Così sì finisce artisti

Così sì finisce artisti In anteprima le lettere di Celine, difesa e rabbia dall' es Così sì finisce artisti NELL'AUTUNNO 1948 un giovane disegnatore umoristica. Pierre Monnier. si unisce come-addetto stampa a un gruppo folkloristico dell'Alvernia che parte in tournée per la Danimarca. Là. tra un concerto e l'altro, il gruppo rende visita a Louis-Ferdinand Celine che. rompendo un rancoroso isolamento, ha acconsentito a riceverlo. Celine è reduce da undici mesi di prigione, e vive di nulla, con la moglie Lucette, danzatrice, una lupa tedesca e il gatto Bébert in una sorta di capanno in un paesino che si affaccia sul Baltico. D governo danese ha rifiutato di consegnarlo alla Francia, che lo vuol processare per tradimento, e lo tiene in libertà vigilata. Ma Celine è un morto vivente, un cadavere nell'armadio. In patria nessuno vuol sentire parlare di lui. I suoi romanzi sono spariti dalle librerie, e solo un manipolo di fedelissimi, tra cui Marcel Aymé e Arletty. si ostina a tenere qualche contatto. Il giovane disegnatore rimane affascinato dallo scrittore, dalla sua verve, dalle sue invettive inimitabili, dal suo portentoso talento affabuìatorio: Se colpe ha avuto per i famosi libelli antisemiti, la punizione gli sembra sufficiente, la consegna del silenzio una vendetta meschina. Tornato a Parigi, gli scrive: vorrebbe aiutarlo concretamente, fare qualcosa per lui. Celine gli risponde con la lettera del 13 ottobre pubblicata in questa pagina. E' l'inizio di una fitta corrispondenza, trecento lettere .scambiate tra il novembre di quell'anno e il giugno 1951 quando Celine, amnistiato, rimette piede in Francia. Ora Monnier si è deciso a raccoglierle in volume, accompagnandole da un sobrio commento, e da qualche considerazione sull'eterno pfoblema di Celine antisemita e collaborazionista. Il libro si intitola* Ferdinand furteux. ed esce a Losanna presso le edizioni L'Age d'Homme (pp. 268. s.i.p.). Una documentazione cospicua, che illumina il momento più drammatico della biografia céliniana. quello della proscrizione e dell'abbandono, ma anche quello in cui Celine, ridotto a vivere come un barbone, si aggrappa alla pagina scritta come alle tavole di una zattera, a cercarvi riscatto e rivincita. In mezzo agli stenti efficacemente descritti nelle lettere che pubblichiamo, compone la grande partitura di Féerie polir une autre fois. forse il più difficile e il più misconosciuto dei suoi libri, ma ha ben chiara una cosa: l'uscita del nuoVo romanzo dovrà essere preceduta dalla riedizione dei vecchi libri, il Voyage e Mori à credit in testa a tutti. E" quel che cerca di fare Monnier. andando a bussare, alla porta dei maggiori editori, che lo guardano con ironico sospetto («Ah, lei viene a trattare per conto di -Celine?»). Ottiene solamente imbarazzi e dinieghi, anche perché Celine si ostina a chiedere percentuali e anticipi esorbitanti. Ma non c"è soltanto, eh parte degli editori, la diffidenza per uno scrittore considerato finito. Esistono problemi giuridici: Celine è un proscritto, un nemico della patria, i suoi beni sono stati, sequestrati, le pensioni di eroe della Grande Guerra revocate, la casa di rue Girardon saccheggiata: anche i futuri diritti d'autore verranno sequestrati dal fisco. Occorrerà dunque creare urra^casa editrice fittizia a Bruxelles, e di IHntrodurre i libri in Francia. Monnier scova un giovane e ambizioso editore. Frémanger, disposto a tanto: ma Frémanger non ha un soldo, il suo solo obiettivo è quello di spremere l'esule e non pagargli un franco. Per amore di Celine. Monnier diventerà editore in proprio, stamperà la prima edizione di Casse-pipe e di Scandale aux abysses (una sorta di fiaba-soggetto per carto-. ne animato), ristamperà Mort à credit, dando prova di una devozione, di una tenacia, di una pazienza incredibili. La fatica maggiore è proprio la corrispondenza con Celine che. da buon ciclotimico. non gli risparmia ogni genere di sfoghi." invettive, lamentele, e persino di accuse. E' il solito Celine in preda a neri furori anarcoidi, incattivito dalla solitudine e dall'indigenza, vittimista, convinto di pagare per altri ben