ORA EBLA COMINCIA A PARLARE

ORA EBLA COMINCIA A PARLARE ORA EBLA COMINCIA A PARLARE Verità insospettate su Ebla,- Era una vasta potenza economica del terzo millennio - La sua vita politica, la macchina economica e l'assetto sociale erano a un livello avanzato - Lo Stato era retto da una forma di democrazia primitiva, in cui un comitato di anziani controllava l'operato del re La monarchia non era ereditaria, ogni re era eletto a termine e le donne potevano partecipare alla vita pubblica - Sorprese anche in campo religioso dove si affermò il monoteismo; su tutti gli dei prevalse Ya, nel quale si riconosce il futuro Yahve ebraico i*. IO» " ì: li Ujf+, li, f?w VV*' E' in questi giorni in libreria «Ebla, un impero inciso nell'argilla» di Giovanni Pettinato (Mondadori, Milano, pp. 330, L. 7000). Il volume documenta il lavoro dell'epigrafista che, con Paolo Matthiae, partecipò alla scoperta dell'antica città siriaca. Dai documenti riportati alla luce, per lo più su tavolette fittili, sono emerse notizie di rivoluzionaria importanza. FINALMENTE^ è qui la Ebla di Giovanni Pettinato, l'interprete e il lettore dei testi di argilla senza i quali l'antica città della Siria e il cospicuo scavo dell'Università di Roma sarebbero ancora muti. Difficilmente un lettore non ha sentito parlare di Ebla. Che cosa Ebla sia, che cosa la sua riscoperta significhi non solo per le conoscenze sul Vicino Oriente antico ma addirittura per la nostra nozione di storia e di civiltà, è presto riassunto. C'è un caso archeologico, scientifico, e c'è un caso umano. Il caso archeologico è lo scavo di Teli Mardikh, una collinetta quadrangolare di media grandezza (700 metri per 1000) nella Siria settentrionale. Sul téli pose gli occhi nel 1963 Paolo Matthiae, il giovane responsabile della nascente Missione Archeologica Italiana in Siria, nel corso di un viaggio di ricognizione per l'impianto in quel Paese di un ambizioso progetto di scavo. Nel 1964 Teli Mardikh cominciò a essere scavato regolarmente. Nel 1968 si rinvenne una statua che l'iscrizione in cuneiformi indicava come «re della stirpe eblaita». Al termine del suo studio Pettinato, ingaggiato allora come epigrafista della missione, avanzava nel 1970 l'ipotesi che Teli Mardikh fosse l'antica Ebla dei testi mesopotamia: una delle più influenti ed enigmatiche capitali di Stato dell'Oriente antico. La proposta sollevava discussioni e scetticismo fra gli specialisti stranieri. Ma nel 1974 la scoperta di quaranta tavolette iscritte in una stanza dei «palazzo reale» dava luogo a «una svolta foriera della rivoluzione più radicale negli studi del Vicino Oriente Antico». «Dopo uno studio di sei mesi, racconta Pettinato, potevo annunciare al mondo scientifico che i testi erano scritti in una lingua semitica antichissi,ma mài prima incontrata», non immediatamente comprensibile; però, sulla" base degli elementi intelligibili, l'identità Mardikh-Ebla era da ritenersi verificata. Nel 1975 «si giunge al terzo momento storico», il ritrovamento della biblioteca reale in una stanzetta sulla corte del palazzo. Vi sono circa mille tavolette. In una stanza non lontana, si disseppellisce la vera e propria biblioteca di palazzo, ricca di 14 mila tavolette e frammenti, distrutta da un repentino incendio. Pettinato lavora febbrilmente alla catalogazione di questi materiali durante la stessa campa- gna di scavo. Nell'inverno le notizie preliminari sulla scoperta e sulle decifrazioni fanno il giro del mondo, destando nella stampa e nei circoli scientifici grande eccitazione, saltuaria invidia, e alcuni malintesi. Nel 1976 si rinvengono a Ebla altri 1100 frammenti di testi. Ciò che era stato