Ora il maestro della tv scrive romanzi per i ragazzi di borgata

Ora il maestro della tv scrive romanzi per i ragazzi di borgata T°ma ribalta Alberio Manzi, protagonista di «Non è mai troppo tardi» Ora il maestro della tv scrive romanzi per i ragazzi di borgata ROMA — Alberto Manzi, il maestro di Non è mai troppo tardi (il programma tv che strappò all'analfabetismo 6 milioni di italiani, Premio Tokyo 1965) è sulla cresta dell'onda. L'ultimo suo romanzo, Il filo d'erba, prima ancora d'arri.vare in libreria è stato acquistato da un editore tedesco e da uno spagnolo, all'ultima Fiera del Libro, a Francoforte. Orzowei (premio Firenze 1954 e premio Andersen 1956) sta girando il mondo in telefilm ed ha un tale successo che il produttore ha già ingaggiato Manzi per avere il seguito. Anche per La luna nelle baracche (premio del ministero austriaco per l'Arte e la Cultura, 1978) stanno per iniziare le riprese cinematografiche. Ma non gli è venuta mai la voglia di lasciare la scuola per fare lo scrittore? «Veramente c'è stato" un editore che mi ha offerto uno stipendio, per scrivere a tempo pieno...» dice Manzi. «Invece ho continuato a fare il maestro. Per me fare il maestro e fare lo scrittore sono la stessa cosa. Non si scrive se non si ha un segno dentro, non si fa scuola se non si crede possibile la trasformazione della società. Comunque, scrivo anche per potermi permettere di fare il maestro, gli stipendi che dà La-scuola sono stretti, per tirar su famiglia...». Così continua a insegnare a Roma, alla Fratelli Bandiera a due passi dalla stazione Tiburtina. Quest'anno ha una quarta elementare, i suoi bambini costruiscono capanne sul terrazzo e alle-' vano polli e conigli. La scuola sta nel . quartiere dove Manzi- è nato e cresciuto, sognando di diventare capitano di lungo corso. «Il primo libro che ho avuto» racconta, «l'ho rubato. Avevo 10 anni; papà faceva il tranviere, non c'erano soldi abbastanza per comperare libri». Quello, ce l'ha ancora: è un Ivanhoe piccolissimo, fine Ottocento, dai caratteri minuscoli. «L'ho letto almeno trenta volte» precisa, mentre Grogh, il lupo (un lupo vero, è nato al Giardino Zoologico), si avvicina* sospettoso. Ha il nome del primo eroe di Manzi. Grogh, la storiad'un castoro, ebbe il premio^Collodi nel 1950. E' stato appena ristampato nei tasca bpA/Bompiani-ragazzi. Il maestro diventò narratore per ■emergenza: era al primo insegnamento, gli ca- pitò il Gabelli, il carcere minorile. Aveva 94 scolari tra i 9 e i 17 anni, lui ne aveva 21: • Si giocò a pugni il diritto d'essere ascoltato. Vinse, e per interessare una scolaresca così eterogenea raccontò la storia del castoro che muore per la libertà dei suoi. Come gli sia venuto in mente di scrivere Orzowei, Manzi non se lo ricorda. Fu nel 1953. Lo buttò giù in una quarantina di giorni. Orzowei significa trovato (ma la parola non esiste in nessuna lingua, se l'è inventata): il protagonista è un trovatello bianco cresciuto dai neriQuesti lo rifiutano per il colore della pelle, gli altri per la sua cultura nera. «Orzowei ha avuto in Italia una settantina di edizioni, di cui 20 scolastiche» dice il maestro, «eppure c'è stato un tempo in cui il libro, come Grogh, era bandito dalle biblioteche di classe. Perché finiva male, con la morte del protagonista. Se ci fosse un lieto' fine ognuno scaricherebbe la propria coscienza, invece così il libro passa il problema ài lettore». Orzowei però, il lieto fine l'ha avuto lo stesso, ce l'aggiunse il primo editore, ma Manzi non lo riconobbe, e proprio per questo è scritto in corsivo. Il