Le voci della foresta diventano racconto di Giovanni Bogliolo

Le voci della foresta diventano racconto Le trascrizioni letterarie .di Birago Diop, cantore della nuova cultura negro-africana Le voci della foresta diventano racconto PER inaugurare una, «Collana di cultura negro-africana», l'Istituto italiano di cultura di DaUar ha scelto un libro di racconti senegalesi a metà strada tra l'apologo e la favola, popolati dalle colorite personificazioni della tradizione animista e improntati ad una bonaria morale conservatrice: I racconti di Amadou Koumba di Birago Diop, a cura di Franca Marcato Falzoni (ed. Patron, Bologna, pp. 192, L. 4000). A prima vista, qualcosa di poco dissimile dalle classiche trascrizioni degli etnografi, un'ulteriore testimonianza della ricchezza e della vivacità di quel patrimonio folkloristico che sa unire il piacere dell'affabulazione alle esigenze della trasmissione del sapere, le istanze ludiche e le necessità culturali delle civiltà senza scrittura. Ad una lettura più attenta però questo testo, che da trentanni si è imposto come un classico della giovane letteratura negro-africana, si rivela un documento ecce¬ zionalmente rappresentativo non solo della cultura e della sensibilità di un popolo, ma anche dei conseguimenti e delle difficoltà della sua letteratura. Colpisce anzitutto che il suo autore, Birago Diop, si presenti come il semplice verbalizzatore di una tradizione orale trasmessagli da Amadou Koumba — uno di quegli aedi che in Africa chiamano griots e che sono stati per secoli gli unici ispirati depositari del patrimonio narrativo — e che questa professione di modestia non annunci una delle solite astuzie della pseudonimia a cui ci ha abituati la letteratura europea, ma definisca con esattezza il curioso statuto di un'opera che si pone sullo spartiacque tra l'orale e lo scritto e che può trovare i suoi omologhi occidentali solo nella letteratura delle origini: l'autonomia di Diop rispetto alla tradizione è molto relativa, nem soltanto perché questa tradizióne è tuttora viva e intoccabile, ma anche perché proprio alla sua salvaguardia egli dedica esplicita¬ mente Usuo lavoro. . „ La puntuale curatrice dell'edizione italiana sottolinea il significato di questa continuità della tradizione orale nell'elaborazione letteraria e individua con chiarezza l'insegnamento non genericamente conservatore degli apologhi trascritti da Diop o, come nel caso dello splendido Sarzan, da lui felicemente inventati su un immutabile schema narrativo. Non la tradizione come inveterato complesso di abitudini importa, ma la sua assunzione, previa dolorosa trasgressione e sofferta verifica della sua validità, a libera e motivata scelta individuale. Dietro questo recuperò intellettuale ed affettivo della tradizione, dietro questa intensa * fedeltà verso il passato s'intravede la filosofia della negritudine, dì cui Diop è stato uno dei primi assertori, e il suo generoso tentativo di legare, senza traumi q stacchi repentini, le trasformazioni dell'Africa moderna alla realtà profonda della sua " storia e della sua cultura. " Letterariamente, questa operazione di travaso viene complicata dalle necessità della traduzione, non solo quella della lingua wolof della letteratura orale ad un francese che le è culturalmente estraneo, ma anche quella dalle immagini fastose e dal linguaggio figurato della tradizione africana ai concetti e alle astrazioni della consuetudine europea., In questo dosaggio, Diop dà prova di straordinaria sensibilità d'artista riuscendo a salvare la freschezza e la varietà dell'invenzione popolare senza rinunciare a nessuna delle risorse del nuovo registro «cólto» e sollecitando nel lettore europeo quella stessa sintonia intellettuale che il griots avvertiva nella cerchia partecipe dei suoi ascoltatori. Francese è solo il mezzo linguistico; africano è lo spirito che anima questi racconti, la precisa ambientazione delle storie la singolare vivacità delle caratterizzazioni la capacità di far procedere la narrazione unicamente lungo il filo dì sempli¬ ci e rapide battute di dialogo, il ricorso ad una prosa ritmata e ad Una iterazione espressiva che sopperiscano agli affetti del canto, l'estrema naturalezza del passaggio dal realismo della rappresentazione alla deformazione visionaria, dalla ■commozione all'umorismo, dal resoconto al libero gioco della poesia. Un librò insomma in cui, secondo le parole di Senghor, Birago Diop «ha vissuto, come solo sanno fare gli uditori negro-africani, i racconti del griot e li ha ripensati e scritti d'artista, >negro e francese al tempo stesso»; non un ritorno alle superficiali lusinghe dell'esotismo o all'ingenuo ed eterno piacere della favola, ma una vissuta espressione della spiritualità africana tra modernità e tradizione e una significativa testimonianza, colia nel momento stesso della sua genesi, delle suggestive possibilità di sutura tra culture in contatto che si offrono alle letterature francofone. Giovanni Bogliolo »

Luoghi citati: Africa, Bologna