Küng e Böll? Li capisco ma io resto nella chiesa

Küng e Böll? Li capisco ma io resto nella chiesa A colloquio con la scrittrice Luisa Rinser sulle inquietudini del cattolicesimo tedesco Küng e Böll? Li capisco ma io resto nella chiesa ROCCA di Papa — E' uno di quei luoghi in cui mi sento come in casa mia. Specie questa sala, ampia, arredata di pochi splendidi mobili, tappezzata di libri, col divano e le poltrone davanti a una larga vetrata che si affaccia su un collinoso paesaggio laziale. E' qui che tante volte ho discusso, riso, litigato, concordato con Luise Rinser, una delle scrittrici più lette nel mondo intero. Sulla sua faccia tra zingaresco-orientale e bavarese, dai verdi occhi brillanti di una spesso pungente e ironica intelligenza, ho visto disegnarsi i piìudiversi sentimenti, dall'allegria quasi ^infantile a una rabbia chiusa e testarda, a una malinconia che arriva alla soglia delle lacrime. Tra poche settimane questa dònna straordinaria, che da un ventènnio vive tra noi, a Rocca di Papgt, ma che solo alla fine del 1979 ha. avuto un grande riconoscimento italiano, il Premio Mediterraneo, tornerà a farsi viva, in lingua italiana, col suo ultimo romanzo, «L'asino nero», di cui sarà editore Rusconi. Vediamo come reagiranno critici e lettori a quest'intrecciata, compatta storia di passioni private e di responsabilità pubbliche, di facciate idilliche e di tremendi retroscena, ambientata in una Germania d'oggi che ancora non si è redenta dalla Germania di ieri. Si parlerà ancora della cristiana politicamente impegnata nell'area socialista, ma speriamo che non si dimentichi, soprattutto, la scrittrice, originale e viva, di grande trasparenza formale e di inquietante complessità contenutistica. Oggi ci rivolgiamo a lei soprattutto come alla cattolica estremamente irrequieta, al miglior allievo femminile di un teologo come Rahner, e le chiediamo che cosa ne pensa del «caso Boll», ossia della dichiarazione del premio Nobel tedesco di essere uscito dalla «corporazione» della Chiesa cattolica, pur precisando di fare ancor parte del suo «corpo». Rinser-: «Prima di tutto bisogna fare uno sforzo per capire-'Bòll, e io, proprio perché cattolica tedesca come lui, credo di capirlo. Il suo gesto, secondo me, rìasce da una forte irritazione. Un'irritazione di vecchia data, se si pensa che nell'immediato dopoguerra, quand'era impiegato all'arcivescovado, Boll ha conosciuto l'ambiente clericale di Colonia molto da vicino. Devo dire che Colonia, nonostante il ricordo luminoso dell'arcivescovo Frings, è oggi la diocesi più reazionaria della Germania. Si aggiunga un'irritazione più recente: la faccenda della tassa sul culto, che voi italiani non concepite nemmeno come problema, ma che in Germania è acuto. Quando Boll si rifiutò di pagarla (e, tra parentesi, è una tassa molto alta), si sentì porre l'aut-aut: o paghi, o esci dalla Chiesa. In quel momento lui ha resistito, è stato attaccato dagli ambienti clericali. Oggi si vede che ne ha le scatole piene (per dirla col suo linguaggio) e si è staccato da quella che lui chiama la "corporazione" della Chiesa. Credo che, oltre tutto, gli riesca insopportabile quest'amalgama tra spiritualità, potere politico e danaro». Le chiedo se, così stando le cose, Boll non poteva uscire prima. Che c'è di così nuovo nella situazione attuale della Chiesa tedesca? Rinser: «Non si sa.mai bene quand'è che arriva la goccia che fa traboccare il vaso. Bòli vede ogni giorno, da anni, che i vescovi tedeschi, i più reazionari d'Europa, si lasciano strumentalizzare