II signore di Coucy nel buio del Medioevo di Barbara Tuchman

II signore di Coucy nel buio del Medioevo In un romanzo-saggio della storica Tuchman II signore di Coucy nel buio del Medioevo Barbara Tuchman UNO SPECCHIO LONTANO Mondadori, Milano pagine 770, lire 12.000 SECONDO un'opinione già saldamente condivisa dai contemporanei, il Trecento fu il secolo in cui il Maligno raggiunse alcuni tra i suoi più cospicui trionfi. La peste, le guerre mterrninabih, il malgoverno cronico, il brigantaggio generalizzato, le rivolte contardine, le glaciazioni e le carestie, le persecuzioni antiebraiche: è la danza della morte il grande tema figurativo e culturale di un'epoca in cui l'uomo raggiunse come non mai il senso della propria precarietà, e gli oppose una frenesia di vita destinata a sfociare negli esorcismi di una crudeltà vanamente propiziatoria. La storica americana Barbara Tuchman (/ cannoni d'agosto. Doli 'Expo a Serajevo, due volte Premio Pulitzer, un notevole talento per il grande affresco totalizzante) sembra suggerire che l'uomo d'oggi, preda di lacerazioni e sgomenti assai simili, possa trovare in quel secolo apocalittico e calamitoso uno «specchio lontano». Ma è soltanto l'ammicco di un titolo, una possibile chiave di lettura, tra le tante. Partita, per studiare gli effetti della peste sulla soc«|à civile, la Tuchman ha finite per delineare il quadro complessivo di un'epoca, cercando di sorprenderla è rivelarla, nel contraddittorio fervore della sua vita quotidiana, negli eventi minimi (o massimi) che accompagnano il ciclo vitale: accanto alla ininterrotta faida tribale dell'intrigo politico, le tecniche della guerra, le abitazioni, l'abbigliamento, il cibo, gli svaghi, l'amore, i rapporti tra le classi. Colori, odori e sapori vi hanno la stessa importanza delle idee. Per non smarrire il filo del discorso, la Tuchman introduce un personaggio emblematico, Enguerrand VH di Coucy, e lo segue nei cinquantasette anni della sua movimentata esistenza: dalla scomparsa della madre, vittima della grande peste, alla sconfitta dei crociati a Nicopoli, che segna la fine del mondo cavalleresco, e coinvolge nella rovina anche il prudente e manovriero signore piccardo. Ultimo di una potente dinastia, Coucy aveva ereditato la più moderna fortezza militare d'Europa (il suo mastio resistette fino al 1917, quando i tedeschi in ritirata lo fecero saltare con la dinamite) e possedimenti che coprivano intere regioni: «La superba foresta di Saint-Gobain copriva oltre 7000 acri di querce e faggi primevi, frassini e betulle, salici, ontani e tremuli pioppi, ciliegi e pini. Dimora del cervo, del lupo, del cinghiale, dell'airone e di uccelli d'ogni altro tipo, era un paradiso per la caccia». Avendo sposato la figlia maggiore del re d'Inghilterra, Coucy assunse na• turalmente il ruolo di mediatore tra inglesi e Valois, che si contendevano la Francia. Si distingueva dagli altri signori, .teste calde che si perdevano dietro astratti sogni di gloria, sino alle rovinose sconfitte di Crécy e di Poitiers. per capacità che oggi si definirebbero manageriali. Aveva senso tattico e politico, talento di organizzatore: aveva 0 genio degli affari Trafficava in città come un altro in poderi. Presa d'astuzia Arezzo, la vendette ai fiorentini per 40.000 fiorini d'orò. Più tardi ritentò il colpo con Genova, ma ebbe minor iortuna Mobile e multìversato, Coucy è un personaggio ideale per uno storico-narratore: testimone e protagonista degli eventi più Importanti, frequenta sempre le persone «giuste». A diciott'anni si distingue nelle feroci campagne di repressione delle insurrezioni contadine, guadagnandosi fama di impiccatore. Nei sette anni dell'esilio inglese offre a Chaucer i tratti del giovane scudiero immortalato dai Canterbury Tales. Tratta con i papi avignonesl combatte in Svizzera, in Italia è di casa, prende parte con i genovesi ad una sfortunata spedizione punitiva contro la città berbera di Méfaédia Gran siniscalco di Francia prende a proteggere il cronista Froissart. dimostrando un fiuto eccezionale per le comunicazioni di massa. E Froissart lo ricambia definendolo «il più esperto ed abile di tutti i cavalieri di Francia». Definizione calzante per un Realpolitiker, il cui vero torto fu di essere nato troppo presto: avrebbe potuto esser suo il secolo di Richelieu e delle grandi manovre diplomatiche. Fittissima è la trama degli episodi, dei personaggi e dei dettagli, precisati con la cura puntigliosa dei miniaturisti: fittissima al punto da creare qualche ridondanza e «rumore di fondo», come può accadere nei romanzifiume, senza che questo allenti l'abbandono del lettore. Se la Tuchman è riuscita nell'impresa, è anche perché storiograficamente parlando, la strada era già stata spianata dai maestri francesi dalla mitica scuola degli «Annales». D suo libro deve molto a capolavori come L'autunno del Medioevo di Huizinga o La società feudale di Marc Block, come La civiltà dell'Occidente medievale di Le Goff (curiosamente assente nella bibliografia) o gli studi di Duby (la cui bellissima Domenica di Bouvines deve avere ispirato la Tuchman quanto a taglio narrativo). Anche se, in un certo senso, la Tuchman non ha inventato nulla, Uno specchio lontano resta un libro ammirevole. Un libro che, se opportunamente usato a scuola, basterebbe da solo a trasformare un anno di lezioni di storia in un'avventura culturale memorabile e fruttifera Emesto Ferrerò

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