per un decennio nient'altro che uno scavo di prestigio italiano in Oriente, costoso e storicamente esiguo, era diventato all'improvviso archeologia a sensazione e impresa di enorme potenziale storico. Era esplosa l'ascesa di Ebla come «pezzo» per rotocalchi e olimpo scientifico per studiosi, motivo di esaltazione e di «interesse quasi morboso», talk of the town e — infine — scandalo. Al termine del 1976 Pettinato era allontanato dalla missione di Siria ed estraniato dai testi. Il dissenso tra il filologo e il direttore di, scavo sta alla base di ciò che si è chiamato il caso umano della storia archeologica di Ebla. Perché non pare giustificato tacerne? Si tratta di una vicenda emblematica (qualcuno direbbe «all'italiana»), che saio* per il rumore della scoperta è diventata di dominio pubblico, a differenza di tanti altri scandali della nostra archeologia, attirando sull'evento scientifico ondate di notorietà e di polemica che ancora si spera possano diventare salutari per il futuro. Proprio l'uscita lungamente attesa di questo libro — che segue di un anno la Ebla di Matthiae (Torino, Einaudi) — può contribuire a ripristinare un certo equilibrio nella contesa, fornendo a fautori e a detrattori delle due parti (oltreché al lettore indifferente) gli elementi per una bilanciata e autonoma considerazione della realtà. E' anche in questa prospettiva che inevitabilmente il libro di Pettinato va letto, e va brevemente commentato a guida del lettore. DUNQUE sono oltre 20 mila i reperti fìttili con iscrizioni di Ebla, stando almeno alle campagne del 1974-76. Probabilmente essi equivalgono a 3500 tavolette intere; o sarebbe da dire tavole, come avverte Pettinato, dato che la maggior parte dei testi furono incisi, con stili di osso, su lastre di argilla asciugata.al sole di quasi 30 centimetri di lato. Ecco suonare di nuovo alle nostre orecchie una lingua semitica nordoccidentale che era scomparsa dalla faccia del mondo, una «insospettata fase arcaica» del cananeo che scende alle radici della identità linguistica siro-palestinese (ed ebraica). Ecco prendere forma in Ebla «la sede di una potenza politico-commerciale la cui vastità fa pensare all'impero di Alessandro Magno». Ma il Macedone è assai di là da venire: siamo infatti nel cuore di nientemeno che il terzo millennio avanti Cristo; quando gli «imperi» erano in generale un sogno che gli uomini'e i loro capi non avevano ancora appreso ad accarezzare. Gli archivi reali di Ebla sono di gran lunga «i più ricchi del terzo millennio nell'area della Fertile Mezzaluna». Un intero mondo di uomini e di dèi emerge con Ebla da un deserto altrettanto mentale che geografico e cronologico: l'assoluta rarità di testi nell'Asia del terzo millen¬ nio, il deserto che la Siria settentrionale appariva tra il terzo e il secondo millennio tra le «potenze» della Mesopotamia e dell'Egitto, cominciano d'un tratto a essere modificati, colmati. Pettinato tratteggia efficacemente il capovolgimento che Ebla cagiona alla «visione preconcetta e quanto mai. contingente della realtà», secondo cui la Siria del Nord a Occidente dell'Eufrate non era stata raggiunta dalla «grande» cultura sumerica ed era da vedere in generale come una regione alla retroguardia della marciarne civiltà litterata e urbana. Raramente in questa parte del nostro secolo una indagine archeologica ha più e meglio sovvertito congetture scontate e miopi di una antica realtà storica. Gli archivi reali di Ebla dipingono sotto i nostri occhi circa settantanni di una dinastìa di capi che furono contemporanei — se Pettinato, come probabile, ha ragione — dei Faraoni egizi che più a Ovest stavano erigendo le