Paradisi di memoria

Paradisi di memoria Pubblicato Biffures, capolavoro di Leiris Paradisi di memoria Michel Leiris BiFFURES Prefazione di Guido Neri Traduzione di Eugenio Rizzi Torino, Einaudi 277 pagine, 10.000 lire E, davvero il trionfo del Verbo, un inno alia segreta ricchezza e alla forza investigativa del linguaggio, questo libro meraviglioso di Leiris. Scritto negli anni della guerra, della resistenza è della liberazione ed ora splendidamente tradotto da Eugenio Rizzi, esso trascina nel suo alveo i residui dell'esperienza surrealista vissuta dall'autore negli anni "25-'29. hVcombina con atteggiamenti mentali che si riconducono al suo mestiere di etnologo, trasmette anche l'eco degli eventi storici vissuti (accenna ad es.. alla collaborazione con Sartre nella prima fase di Les temps modetnes). mai però con l'intento di una cronaca esterna, bensì come premessa a quella strenua inuminazione interiore che. nella generale resa dei conti di anni disumani e cruciali, sembra a Leiris assoluta-rrrente improrogabile. Libro di analisi, libro di memorie Biffures si situa con tutti i crismi letterari su quel filone delle lettere francesi in cui s'incontrano gli Essais e le Confessione, l'egotismo di Stendhal e l'introspezione di Proust. Reminiscenze di'Montaigne, gemme che ci riportano al caleidoscopio della Recherché s^incontrano infatti in queste inesauribili pagine. Ma l'avventura di Leiris nasce anche da un terreno sconvolto da più vicine esperienze; Le corrispondenze baudelairiane le sinestesie e le analogie dei simbolisti e di Proust sono ormai diventate, alla luce delle rivoluzioni novecentesche, divaricazione totale, scissione della parola dal suo nucleo referenziale, piena autonomia del significante. Su. un piano addirittura accademico, la semantica — non a caso Leiris si richiama al trattato di Bréal — afferma ormai in termini persuasivi la distinzione tra denotazione e connotazione, gli effetti della polisemia, la presenza di frange ed aloni che danno al lessico, ai suoni, ai fenomeni, cariche metaforiche inesauribili, consentendo allusioni inattese, avvicinamenti insospettati vere e proprie scoperte nei recessi più intimi del nostro spazio mentale. n viaggio nelle làtèbre dell'io alterna così biffures e bifurfcations), continuamente afferra brandelli di verità e di memoria per subito cancellarne la traccia (biffure. cancellatura) in vista di nuove approssimazioni: parte da nuclei nitidamente definiti per avventurarsi di nuovo in produttive e struggenti «biforcazioni» di senso. Gioco e ricerca verbale che sfrutta ogni richiamo associativo, che riempie di sostanza umanissima gli spazi lessicali .più consunti che ricava da metonimie e da metafore i più arditi ed intensi messaggi. Parole che s'incrociano e si scindono, immagini che si rinviano e si sottendono, allusioni che affiorano, sonorità che trionfano nella loro gioiosa pienezza. forme enigmatiche e sospese che invitano all'umbratile scavo di verità sottaciute. Non é un caso che Bachelard amasse tanto questo immaginoso fervore. Leiris realizza una disarticolazione espressiva che porta con sé. certo, il discredito delle verità più ufficiali, dei pregiudizi correnti e che tuttavia non propone in antitesi, altri miti e altri schemi, ma piuttosto l'esplorazione inesausta di immagini e archetipi interiori. Percorrendo una trama fittissima di parole e di sillabe. Leiris approda infatti al terreno della memoria, al recupero immaginoso dell'infanzia. Fonemi, grafemi, lessemi evocano le costruzioni fantasiose di cui ogni infan¬ zia si diletta. Evocazione, ben inteso, condotta con critico e divertito distacco nei confronti dell'ambiente borghese (familiare, sociale) in cui quell'infanzia è vissuta, ma senza nessuna facile acredine contro un aborrito «sistema»: tenerissima è anzi, sotto l'umorismo, l'evocazione del profilo del padre, percorsa da rimpianti e rimorsi quella della madre, indimenticabile la pagina su Masclaùx professore di liceo trasandato e maleodorante che per primo ha dischiuso al suo allievo le porte di una poesia non ortodossa, la protesta di -Rutebeuf. la stravaganza di Théophile. il compatto lirismo di Scève. E trascuriamo mille altri episodi, una gran folla di figure e accadimenti tratti dall'arsenale del passato con trepido amore e acuta volontà di capire. Al centro è. se mai. non il «sistema», ma la scontentezza di sé. la coscienza di «quel che vi è di derisorio nella condizione d'uomo» (p. 275). la desolata situazione esistenziale di chi non accetta il divario tra sogno e realtà, di chi penosamente conosce la propria incapacità di aderire alle cose e nutre l'inappagato desiderio di ritrovare l'«oggetto», di approdare a sicuri possessi. Al di là. in ogni caso, del discorso ideologico, che pure affiora in brevi sprazzi, il libro mette in crisi chiunque (borghese e non) si accontenti di gerghi conformistici («un gergo... è uno dei segni piU lampanti dello spinto di gregge», p. 173). chiunque si rinchiuda in sordidi e aridi spazi di non-poesia: per le vie più inconsuete e più estrose Biffures regala, in . tempi avari, i frutti di una libera esplorazione immaginativa, il fremito di un' «z7/usione d'assoluto» (p. 277). la gioia del labirintico girovagare nel limbo aurorale del sacro, nel giardino di una poesia vagheggiata come ^«seconda infanzia» e «età dell'oro». Lionello Sozzi

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