problema di Orzowei è quello del razzismo: «C'è il razzismo del ceto, della nascita, del Nord e del Sud... In. poche parole, c'è sempre e dappertutto la mancanza del rispetto dell'uomo per l'uomo». Ed è proprio questo che ha creato grossi problemi, al momento delle riprese cinematografiche: la storia, s'ambientava in Sud Africa, ma poi un Paese non dette il permesso di girare perché il protagonista era bianco, un altro perché bianchi e negri erano messi sullo stesso piceno. Così, il telefilm è stato fatto in Kenya, tra i Masai. Manzi in Africa non c'è mai andato. Ci andrà ora, per scrivere il seguito della storia. Anche La luna nelle baracche incontra in Sud America analoghi problemi: racconta là storia di Pedro, un campesino che muore per svegliare i compagni da una secolare rassegnazione. Questa storia ha già un seguito, El loco, pubblicato nella Salani-ragazzi, e presentato alla Fiera del libro per la gioventù, a Bologna, nell'aprile scorso. Racconta di un matto («el loco» in spagnolo, vuol dire proprio questo) che innesca una rivoluzione mai vista, fondata sull'amore. Come Cristo: «Se devo fare un paragone» sorrìde lui, «direi piuttosto come S. Francesco». El loco (come l'ultimo Filo d'erba), più che sollevare un problema, trasmette un messaggio. Cosa è successo? «E' successo che i giovani, oggi, di problemi ne hanno fin troppi. Hanno ^bisogno di una speranza, per sopravvivere. Anche di un nuovo modello umano». Ma alla "fine, al maestro Manzi non vien mai voglia di scrìvere un libro per grandi? «Ma tutti i miei libri sono per i grandi» ribatte. «Per i grandi e per i ragazzi, insieme. Per tutti. Per me un libro è buono soltanto quando lo possono capire anche i ragazzi». C'è.poi un'altra storia che Manzi non ha mai scritto, la sua storia dimaestro e scrittore: ce ne sono alcuni episodi nell'introduzione di Grogh e di Orzowei dei tascabili Bompiani. «Il fatto è — spiega lui — che II diario di un maestro, quello che avete tutti visto in tv, tratto dal libro di Albino Bernardini, il regista De Seta l'ha girate^, nella mia scuola, coi miei ragazzi, le mie espe¬ rienze. Poi si è dimenticato di citarci, ma non importa. Quello che è importante è che la gente abbia conosciuto un modo diverso di fare scuola. Ma io non posso mica riscrivere una storia che tutti conoscono!». E adesso? «Ho già pronta la fine del terzo romanzo sudamericano, si chiamerà II decimo villaggio». La fine? «Sì, io i libri li comincio sempre dal fondo. Altrimenti, se non so come va a finire, non ho la tranquillità necessaria per scrivere il resto». Sempre terzo Mondo comunque. Perché non una storia di casa nostra., di oggi? «Qui a Roma c'è un tale terzo mondo da fare spavento », dice Manzi. «Io, in fondo, scrivo sempre dei problemi che mi tormentano, di quei problemi che la gente intuisce, ma non riesce a vedere nella loro interezza. Neanche io riesco a vederli nella loro interezza, e ne sono contento, perché sono così gravi e complicati che è preferibile vederne solo una parte. Comunque, l'ambientazione in Africa, in Sud America, come nell'antica Pompei, serve solo a creare lo spazio dell'avventura. Orzowei, ad esempio, avrebbe potuto essere benissimo la storia di un piccolo meridionale trapiantato a Torino». Teresa Buongiorno Grogh, storia di un castoro tascabili Bompiani ragazzi. 1979,224 pagine, 1800 lire Orzowei tascabili Bompiani ragazzi. 1979,224 pagine, 1800 lire El loco Salani (I grandi libri) 1979, 166 pagine, 4000 lire La luna nelle baracche Salani «narrativa» (Edizione per la scuola), 1975,, 158 pagine, 1800 lire.