dai due partiti cristianodemocratici, il Cdu e il Csu, vede che sono chiusi a ogni specie di socialismo, anche il più blando. Boll, uomo genericamente di sinistra, lo sente come un continuo scandalo. E sì che Boll non è né marxista né comunista', e io aggiungo che è anche troppo poco borghese per inserirsi a suo agio nel partito socialdemocratico per il quale vota. La situazine umana di Boll è difficile, e mi commuove. E' un uomo indifeso, per nulla diplomatico, col cuore aperto come un bambino. In Germania non ci si deve scoprire cosi: ì tedeschi ammirano l'eroismo in guerra, ma la grandezza umana non la capiscono. Così Boll viene sbranato da tutti: dopo il suo ultimo romanzo, artisticamente non riuscito, anche dai suoi amici laici». Dunque, le dico^£ì^dai pienamente ragione a Boll per il passo che ha compiuto?. Rinser: «Un momento. Ho dettò che lo capisco, in parte condivido le sue accuse, ma Boll, secondo me, ha commesso anche qualche errore. E' stato proprio il mio maestro Rahner a teorizzare l'esistenza di due Chiese, quella ufficiale e quella carismàtica. Secondo me, quando Boll dice di uscire dalla Chiesa tedesca, identifica Chiesa e struttura ecclesiastica, il che è un errore. La Chiesa non s'identifica affatto con le sue strutture. Tuttavia le strutture, almeno per ora, esistono e sono anzi inevitabili.'Noi abbiamo ancora bisogno di una forma per i nostri contenuti, e la prova è che ì movimenti giovanili cercano proprio le strutture, perché queste fanno parte della vita. Non sarà così per i buddisti, ma noi europei e cristiani, proprio perché figli del mondo ebraico, greco, romano, dove^era fortissimo il bisógno dell'ordine, dell'istituzióne» ne abbiamo bisogno. Certo* è tri-ste che la Chièsa, specie in Germania, non tengaJconto o metta a tacere tutti i suoi grandi mistici, come mastro Eckhart, Tauler, Angelo Silesio. E' un miracolo che non siano stati giustiziati, ai loro tempi. E sì che è dei mistici, dei carismatici che la Chiesa vive, non degli "amministratori". Quanto all'uscir solo dalla Chiesa tedesca, come dice Boll, mi sembra una motivazione poco meditata. Si ióéje^ehe non conosce le altre Chiese cattoliche nazionali, che spesso sono non meno reazionarie di quella germanica. Solo che questo riguarda le strutture',' non la Chiesa sacramentale in se stessa». Caso Boll, caso Kung, riprendo. Mesi duri per i cattolici di lingua tedesca. Di Kung che ne dici?. Rinser: «Conosco Kung dal 1962. Lo stimo, ma ho forti riserve nei suoi confronti. Le avevo allora e le ho ancor oggi. Quando l'ho sentito esporre le "sue tesi sulla resurrezione di Cristo, mi è parso ch'egli avesse aggirato il nucleo centrale del discorso. Per un'allieva di Rahner come me, direi che Kung si rende la teologia un po ' troppo facile. C'è però un lato positivo: egli dà alla gente quello che la gente oggi vuol sentirsi dire, ciò di cui ha bisogno. Del resto, non è che Kung (secondo me un uomo profondamente pio, legato alla Chiesa) neghi i dogmicerca solo di interpretarli in. maniera nuova, più vicina alla sensibilità dell'uomo d'oggi. E poi, è giusto identificare cristianesimo e dogmi? Viviamo forse di dògmi, noi cristiani, noi cattolici? Li conosciamo a fondo, tranne una piccolissima minoranza jdi teologi? Lo stesso san Francesco a suo tempo proibì che ci si occupasse di teologia. E credi che il curato d'Ars, che madre* Teresa di Calcutta fossero o siano dei "profondi teologi, che vivessero o vivano di dogmi? In Olanda si distribuiva ormai la comunione sia ai protestanti che ai cattolici, senza