Severino filosofo del «nulla»? di Gianni Vattimo

Severino filosofo del «nulla»? Severino filosofo del «nulla»? Franco Cordelli, scrittore e critico, interviene nel dibattito su filosofia e nichilismo aperto da •Tuttolibri» con gli articoli di Gianni Vattimo ed Emanuele Severino. IN un'intervista sul numero 204 di «Tuttolibri» Emanuele Severino mostra di sviluppare e prediligere un tema, quello della trasformazione del linguaggio della filosofia in un linguaggio poetico là dove, con gesto tanto misterioso e sacrale, quanto generico e invasato come fosse il gesto di uno dei «poeti minestrones» di Castelporziano che per avventura si fosse imbattuto in una traduzione di Rilke pubblicata su «Niebo», dice: «Nei miei scritti il linguaggio indica il luogo che da sempre si apre al di fuori della persuasione fondamentale dell'Occidente, cioè al di fuori del nichilismo». La «nobiltà dello spirito» ai tempi di Thomas Mann era non soltanto equivoca, ma anche diffusa. Oggi le proporzioni sono invertite. E' sempre meno equivoca e sempre più rara. Ne restano tracce in pochi luoghi. Fino all'altro giorno ne avrei citati due. entrambi milanesi: casa Fortini e la sede della casa editrice Adelphi. Del primo non dimenticheremo mai la frase «caduta Saigon, cenavo con Mario Tronti», frase illuminante e definitiva riguardo alle complesse e preoccupanti strutture mentali di chi l'ha elaborata. Della seconda è inutile elencare i meriti, visibili a chiunque. Anche se in questa sede sarà opportuno sottolineare proprio il merito generale, il significato di una presenza che in altro non consiste se non nella ferma volontà di erigere un monumento appunto alla «nobiltà dello spirito». Certo: a furia di non preoccuparsi di nascondere il «self», dove umiltà e orgoglio si equivalgono perfettamente nel cattivo gusto, e a furia, per salvare il salvabile, di circoscrivere aree elette ponendo segnaletiche inconfondibili, si rischia molto: a lungo andare che ogni cosa si rovesci nel contrario di ciò che avremmo voluto ottenere, soprattutto in un'epoca storica in cui è diventatogli «cattivo gusto» lo stesso problema di educare il gusto (e, tanto di più, mostrare al mondo che ci si è in qualche modo salvati, almeno in quel senso lì...). E che succeda proprio cosi, che il processo del rovesciamento (o dell'equivalenza tra nobiltà e volgarità dello spirito) sia ormai meccanico e fatale, lo abbiamo constatato il 28 novembre aprendo il «Corriere della Sera», là dove, in «apertura di terza», si leggono, sopra, l'annuncio di un inizio di collaborazione e, sotto, l'articolo del filosofo Emanuele Severino. Pensando che con passaggio scritto nelle stelle le opere del Severino stanno trasmigrando dall'editore Rusconi all'editore Adelphi, eravamo già certi che, sempre Milano, aveva scoperto un terzo luogo sicuro dell'attuale «nobiltà dello spirito». L'articolo non ha fatto altro che confermare che se questo terzo luogo tende a sempre meglio identificarsi con via Solferino (solo qui è possibile sostenere che Altobelli è un centravanti, e già nell'olimpo — come se non si fosse mai visto giocare Chinaglia...), neppure il «filosofo alla moda» riesce, alla fine, a salvare il salvabile (e sia chiaro che non sto dicendo che siamo «tutti comproméssi»; dico che proporsi certe cose è molto pericoloso — si va quasi sicuramente all'inferno). Ebbene: mentre sono personalmente grato al «Corriere» di avermi consentito, con la prosa e con il pensiero di Severino, un contatto fugace e quasi indolore quale ci consentono i quotidiani e i periodici quando non vogliamo dedicare troppo della nostra attenzione ad un evento vorrei dire che neppure la prosa dell'indiscusso leader adelphiano, Roberto Ca-( lasso era mai parsa così' adamantina nell'ambizione e nell'esibizione dell'intelligenza e del gusto e tuttavia, flagrante nel rovesciarsi pavlovianamente nel suo contrario. Che dice, in poche parole, il Severino nel suo articolo intitolato «Ragione e fòrza contro la violenza»? Dice, niente meno, che «la ragione è un mito» e che in realtà, dietro l'idea di ragione si nasconde quella, tanto più fondata, di «forza». A sostenere una simile idea non ci sarebbe niente di male: non più che il male prodotto dalla ripetizione fino alla nausea, dell'ovvio (almeno un quindicennio di cultura occidentale, da Nietzsche a Heidegger a Foucault ci ha detto ciò che ora Severino ripète per i lettori del «Corriere», tra cui me). Ma la cosa sgradevole è, come sempre, il tono," cioè la «forza», o meglio la qualità di forza di colui che ripete un'idea ricevuta (quale idea, al di fuori della forma, non è ricevuta). E infatti, poiché Severino non è ingenuo, anzi è molto chic, che fa? Si quarda bene dal citare Foucault. Lui cita le Tesi su Feuerbach di Marx. E come non bastasse, poiché è, evidentemente, diti e che uh filosofo alla moda anche un uomo alla moda, sa che oggi la filosofia, di tanto in tanto deve abbandonare il linguaggio della filosofia e adottare quello della poesia: ed ecco il Severino a parlare di «deserto», di «abbandono» ecc. (come appunto teorizza nell'intervento su «Tuttolibri» che abbiamo citato). Dietro il velo della metafora tuttavia, il discorso di fondo è chiaro a tutti: e mentre il lessico della filosofia malgrado i trucchi, resta quello di sempre (la ragione, la violenza. l'Oriente l'Occi¬ dente —tutte parole piene e belle da dire) e anzi Severino dimostra che la filosofia non è morta nonostante abbia sposato il senso comune e si sia con esso identificata il messaggio conclusivo è la pretesa metafisico-giornalistica di «smascherare», proprio come quel personaggio che troviamo eccellente, mente descritto da Louis Mac Neice in una sua poesia: «Chi è quell'uomo trafficone e compagnone? Se non lo sai, i E'il maestro punsecchiatore, lui puù dissesionare i Tutti i tuoi umori e i tuoi comportamenti, lui può scoprire i Un'egoistica motivazione in tutto e fare messe / Di diritti d'autore in qualità di angelo scrivano. Nessuna / Reverenza qui per l'eroe, per il santo e per l'innamorato ; Chi è quell'uomo che si riempie la pipa con tanta / Abilità come se creasse qualcosa? La ragione è questa: / None creativo affatto, la sua mente è secca i E non porta fiori neanche quando è la stagione. / E' un sorvegliante, un uomo sema cuore, i II cui svago favorito è accusare . tutti gli altri di mentire». Franco Cordelli

Luoghi citati: Milano, Saigon, Tuttolibri