'altro a cancellare il rischio della frivolezza. Sicché, quello che al peggio della sua riuscita poteva rivelarsi uno sciroppo proustiano servito sul tavolo di una banale mondanità, risulta qui un robusto abbozzo di vita popolare sullo scorcio storico del fascismo e una «tranche» esistenziale carica di nuda verità. Qualcuno potrebbe forse dire che qui Salvataggio ha raccontato tutto se stesso, dando fondo alla vicenda di una vita, appena schermandosi dietro la professione dell'architetto. Non sappiamo sino a che punto la pagina e la vita qui coincidano. Quel che è certo, è che in queste pagine il narratore esce fuori con tutte le virtù necessarie per essere chiamato tale. Claudio Marabini

Persone citate: Canal, Claudio Marabini, Proust

Luoghi citati: Milano, Parigi, Venezia