Eva scriva in cucina di Angela Bianchini

Eva scriva in cucina Donne e letteratura, un saggio maschilista Eva scriva in cucina f£ìui«ti Morder IL ROMANZO AL FEMMINILE Il Saggiatore, Milano 294 pagine, 6000 lire L A questione del romanzo come «chose femelle» (tale il titolo di un interessante articolo di Nadia Fusini su Alfabeta (anno. I, n. 6), vale a dire della «complicità tra donna e romanzo» è oggi sul tappeto, chiaramente legata alla scoperta, compiuta recentemente dal femminismo, di una «presa di coscienza» delle donne, con temporanea alla nascita del romanzo, particolarmente quello settecentesco. Questa presa di coscienza, può essere interpretata in modi diversi: quale creatività femminile, e si tratta di un dibattito non di oggi, anzi vecchio di più di un secolo e d'impronta positivista, che non ha fatto molti progressi da quando George Eliot elaborò una strana teoria secondo la quale «il cervello pìccolo e il temperamento vivace... permettono al fragile sistema della donna di sostenere l'attività superlativa necessaria per la creatività intellettuale» mentre «la donna di grande capacità (quella inglese o tedesca) raramente arriva al di là dell'assorbimento delle idee». Oppure quale studio storico e sociologico della donna in quanto destinataria fruitrice e poi autrice di romanzi, e qui il discorso è parecchio più proficuo: si prendano, per esempio, due opere recenti, Literary Women, The Great Writers (W.H. Alien, London, 1977) dell'americana, scomparsa da poco, Ellen Moers, e A Lite rature of their own (London, Virago, 1977) della autrice, anch'essa americana, Elaine Showalter (il libro era stato pubblicato originariamente nel 1977 da Priceton Press), e si riuscirà con profitto ad addentrarsi, come .dice la Fusini, «nella questione di come e quando la dònna volle essere artefice della propria immaginaria immagine». Nel suo studio, Il romanzo al femminile la nascita di un nuovo genere letterario, Michel Mercier non adopera né un metodo né l'altro, anzi, decide assolutamente di fare a meno di metodo e di rifugiarsi in «quella specie di sorpresa e di vago stupore che la sola presenza femminile, con le sue specifiche modalità di essere e di esistere, basta a suscitare». Ma di quale «presenza femminile» si tratta? Mercier, a quanto pare, ha letto infinite Mme de Krudener, Mme Cottin, Mme Dufrenoy oltre che Suzanne Haswell Rowson, Marie Cummins e le loro altrettanto oscure controparti in Germania, in Scandinavia e in Inghilterra. Questo farebbe pensare che si tratti di uno specialista del periodo, (ancorché la controcoperta del volume non dia alcuna informazione in proposito, anzi taccia del' tutto sulle qualifiche dell'autore), se non fosse per il fatto che anche la letteratura moderna, particolarmente francese e inglese, gli è tutt'altro che ignota. C'è un campo, invece, che in lui risulta molto semplificato: è quello dell'Italia. Apprendiamo, per esempio, che Alba de Cespedes è; ormai, come la grafia del suo nome, francese. La perdita della de Cespedes (il cui nome, com'è noto, è di origine cubana) riduce il numero delle romanziere italiane esattamente a sei: Diodato Saluzzo, Amalia Guglielminetti, Matilde Serao, Grazia Deledda e Elsa Morante. Sei, «in toto», dal 1774 quando nacque Diodata Roero di Saluzzo (chissà perché proprio lei?) fino ad oggi. Una volta letto il profilo della letteratura italiana posto da Mercier infondo al volume, comprendiamo questa nostra improvvisa povertà. Dice Mercier: «H ragionamento di Alain, che comporta l'introduzione della durata nella costituzione del "corpus" romanzesco, aiuta a capire come mai l'Italia sia priva di grandi romanzi: manca ogni durata così come non esiste il romanzo d'amore. La letteratura italiana — quella degli uomini — ignora la coppia: sia che esalti l'amore, da Dante ih poi visto come un'estasi solitaria che nei fatti, se non nei sogni, esclude la donna reale,, sia che rispedisca la donna tra i fornelli dove, in compenso, essa regna incontrastata. Beatrice, è un'immagine maschile, alle prese con una situazione domestica di cui deve garantire nel tempo la serenità, tutta assorbita nell'ambito chiuso della famiglia, non si sogna affatto di mettersi à scrivere, situazione, questa, che Virginia-Woolf per tempo dipinge in Tothe Lighthouse». Credo che questo passaggio, involontariamente umoristico, con l'immagine di Beatrice che invece di regnare in Paradiso, regna in cucina e non è come le donne dipinte «per tempo» (che si tratti di uno sbaglio di traduzione?) dalla Woolf, àia un'idea di come operi la mente di Mercier. Un po' egli invoca «il sistema di impressioni suggerito dalla lettura di molteplici opere» e «l'omogeneità delle visioni del mondo che le sorreggono e che delineando una mappa di coincidenze, offrono una definitiva visione di insieme che è possibile immaginare come tipica della natura f emminiìe», un po'supplisce alla visione femminile con i romanzi scritti da uomini, e magari, perché no! con la Divina Commedia. in pratica, però, non si spinge così avanti e le,cose funzionano nel modo seguente: per stabilire il senso della •coppia», diciamo, o dell'«attesa», in senso femminile, le infelici scrittrici si muovono in branca, a guisa di squali, guidate; in genere, dalla Woolf, alla quale segue quasi sempre, Marguerite Duras con giochi acquatici della Beauvoir saggista, poi, un pizzico delle solite donne oscurissime del Sei-Sette- cento, poi ritorno alle frati cesi di oggi, questa volta la Sarraute, poi nuove oscure, un po' di Colette, un po' di Carson McCullers, e di nuovo, come sopra, Duras, Yourcenar, Delay, Sagan... E poi? Poi basta, perché qui l'indice dei nomi non c'è, le note mancano o quasi, e l'utilità del libro, secondo me, non esìste. E* un discorso pomposo per invnati, per persone che buttano lì nomi, tentando di sopraffarsi a vicenda con allusività viscerale. E' un discorso tra uomini: mi si consenta. Nessuna donna si presterebbe a tanta confusione e a tanta banalità, per parlare di un tema così importante. Angela Bianchini Alba De Cespedes

Luoghi citati: Germania, Inghilterra, Italia, Milano, Saluzzo, Virginia