distinzione, nelle stesse chiese. Ora non più, perché si dibatte di nuovo sul valore della espressione "Questo è" o "Questo rappresenta il mio corpo". Ti sembra così importante?». A costo di suscitare le sue ire, le dico che sì. la differenza tra un simbolo e una realtà mi sembra importante. La Rinser s'illumina di un sorriso, non so se sorrida di me o di se stessa o di tutti e due. Rinser: «Ma certo, e per la Chiesa lo è ancora di più. Ma alla gente tutto questo dice ben poco. Per la gente che crede, Cristo è il centro della vita, e basta. Ora, Kung riesce a rendere interessante, appassionante il credo cattolico, sia pure interpretato a suo modo, a milioni di persone per cui altrimenti sarebbe di scarso interesse. Ammetto però che la Chiesa ha le sue ragioni, che il Papa ha un certo diritto di dire: "Il professor Kung non insegna la teologia cattolica ufficiale". Ma forse bisogna aggiungere che la.Chiesa ufficiale non è abbastanza dinamica...non si muove con sufficiente prontezza. Domina in essa quella che chiamerei la severità dettata dalla paura. Oggi tutto si ribalta, viene reinterpretato. Le scienze naturali e umane, la nuova filosofia hanno provocato un terremoto anche nel campo della teologia. E' chiaro che a Roma ci si chieda: "Dove andremo a finire?". Donde l'irrigidimento, la chiusura, che pure ha un lato positivo: la fedeltà alla dottrina e alla tradizione. Ma si può esagerare anche in questo». Le ricordo il rifiuto di Kung a farsi «esaminare» dalla Curia romana. Le chiedo se esista ancora una virtù un tempo chiamata obbedienza.. Rinser: «Certo che esiste, e la vedo incarnata nel mio Rahner. Quando volevano impedirgli di scrivere se non sotto censura, chinò la testa e disse: "Bene, allora non scriverò più niente". Poi il cardinal Kònig lo volle come esperto al Concilio Vaticano II, ma da Roma venne il no dei conservatori: "L'eretico Rahner non verrà mai al Concilio". Rahner chinò di nuovo la testa, e ci volle papa Giovanni in persona a rimuovere l'ostacolo. Kung però è un'altra cosa. Ripeto, è un uomo pio, ma è anche uno svizzero abituato a secoli di democrazia, d'indipendenza. Venire a Roma a discolparsi, se non gli si dice prima ben bene che cosa si vuole da lui, contrasta con la sua natura. Teniamo anche conto dell'indole personale della gente: Kung è una cosa, Bòli un'altra, il polacco Wojtyla, cosi diverso da Paolo VI (un Papa che viene crescendo col tempo) è un'altra cosa ancora ». Le domando se non sente la tentazione, anche lei, di uscire dalla Chiesa, visto che è un caratterino così ribelle. Rinser: «La tentazione sì, l'ho avuta più volte. Ma credo che non lo farò mai. E' forte in me, oltre tutto, la componente della gratitudine. E io, anche per ciò che riguarda la mia arte, devo moltissimo alla mia Chiesa^ specie al cattolicesimo dell'Alta Baviera. Certi misteri che per me sono essenziali li ho succhiati col latte, li ho sentiti anche fisicamente nelle funzioni e liturgie della mia infanzia. Oggi c'è un'ondata di riflusso, cosa dialetticamente spiegabile. Ma domani si avanzerà^ un'altra volta, tutti insieme, nella dinamica divina di Cristo. C'è attualmente un bisogno di religione come non ce n era più da molto tempo. Tocca alla Chiesa assorbirlo, appagarlo. Se no i giovani andranno altrove..,E' un gioco molto "pericoloso quello che si sta giocando ora nella e intorno alla Chiesa. Perché tanta diffidenza, tanta paura? Non lo sa la Chiesa, che Dio è con lei? Che, col suo aiuto, non può succederle nulla di male?». Italo A. Chiusano Luise Rinser