Le battaglie deIl'«heroic fantasy »

Le battaglie deIl'«heroic fantasy » Un nuovo genere costruito sulle antiche leggende Le battaglie deIl'«heroic fantasy » Lin Carter (a cura di) HEROIC FANTASY Fanucci, Roma 541 pagine, 9500 lire Fritz Leiber SPADE TRA I GHIACCI Nord, Milano 211 pagine, 5000 lire Poul Anderson TRE CUORI E TRE LEONI Nord, Milano 229 pagine, 4500 lire SORTILEGI, eroi e gioielli fatati: gli elementi dei vecchi poemi cavallereschi riaffiorano nell'odierna heroic fantasy, e l'attuale interesse per il fantastico richiama alla mente un analogo fenomeno della fine del Settecento: la fioritura di storie «magiche» che, soprattutto nel teatro musicale, apri la strada al Romanticismo. Allora l'evento catalizzatore fu l'incontro con la favolistica orientale delle Mille e una notte, mentre oggi è il successo dei romanzi di J. R. R. Tolkien, ma in entrambi i casi, il «boom» del fantastico si alimentava sulle inquietudini ,della sbeieta e sulla sfiducia nella ragione e nella scienza. ■ Sotto questo aspetto, i romanzi di Tolkien sono legati alle delusioni che hanno colpito la società occidentale negli Anni 60, dopo le promèsse di' un continuo progresso scientifico che caratterizzavano gli Anni 50. La prima edizione americana a' grande tiratura del Signore degli anelli è del 1965, e trovò un pubblico che cominciava a diffidare dello sviluppo economico e industriale, e che perciò era pronto a lasciarsi affascinare dalla «Terra di Mezzo», con le sue foreste intatte e la sua lotta tra un Bene e un Male facilmente riconoscibili. Negli anni successivi, il successo di Tolkien portò a un recupero di tutta una produzione che era apparsa occasionalmente nei decenni precedenti, e che fino a quel momento veniva superficialmente inserita nella fantascienza: la heroic fantasy dei seguaci di R. E. Howard. Si tratta di un filone romanzesco che nella sua forma «canonica» (quella delle saghe di Conan il Barbaro, scritte da Howard negli Anni 30) presenta un passato leggendario in cui, prima della scienza, regnava la magia. Il conflitto fondamentale si svolgeva sempre tra il «guerriero» e il «mago», figure che, come in una sorta di antica rappresentazione edificante, rappresentavano rispettivamente il sentimento irrazionale (ma «giusto», secondo un concetto che ricorda quello del «nobile selvaggio») e gli artifici e sotterfugi della ragione, quando sia rivolta a fini egoistici. La tipica conclusione vedeva la vittoria del codice morale che il «guerriero» possiede per istinto. Alcuni aspetti del Signore degli Anelli rassomigliano at questi della heroic fantasy, bepché ci sia una differenza sostanziale: nei personàggi di Tolkien, bene e male non sono così nettamente separati. Fra Tolkien e questa produzione minore c'è però un elemento in comune: infatti, sia l'uno che l'altra immaginano un completo mondo fantastico, provvisto " di geografia, storia, popoli, usi e costumi. I motivi che possono avere spinto Tolkien a scrivere i suoi romanzi non sono mai stati analizzati, ma forse non era assente in lui un certo desiderio di emulazione: è comprensibile che un filologo come Tolkien, dopo avere passato tutta la vita sulle saghe nordiche, abbia provato il desiderio di scriverne una sua. Invece, i motivi che spinsero Howard a scrivere storie di guerrieri barbarici sono chiaramente riconducibili alla sua instabilità emotiva: Howard fu sempre attirato dal pensiero della morte, esattamente come lo era E. A. Poe, e il personaggio di «Conan» gli serviva per esorcizzarla. La heroic fantasy che si scrive oggi ripudia sia lo spirito di Tolkien sia quello di Howard, e si limita a riprendere le antiche leggende e a rivestirle di elementi quotidiani per il piacere di raccontare avventure a briglia sciolta. Manca inoltre quel carattere di imprevedibilità che caratterizzava il fantastico tradizionale: le narrazioni sono meccaniche, prevedibili e noiose. L'intéro genere accusa stanchezza, come si può vedere dall'antologia curata da Lin Carter e presentata da Fanucci, in cui-gli autori si limitano a fare la parodia di se stessi o a ripetere situazioni già collaudate. Si tratta forse di una debolezza intrinseca nel fantastico modèrno: come si è visto negli scorsi decenni, i grandi nomi del fantastico sono sempre casi a sé, e hanno alla base un conflitto interiore, che è quello fondamentale dell'opposizióne tra arte e azione. Calvino, Borges, Singer ne sono tre esempi (e Ariosto ne era un altro). Una «fantasy» che sia valida anche come letteratura richiede personalità fuori dal comune; o l'immensa capacità di immaginare razionalmente un mondo fantastico che caratterizzava Tolkien, o l'altrettanto grande sregolatezza di Beckford, l'autore di Vathek. Se non ci sono questi presupposti, il fantastico resta al livello di un qualsiasi giallo o romanzo d'azione. Questa conclusione è confermata da due volumi apparsi recentemente, scritti da due autori compresi nell'antologia di Lin ' Carter. Nessuno dei due prova le angosce di cui soffriva Howard, e la loro heroic fantasy, si riduce agli aspetti esteriori: guerrieri, plagia, mondo immaginario. In Spade tra i ghiacci, Leiber immette alcuni elementi «galanti» nelle avventure dei suoi due spadaccini, ma le pagine migliori sono quelle grottesche ed eroicomiche. In Tre cuori e tre leoni, Anderson pesca a piene mani dai cicli arturiani (con pesanti prestiti da Un americano alla corte di re Artù di Mark Twain), con l'unica novità di presentare il perduto amore tra il protagonista e un essere di un mondo fatato: una fanciulla-cigno. Ma si tratta di una creatura, fantastica priva, del fascino vampiresco che caratterizzava le Lorelei e le fanciulle-fiore, e il tutto si risolve, in definitiva, in un tranquillo innamoramento da adolescenti. L'intera produziohe appare ben narrata e anche, a modo suo, sofisticata, soprattutto se la si èonfronta con l'intima rozzezza degli scritti di Howard. Ma era appunto questa rozzezza à rivelare, in Howard, un'angosciosa visione del mondo. Perdutasi questa, i suoi epigoni tendono ad assomigliarsi tutti. > Riccardo Valla

Luoghi citati: Milano, Roma