II libraio è sommerso: troppi libri tutti insieme di Luciano Genta

II libraio è sommerso: troppi libri tutti insieme Natale dietro il banco: previsioni, critiche e proposte per le strenne II libraio è sommerso: troppi libri tutti insieme PARLARE con i librai in queste settimane sta diventando difficile: cominciano ad essere sommersi dalle novità di Natale, devono districarsi tra le proposte degli editori e le richieste spesso indefinite dei clienti, apprestare vetrine e confezionare pacchi, con un occhio sempre attento al rischio di ordinazioni imprevidenti che si rifletteranno a gennaio in rese deleterie. Sentite le opinioni degli editori, abbiamo raccolto le prime previsioni di chi vive il Natale dietro il banco della libreria e ha il difficile compito di fare da intermediario tra il produttore e il consumatore. Cosa pensano i librai delle strenne annata '79? «La strenna è un concetto sempre più rifiutato — dice Tonino Bozzi, libraio a Genova — il libro oggetto va sempre meno, ma di fatto continua ad esserci. Allora l'importante è farlo bene, servirsene per conquistare nuovi acquirenti e, in prospettiva, nuovi lettori». Questo giudizio sembra voler mediare due posizioni estreme. C'è chi riconosce agli editori l'esplicita volontà di cambiare, di non confezionare solo più bei pacchetti. «La produzione è più attenta, più selezionata — os¬ serva il proprietario della libreria Italo Svevo di Trieste — la qualità è migliorata, si fanno libri più utili, con maggior originalità e più gusto». Sull'altra sponda sta la schiera, forse più numerosa, dei perplessi, un po' scettici, secondo i quali il mercato non si è sostanzialmente modificato e non ci sono grosse novità. «Ci si muove sul tradizionale, si va sul collaudato — afferma il responsabile della libreria Rinascita a Carpi — gli editori si ripetono, mancano fantasia e coràggio per anticipare il nuovo». Aggiunge il libraio Belf orte di Livorno: «La campagna natalizia si presenta mono-, tona, non si vede quasi nulla di davvero significativo, che rompa con il consumismo delle strenne». Come cambia a Natale il pubblico delle librerie? Anche su questo punto si ripropongono opinioni piuttosto articolate, perché è difficile scindere il vecchio dal nuovo e si sbaglia ad isolare una sola faccia di una realtà poliedrica. Alcuni accentuano il cliché del cliente sprovveduto, dalle idee poco chiare, spinto in libreria dall'obbligo del regàio. «A Natale il pubblico è eterogeneo, raffazzonato — nota la signora Pasquinucci di Viareggio—guarda ancora alla bella copertina e si lascia attrarre dal cofanetto. Non sa bene cosa vuole: incapace di selezionare, spesso fa scelte a casaccio». Un'altra librala, la signora Cherubini di Como, conferma: «Entra il cliente e ti dice: ho. sentito parlare alla tv di...; mi pare di aver letto...; ho un amico appassionato di... ì puntini dobbiamo riempirli noi librai». Potrebbe sembrare un quadro troppo pessimistico. «In realtà — commenta Guida, editore e libraio a Napoli— l'italiano medio non è ancora educato alla lettura: il libro non è per lui pane quotidiano, resta un' lusso. Guardiamo invece i turisti stranieri: nello, zaino hanno tu Hi un pocket». Ma queste stesse persone dicono pure che c'è un pubblico più popolare, più vario. I giovani soprattutto sono lettori più autonomi, sanno scegliere da sé. «La strenna di cartone non è accettata da tutti — rileva il libraio Croce di Roma — si pretende dal H-bro di essere aggiornati e aiutati a capire i problemi veri. Vediamo in negozio molti più giovani, pieni di interessi: per loro il libro non è oggetto da regalo, è diventato una necessità». Come si prevede andranno le vendite quest'anno? Nelle grandi città del Centro-Nord le previsioni sono discrete, tira aria di fiduciosa speranza. Certo c'è l'inflazione: ma con quanto si spende per un buon libro non si compra più neanche mezza cravatta. «Ho notato — dice il signor Tarantola di Milano — che il cliente si lamenta per l'aumento dei prezzi, ma poi compra. Sembra abituato ai rincari a spirale, per cui la crisi si rivela meno grave di quanto spesso ci immaginiamo». In provincia e soprattutto al Sud prevalgono invece i toni preoccupati. A Napoli, Guida si dice pessimista perché «c'èstato un calo nelle vendite», non crede in improvvise inversioni di tendenza: pur incassando di più a Natale, sarà difficile recuperare sull'aumento dei costi. C'è una crisi a pelle di leopardo: anche dal mercato librario emergono "i volti di tante Italie e, dietro, le questioni di fondo del paese, quella meridionale prima fra tutte. Quali sono le principali difficoltà che un libraio deve affrontare in questo periodo di fine anno? Si pensa generalmente che il Natale in librerìa sia un periodo di vacche grasse: più pubblico, più guadagni. Ma c'è un rovescio della medaglia. Su questo i librai interpellati si trovano tutti d'accordo: escono troppi libri, tutti insieme.. Renato Montroni, direttore delle librerie Feltrinelli a Bologna, fa un esempio significativo: «/n due giorni si uniscono ammucchiati sul banco 97 