più colpevoli di lui. Ed è, appunto, il solito Celine, che riesce a trasformare una questione editoriale, o di diritti d'autore, in una delle sue pagine più esilaranti opiù «cattive»; che prodiga dettagli autobiografici degni di figurare nell'aneddotica dei libri maggiori, che dispensa sentenze e aforismi, che spreme veleni e qualche rara tenerezza. E suo grande obiettivo polemico è la rapacità, la grossolanità bottegaia degli editori, cui oppone la propria dignità di artigiano: «Mi conoscetemale, sul rusco sono un operaio che scherza mica. Ci crepo io di scrupoli sul lavoro. Le manfrine sul rusco, mi schifano a morte, ne voglio mica». Ogni tanto abbandona l'elenco delle sue sventure per l'autoironia. descrive la sua vecchia palandrana spelacchiata («Vedete come uno finisce, a fare l'artista»), demitizza i suoi esordi («Ho cominciato a scrivere per due motivi. Medico a Citchy. guadagnavo poco, e non dormivo, la notte... Ci ho rimediato tutta 'sta gran merda»), si compiange («sono un vecchio clown spompato»), accusa, si difende. E non risparmia le frecciate al suo cireneo: «Non dormite delle settimane su ogni decisione da prendere! Sarete mica sempre giovane! Ale! . Hop!».. Ma non meno autentiche sono l'angoscia e la fatica che le lettere del «Ferdinando furioso» descrivono senza mezze misure («Faccio sei chilometri al giorno in carriola col mio bidone da quaranta litri, e quattordici chilometri a unghie per la posta»), e che accompagnano la laboriosa stesura di Féerie: «Lo rilavoro e lo rtpolisco. come diceva quel tale. Mi ci spacco dall'emicrania. Oh! Mica è finito. Quanta fatica per così poca sostanza! Che afe! Che anni! ». . Sogna il grande ritorno, il trionfo: sogghigna: «Le mie risorse commerciali sono l'esilio, la persecuzione, l'arzigogolo...». Finalmente, dopo la condanna, l'amnistia e il rientro in Francia, il mitico Gaston Gallimard (già definito in precedenza «un macrò e una canaglia come gli altri») fa l'autocritica («Ho pubblicato tutti i grandi, il solo che ho mancato è Celine»), e firma un contratto generale per le Opere alle condizioni che vuole lo scrittore. Féerie esce nel 1952. ma non basta la sponsorizzazione di Gallimard per dissipare la pre¬ venzione, la diffidenza, il silenzio. Poche e imbarazzate le recensioni, ma Celine, che nel frattempo si è installato a Meudon con Lucette e i suoi animali, non se ne curargli basta il consenso degli amici. Aymé, Poulet. Nimier. Paulhan (trentanni dopo non c'è ancora stato un editore italiano che abbia sentito il dovere di tradurre questo libro straordinario, insieme a Normance. che ne costituisce la seconda parte). La vera e propria1 rentrée Celine la farà nel 1956. con D'un chàteau l'autre (primo capitolo della cosidetta trilogia tedesca) e la famosa intervista sull'«Express». Prima di morire (nel 1961. appena terminata la seconda stesura di Rigodon) avrà la consacrazione: entrerà da vivo nella «Bibliothèque de la Plèiade». Sapeva benissimo, e l'ha detto più volte, che il tempo lavorava per lui. Perché dunque stupirsi della distrazione dei più che ancora lo circonda? Fa parte del destino comune ad ogni artista sommo. Ma già oggi i giudizi dei suoi detrattori mandano un suono di stupidità grottesca. Eccone uno tra i tanti. E' di Montherlant. richiesto da Monnier di una testimoT nianza a favore di Celine nell'imminenza del processo: «Non ho mai letto più di tre pagine di Celine, quelle tre pagine mi hanno indotto a pensare che eravamo in presenza di una letteratura tanto artificiale quanto già desueta, come quella di un Paul Alexts o di un Paul Lombard. scrittori dallo "stile artista" fine Ottocento. Fra cinquantanni non sarà letto più di quanto lo stano "oggi quei due». Non sapeva, povero Montherlant, che con Alexis e Lombard ci sarebbe finito lui, che il suo disdegno aristocràtico sarebbe stato travolto dalla voce roca e biliosa, comica e tragica insieme, di quel gran personaggio shakesperiano che il dottor Destouches. Celine l'anarchico, è stato nel bene e nel male. Ernesto Ferrerò Pierre Monnier, Victor Soulencq, Celine, Lucette Bessie L. F. Celine

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