Lenin nel fumetto ha la faccia di Bogart di Umberto Eco

Lenin nel fumetto ha la faccia di Bogart Daniele Pahebarco ci parla delle sue satire Lenin nel fumetto ha la faccia di Bogart T^ERE* che Panebar« JL-/co sta cercando di inventare una forma di transizione: non ancora il fumetto didascalico e non più il fumetto satirico». diceva Umberto Eco presentando Il falcone sardese (Longanesi 1977) il primo libro di Daniele Panebarco. ormai riconosciuto dai critici come il migliore fra i giovani italiani dell'ultima generazione. A due anni di distanza lo «stile» Panebarco ha raggiunto il successo, piace quel suo misto di intrigo alla Dashiell Hammett. di ironia alla Woody Alien, di cinema alla Humphrey Bogart. di miti rivoluzionali. Ed ecco pronto un secondo libro. La semplice arte del derelitto (Savelll pp. 159. L. 3000): sei storie gialle in cui. con un disegno migliorato per semplicità ed effi¬ cacia, l'autore fa incontrare Marx e Lenin. King Kong e la statua della libertà. Trotskij e Snoopy. il dottor Calligari e Oreste Del Buono, fra inquadrature e scenari hollywoodiani. In preparazione presso la Milano Libri c'è anche un arricchito rifacimento di Alla ricerca della corazzata Potemkin. un lungo racconto già uscito a puntate su la Città futura. RAVENNA — Trentaquattrenne barbuto, piccolo e in carne, Panebarco possiede una carica di simpatia naturale. Estroverso, parla con una facilità un po' disordinata, accavallando frasi, concetti e definizioni. Ha frequentato il Dams (Dipartimento Arti Musica Spettacolo) di Bologna, ha lavorato in banca, poi come rappresentante, come serigrafo. E' iscritto al pei ma non impegnato in cariche, «bazzico all'interno dell'Arci». E' un autodidatta, ha iniziato a disegnare per hobby nel '69. Lavora solo di notte dalle 23 alle 6,30-7, con il rapidograph a china, anche il sabato e la domenica «mi sembrerebbe strano passare una giornata senza far niente». Lanciato da n Mago nel 76, ha negli anni infittito le sue collaborazioni ai giornali, da Città futura a Paese Sera a Linus. Le avventure di un suo personaggio sono state' trasmesse alla radio. Con Oreste Rizzini. l'attore che doppiava il protagonista radiofonico, ha allo studio l'allestimentu di una commedia musicale. — Panebarco, cosa l'ha spinta a disegnare fumetti? «Oddio, una grande ambizione l'ho avuta: scrivere libri gialli. Non avevo mai preso in considerazione il disegno perché a scuola mi consideravano negato. Capita, no? E io che vedevo fumetti sempre disegnati in maniera aggraziata mi ritenevo escluso da ogni discorso. Per me fu fondamentale la nascita della rivista Linus che mi fece conoscere strisce tipo B.C., Wiz il mago, Charlie Brown con il loro segno semplice. E cominciai a copiare da loro. Era un equivoco, perché pensavo fosse semplice disegnare così, fosse un non-disegno, mentre era difficile copiare con stile. Poi lentamente uno se lo forma lo stile». — E'difficile sfondare nel campo dei fumetti? «Secondo me uno non sfonda mai. Mettersi sugli allori e vivere di rendita credo non avvenga quasi mai o avvenga molto tardi. Prima di tutto devi arrivare a pubblicare su riviste a livello nazionale per fare questo mestiere in maniera professionistica. E' una questione di libero mercato, perché prima devi farti conoscere poi più sei conosciuto più piaci e più puoi chiedere e più puoi vivere! • «Inoltre ritengo fondamentale nel fumetto riuscire a vedere i propri disegni stampati. Solo allora emergono, anche ai tuoi occhi, gli errori. Ma se è difficile arrivare a pubblicare, è molto più difficile riuscire a mantenere il ritmo. Questa è la prova del fuoco per un giovane. Se è stata importante la rivista Linus per fare vedere che esisteva un certo tipo di fumetto, lo è stata, a metà degli Anni 70, Il Mago con la direzione di Bepi Zancan perché ha aperto la possibilità ai giovani di ottenere fiducia e consigli. Era la prima volta che in Italia succedeva una cosa del genere per il fumetto». — Quale tecnica usa? «Per il disegno faccio prima dei bozzetti, poi uso il tavolo luminoso