titoli. Eppure non ordiniamo di tutto, preferendo puntare su proposte di catalogo e sulle novità a prezzo medio, proprio per non soffocare in un groviglio di libri inutili e invenduti». Molti altri parlano un po' sgomenti di congestione, di concentramento eccessivo; invocano «un'autodisciplina» degli editori; criticano la marea di novità che stordisce il pubblico e mette in difficoltà il libraio. •Il cliente è disorientato — osserva ancora Belforte — vagabonda spaesato fra la ressa; non lo si può servire bene e si sente trascurato: Tutto ciò nuoce all'immagine della libreria». Anche il libraio vede diminuire la propria professionalità. «Non si riesce ad assimilare tutti i libri —rileva Fiaccovio, editore e libraio palermitano — Se non si è bene informati non si saprà nemmeno vendere bene. Mentre proprio a Natale il libraio dovrebbe saper consigliare e orientare con cura». La signora Pasquinucci di Viareggio sottolinea il problema spazio: •Non sappiamo dove mettere i libri, siamo invasi... un librò schiaccia l'altro. Dovremmo avere scaffali di gommapiuma». Ma il rischio maggiore per i librai a Natale si chiama resa, perché si trovano costretti ad immagazzinare, sperando in bene: hanno una maggior esposizione di denaro, senza garanzie. Spiega Renato Montroni: «A partire dal primo novembre non si posÉono più fare rese. Dobbiamo solo comprare e pagare. Se non va bene, a gennaio ci troviamo ingolfati, con tratte che tagliano le gambe. E i nostri soldi possiamo cominciare a recuperarli solo a febbraio-marzo». «Così tra noi e gli editori — dicono alla Italo Svevo di Trieste — si instaura una cordiale inimicizia. Ognuno cerca di rifilarci il suo'pacchetto di sicuri successi, noi cerchiamo di difenderci». Infine un piccolo paradosso: tra queste carovane di carta restano dei vuoti, ci sono interessi del pubblico che non si possono soddisfare. «Manca quest'anno una buona produzione media nel campo della narrativa contemporanea — ritiene la signorina Pazielli della Piccola Libreria di Sanremo —. Sono pochi i romanzi che vendiamo volentieri. Esclusi i soliti best-sellers, c'è un calo di qualità». Altro settore carente sono i libri per ragazzi. Sostiene Piero Femore, titolare della Campus a Torino: «A prima vista c'è una valanga di titoli. Ma le iniziative serie di alcuni anni fa sono oggi sommerse dagli eroi della Tv. Tra Ufo Robot e il lacrimevole Remi non si respira più». Altri librai allungano la lista degli esempi: scarseggia da sempre la divulgazione scientifica, l'èaltoria d'arte è poco attenta ai pittori contemporanei, si trascura l'interesse per l'arredamento e l'antiquariato, si dimenticano forme minori d'arte, tut- . 'ta una serie di hobby raffinati che avrebbero il loro pubblico, come dimostrano esperienze di editori stranieri, ad esempio il catalogo dell'americano Dover. Che cosa propongono i librai? Queste denunce mettono in rilievo alcuni problemi di fondo del mercato. In primo luogo l'errata politica editoriale di concentrare ormai il grosso degli sforzi in due soli periodi dell'anno, Natale e l'estate. «E' una scelta poco lungimirante», critica Tonino Bozzi. Significa badare solo ai conti di bilancio e al fatturato, diventare vittime del. marketing. Bisognerebbe pensare non solo agli acquirenti, ma ai lettori: altrimenti i discorsi culturali diventano un alibi a posteriori. «Non vogliamo lavorare venti giorni l'anno — ribadisce Piero Femore — bruciare .tutte le cartucce in due colpi e poi ripiombare in una routine stentata», I rimedi possibili? Bisogna stampare meno titoli, propongono concordi i. librai, con tirature più alte; ricordarsi che non si vive dei mille lettori che comprano tutto. Dunque maggior attenzione ai tascabili, a cataloghi che resistano nel tempo, a canali di assorbimento sicuri come le biblioteche. Anche là pubblicità, a loro parere, dovrebbe cambiare. Certo è utile, non si può negare che muova il mercato; la Tv soprattutto produce clienti. Manca però un'informazione seria e diffusa. E' troppo chiedere delle vere campagne di lettura è proporre agli editori di pubblicizzare tutti insieme il libro, più dei singoli titoli? A rimetterci sono soprattutto gli editori minori, che non riescono a far conoscere la propria produzione. «I grossi — dice il libraio Croce — si mangiano quasi tutti lo spazio delle recensioni su giornali e riviste che spesso controllano più o meno direttamente». E sono sempre i piccoli a essere strozzati dal cattivo funzionamento della distribuzione. «E' possibile — si domanda Guida — che le Messaggerie, il maggior rifornitore, debbano chiudere per inventario il 20 dicembre?». ... Qualche anno fa si sarebbe parlato di discorso «a monte». Oggi l'espressione è fuori moda, il problema resta: i libri sono mal distribuiti, arrivano con difficoltà specie in tutto il Sud. «Noi abbiamo il mare — osservano con rassegnata ironia alla Cocco di Cagliari-.E' sempre laborioso far arrivare le merci. Quando, come a Natale, tutto si ammucchia sulle banchine del continente, partono prima i panettoni. I libri fanno la coda». Luciano Genta