Piramidi (2560-2490 a.C). Capi che non solo edificarono uno Stato ma ressero — con criteri politico-economici estremamente «moderni» — un'area di influenza forse superiore ad ogni altra del. tempo. La novità è sconcertante e memorabile: eppure appena intravista è già quasi assimilata, come succede leggendo le agili pagine di questo libro, e si ha l'ulteriore sorpresa che la visione nuova si adatta così mirabilmente al quadro storico che avevamo, che non averla concepita prima ci infastidisce. Come poteva mancare un impero di Ebla dalla nostra geografia, dalle nostre conoscenze? Dice Pettinato: «E' veramente una svolta storica di cui possiamo appena intrawedere le proporzioni». «Voglio mettere a disposizione di tutti i dati a me noti», prosegue l'autore, con l'onestà che gli conosciamo. Ed egli viene sciorinando pagina dopo pagina la sua merce pregiata e le finora impareggiate interpretazioni, alternando il sicuro tono discorsivo all'appendice specialistica, la conversazione quasi familiare alla ghiottoneria per dieci sumerologi al mondo. «Verso il 2600 a.C, si assiste a una rivoluzione culturale di grandi proporzioni, di cui una manifestazione è l'impiego della stessa scrittura da parte di popoli con lingue diverse»: i Sumeri, con una parlata agglutinante di origini ancora malnote; i Semiti della penisola arabica. Il terzo capitolo del libro introduce il lettore che vi sia incline alla grammatica e alla scrittura eblaite, il"cui studio rappresenta uno degli eccezionali conseguimenti filologici di questi decenni. La datazione dell'archivio di Ebla a circa il 2500 è sostenuta da Pettinato proprio su base paleografica, mentre lo scavatore pensa a due o tre secoli più tardi e congettura ( 1978) un «attardamento» locale. Può essere Ebla una fondazione sumerica che risale al periodo di Ghilgamesc', un re di, Uruk eroizzato e finora mitico, che si situa all'incerto confine tra storia e preistoria? Il poema di Ghilgamesc' allude alla via della Snia e dei cedri del Libano. Pettinato «non osa rispondere a questa domanda». La vita politica, la macchina economica, la società di Ebla, escono ormai dalle tavolette con immediatezza e il decifratore ne dà al pubblico italiano la «prima» assoluta. Thorkild Jacobsen e Samuel N. Kramer avevano ipotizzato anni orsono in Uruk una forma di «democrazia primitiva», connessa a un sistema bicamerale: qui a Ebla se ne avrebbe la conferma. Compare infatti in posizione preminente un consesso di «padri», ò Anziani: una specie di Senato che controlla il re nell'esercizio del potere. «Siamo ben lontani dalle concezioni assolutistiche documentate per la Mesopotamia contemporanea e per i periodi successivi, dove il re era un despota assoluto» (si ricordi il «dispotismo orientale» di K. Wittfogel). Si può condividere con Pettinato che ciò riveli nella società eblaita una intonazione patriarcale, consona alle tradizioni politiche delle società tribali e nomadi. Lo Stato di Ebla ha fondamenta nella buia preistoria dei beduini d'Arabia? Almeno all'inizio, la successione è a Ebla elettiva, non dinastica. Parrebbe addirittura che |1 re fosse eletto a tempo: «un capo carismatico con funzioni a temo determinato». Solo con il penultimo re Ebrium l'orientamento sembra cambiare. Questi ebbe buon gioco nel farsi rieleggere diverse volte e nell'ottenere la successione al figlio; il figlio a sua volta, ereditato il. regno, riformò il calendario (allora una cosa molto seria) e l'amministrazione civile. Non si può escludere che fosse questa «prevaricazione alla concezione dello Stato» a causare la rivolta intestina che secondo Pettinato ORA EBLA COMINCIA A PARLARE Giovanni Pettinato