per ricavare l'originale. Ma io considero lo sviluppo narrativo quello che conta. Per i soggetti mi avvalgo molto del cinema: registro alla televisione i dialoghi dei film. Proprio in queste settimane ne trasmettono alcuni degli Anni 30 e 40 che sono per me fon¬ damentali favolosi, perché usano una tecnica molto simile a quella del fumetto, nel senso che quando debbono narrare le avventure di un personaggio non si dilungano, usano una parola sola per darti l'idea di un mondo che il personaggio si è lasciato alle spalle. K basilare per me imparare questa concisione, questa sintesi». —Qual è la sua idea del fumetto? «Una nuova forma di letteratura, perché raccontare qualcosa agli altri è per me più importante che disegnare in maniera leziosa. Questi grafismi inutili vuoti non riesco a capirli. Ora faccio questo nuovo fumetto per Linus che durerà 15-20 puntate e non penso che il lettore goda nel leggere una trama tutta spezzettata. Tutte le cose che ci sono dentro la storia hanno un senso particolare, anche perché in questo caso ho voluto fare uno studio sull'intreccio. Ma ritengo sia anche un discorso di mercato, perché il fumetto che intendo io, popolare ma originale, che cerca nuove strade, nuovi contenuti comprensibili a tutti rimane tagliato fuori dalle edicole. Questo prodotto di avventura "intelligente" che tiene conto della realtà, della politica, della satira politica dovrebbe essere venduto come un albo di Tex. in edicola, a 500 lire, anche su cartaccia. Io voglio che il fumetto venga letto e buttato, non mi interessa il collezionista». — Quali sono i suoi personaggi e quale messaggio ha affidato loro? Nel '75 creai Big Sleeping il cui nome' ricorda il Grande sonno, primo romanzo di Raymond Chandler. In genere uno disegna le proprie ossessioni e qui-ho disegnato l'ossessione per il cinema americano degli Anni 50. E' una parodia dell'uomo d'azione, cinico e solitario ma che s'incasina molto spesso, come del resto succede a me. «Con II piccolo Lenin, uscito su la Città futura, da marzo a dicembre '78. ho compiuto un viaggio fantastico fra le situazioni e i luoghi del cinema americano degli Anni 40 e 50 con una connotazione più politica. L'idea mi è venuta ascoltando un serio dibattito sul 60° ariniversario" della rivoluzione russa, seguito da un film con Rita Hayworth e Glenn Ford: misi insieme i due stili. «Nick Martello è l'ultima mia creazione che però non è ancora ben definita. Ho voluto rifare il classico comunista italiano degli Anni 50. — Non pensa di rivolgersi ad un pubblico elitario? «Io reputo il mio fumetto popolare. Ma per certe storie l'appunto è vero, specie quando lavoro alla citazione, anche se questa non è mai importante per capile l'assunto narrativo. Certo non è di massa perché nei miei fumetti si scherza molto, l'eroe è preso in giro e tutto sommato ancora oggi il grosso pubblico ama identificarsi nell'eroe a tutto tondo»! — Però, Panebarco, non è molto in linea con il suo partito: rivisita con irriverenza i miti della classe operaia. «E' una forma di autoironia. Anche perché mi interessa molto meno la de, nonostante si dica sempre che la satira deve essere contro il potere. Mi interessa sottilizzare, prendere in giro chi conosco molto bene e chi mi sta a cuore». — Ha un'aspirazione nascosta? «Ero partito per fare lo scrittore, mi sto accorgendo che conviene fare il disegnatore di fumetti, perché l'irnmagine è molto più vicina all'epoca in cui viviamo, molto più della parola scritta. Mi sarebbe piaciuto anche fare del cinema, ma trovo che il fumetto abbia tante potenzialità e sia anche .abbastanza vergine. I comics sono nati addirittura insieme al cinema ma hanno fatto meno strada. Hanno davanti a sé un mercato amplissimo, ma perché dobbiamo continuare a dargli prodotti sfruttati come Topolino?». E mentre parla della sua ultima idea, una parodia di Amleto con Big Sleeping e il crollo di Wall Street, viene trascinato dalla figlia a vedere i cartoni animati di Remu Alessandro Rosa

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