Cremona, un Savonarola laico
Cremona, un Savonarola laico Ricordo del pittore e scrittore scomparso a 74 anni Cremona, un Savonarola laico E'morto a Torino, il 20 dicembre del '79, il pittore e scrittore Italo Cremona. Nato ù Cozzo Lomellina (Pavia) nel 1905, Cremona era uno dei personaggi più estrosi e irregolari nel panorama della nostra cultura. Direttole dell'Istituto statale d'Arte di Torino dal 1955 al 1975 aveva pubblicato il saggio II tempo.dell'Art Nouveau (Vallecchi, 1964), tradotto anche in tedesco e olandese e alcuni lipri di narrativa: La coda della cometa (Vallecchi, 1068), Armi improprie (Einaudi, 1976) e Zona ombra (Einaudi, 1977). Ma Cremona era anche un acuto osservatore di mode e costumi, un critico attento alle oscillazioni del gusto. Giornalista brillante e ironico per lungo tempo è stato fra i più assidui collaboratori di «Tuttolibri». Abbiamo chiesto al critico d'arte Luigi Carluccio. direttore per la Biennale di Venezia del settore Arti figurative, che da molti decenni seguiva il lavoro del pittore scomparso, di trac¬ ciarne un .breve profilo. 7. ciarne un .breve profilo. UNA mostra il 6 maggio 1967 a Modena curata dagli Amici dell'Arte: la presenza alla mostra «Arte Moderna in Italia» curata da Ragghiami a palazzo Strozzi di Firenze e sempre nello stesso anno alla mostra «Le Muse inquietanti» al Museo civico di Torino accanto ai maestri dell'arte fantastica e del surrealismo; una mostra il 28- marzo 1968 alla Galleria dei fratelli Fogola; una il 28 aprile 1972 alla Galleria Pananti di Firenze; un'altra il 4 maggio 1974 alla Galleria Davico di Torino. Ed è tutto, negli anni che pur coincidevano con la piena maturità di Italo Cremona. L'affluenza delle date verso un certo mo- mento dell'anno inducono a pensare che fosse la Cabala da lui amata a governare le rare apparizioni delle sue opere in pubblico. Cremona veniva volentieri lasciato in disparte. Rappresentava una proposta «diversa», che non concedeva compromessi di cultura, di costume, di espressione. La società in cui egli viveva, a parte k devozione • di alcuni pochi amici, considerava l'uomo e l'artista con un certo rispetto, con un certo timore anche, ma anche con molta diffidenza. Egli era diverso dalla parte dell'intelligenza, dalla parte che fa più paura. Ma anche lui, Cremona, amava esser lasciato in disparte. Negli ultimi anni un enfisema lo teneva chiuso in casa. Faticava a respirare, doveva fermarsi per riprendere fiato. Ma già prima, dal 1955 al 1975, per vent'anni direttore dell'Istituto Statale d'Arte, s'era isolato. Intollerante verso" tutto ciò che poteva significare frettolosità, approssimazione, faciloneria, cattiva coscienza aveva messo tutto il suo impegno a raddrizzare nei giovani idee squilibrate sul senso vero della pratica dell'arte, dei valori del disegno come progetto, delle tecniche delle arti del visibile. Una passione autentica per il vero e una profonda irritazione per l'attualità, una forte coscienza morale e insieme una sconcertante capacità di mettersi una maschera, facevano di Cremona un personaggio difficile. Una specie di Savonarola laico, polemico, dissacrante: o di un ibrido affascinante e capzioso tra i rigori formali di un ufficiale absburgico, come a quei tempo, al cinema, ne impersonava Eric von Stroheim e lo scetticismo ironico, elegante, elusivo di Petrolini. Poteva capitare che ai discorsi seri e gravi Cremona rispondesse mettendo sul piatto un disco con le classiche filastrocche di Petrolini oppure, nero su. bianco, sulle pagine degli Almanacchi e su quelle di «Paragone», la rivista del grande amico Longhi, accendesse le fiammelle impure ed irritanti dei suoi «acetilene». La diversità di Cremona, il suo isolamento, la sua irriducibilità alle mode ed ai richiami, del successo, le sue intolleranze per il circostante e per il presente avevano radici remote. Apparteneva infatti ad un'altra tradizione: quella che hia" lasciato affiorare dai fogli di una rivista da tasca: «Circolare sinistra» e di un saggio sull'Art Nouveau che è fondamentale per la cultura italiana. Aveva aderito allo «strapaese» di Mino Maccari ed agli ideali del «Selvaggio», quando la redazione sul finire degli Anni Venti era a Torino, sicuramente perché rappresentavano un modo di valutare la realtà, anche quella dell'arte, che contrastava la moda, l'attualità, i falsi miraggi della modernità programmata; ma i suoi autentici amori stavano molto più indietro nel tempo. Si muoveva, Cremona, a rovescio; à rebours, come il protagonista del capolavoro di Huysmans. Indietro, a ritrovare la dimensione del profondo, i silenzi metafisici, la pienezza dell'assoluto, le raffinate ipotesi dei decadenti, le aperture illimiti dei fan-' tastici e dei visionari; a respi¬ rare l'aria della notte e dei sogni. E della morte. Uno'dei suoi quadri più intensi è la veduta di un cimitero, adesso al Museo civico di Torino; fórse non più in cantina. In molti altri dipinti compaiono diavoli e diavoletti, angeli e spiritelli; a muovere la scena come in un fumetto, a dare un senso ed una moralità al racconto: ultimo ilare approdo di un'immaginazione che ha lo stesso scenario, lo stesso fondale che hanno le estenuate e pur carnali Salomé di Moreau, gli ipnotici occhi sgranati nelle corolle di fiori surreali di Odilon Redon, le ambigue Silfidi di Beardsley, le Ofelie di Hugues e di Mil-, lais, le Beatrici di Dante Gabriele Rossetti e, più vicine a noi, le Sfingi di Meryom, di Rops, di Klinger, di Bòcklin, le streghe di Kubin, le Danae e le Giuditte di Klimt. E' il mondo percorso da allucinazioni e da brividi oscuri, sostenuto dalla consapevolezza dei limiti della ragione, attento alle.forme della psicologia assai, più che alla psicologia delle forme: un mondo che sta venendo a galla, che Cremona ha anticipato in un tempo in cui appariva assurdo e persino reazionario amare appunto Moreau, Redon e magari Savinio, i Prearaffaelliti, i Simbolisti ed i Surrealisti invece che Cézanne, Picasso, Mondrian ed il loro seguito sempre più lontano dalla tradizione e dalla realtà. Luigi Carluccio
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