Sechi: adesso il pci deve cambiare pelle di Franco Mimmi

Sechi: adesso il pci deve cambiare pelle Sechi: adesso il pci deve cambiare pelle ROMA — Consumata dai desideri, la pelle di zigrino balzacchiana si riduceva fino a segnare la morte del protagonista. Un analogo destino, suggerisce il titolo di questo libro di Salvatore Sechi (La pelle di Zigrino - Storia e politica del pei. Cappelli), potrebbe toccare al consenso e alla cultura comunisti. La raccolta di saggi tratta il problema della democrazia di base, della forma-partito, della tradizione teorica: è il partito comunista visto da un comunista che ha sempre mantenuto un atteggiamento di marcata autonomia (Sechi è nel pei dal '72. dopo esperienze politiche che lo videro tra l'altro direttore di Quaderni Rossi, fino al '68: insegna storia contemporanea a Venezia). — Professor Sechi, in questo libro si prende di mira, assieme alla strategia politica, anche la tradizione teorica del pei. Come mai? «La sinistra italiana continua ad avere un rapporto da rendita di posizione prevalentemente passiva nei con' fronti dell'ideologia deg.li anni 1920-30. Non reggono più alcune certezze: l'idea di crisi sociale, economica e politica come prodotto di soggetti esterni al movimento operaio; l'esistenza di una "ragione" proletaria come strumento di risanamento e di ricomposizione* la lettura "catastrofica" dei cicli di instabilità del sistema». — Questo vale anche per il marxismo italiano richiamato nelle tesi dell'ultimo congresso? «Certamente. Labriola Gramsci e Togliatti non offrono risposte adeguate a questi temi. Come tutto il marxismo (sia teorico sia "pratico") anche quello italiano non accetta il punto di vista essenziale da cui invece occorre partire: la storia del capitale, del rapporto di potere, è prima di tutto una storia politica». , — Di fronte a questa crisi del moviménto comunista, che senso hanno gli accenni contenuti in questo libro a una riconsiderazione critica positiva delle esperienze socialdemocratiche e del grande riformismo, americano? «Bisogna disgiungere il corpo analitico dalle pratiche politiche. Sul versante teorico la tesi del "crollo" del capitalismo è il filo comune che lega la socialdemocrazia weimarianaall'austromarxismo, il Comintern alla scuola di Francoforte. Né a destra né a sinistra, dunque, c'è una. "verità" del marxismo, ma un generale fallimento di fronte alle trasformazioni del capitalismo e dello Stato. Sul versante delle tecniche di governo, la socialdemocrazia in Europa e negli Stati Uniti ha invece prodotto un vero e proprio new deal. . Su queste esperienze la sinistra italiana deve saper compiere una riflessione aperta, laica». — Su questa strada, non si finisce col dover fare i conti con i punti più alti della teoria politica borghese? «Mi pare che la sinistra non possa più rinviare la resa dei conti con questo pensiero grande-borghese, da Weber a Schmitt a Kinchheimer a Lumann. Il governo di una società complessa non passa (pena la riduzione della sinistra a guardiano avvilito di una democrazia autoritaria) .attraverso la neutralizzazione dei bisogni e il componimento degli antagonismi sociali in nome della volontà generale. Egemonia e consenso richiedono invece un progetto di trasformazione e un sistema istituzionale nuovo (a cominciare dalla forma di governo) capace di esprimere decisioni, imporre schieramenti politici, ridistribuire gli attuali blocchi sociali». — Questo significa anche rimettere in discussione la forma-partito? «Credo che qui riemerga il problema della faccia statale (macchina di consenso) del partito. Non si può declinare il pluralismo politico (il tema cioè della laicità) come pura amministrazione della libertà del dibattito. Si tratta invece di un problema di riconversione dei modi e dei soggetti del processo decisionale». Franco Mimmi

Persone citate: Cappelli, Labriola Gramsci, Professor Sechi, Salvatore Sechi, Schmitt, Sechi, Togliatti, Weber

Luoghi citati: Europa, Francoforte, Roma, Stati Uniti, Venezia