Si spaventavano per «Rigoletto»

Si spaventavano per «Rigoletto» Gilda nel sacco era «immorale» per la censura ottocentesca Si spaventavano per «Rigoletto» Mario Lavagetto UN CASO Di CENSURA IL «RIGOLETTO» Il Formichiere, Milano 143 pagine, 5000 lire RIGOLETTO è, tra le opere di Verdi, quella che ha incontrato le più serie difficoltà di censura. Proibito a Parigi nel 1832, Le roi s'amuse di Hugo doveva urtare non meno la suscettibilità delle polizie italiane quando, musicalmente ricreato e sia pure smussato nelle sue punte politiche' dall'accorta e automatica censura preventiva del Piave, fu rappresentato prima a Venezia (VII marzo 1851), poi negli Stati Pontifici sotto il travestimento di Viscardello e nel Regno delle Due Sicilie come Clara di Perth e Lionello. E' notissimo il giudizio del Belli, nella sua qualità di censore teatrale, quando l'opera ■fvr-ripropostà a Roma: «Dal putrido dramma di Vittore Hugo, Le roi s'amuse, nel quale vengono in sozza gara di colpo il re di Francia Francesco I e il di lui buffone Triboulet, non potea generarsi che una fetida contraffattura qual è questa sconcezza del Viscardello*. E tuttavia il testo che il Belli aveva sott'occhió era già stato radicalmente moralizzato: il Duca — a quanto c'informa il Lavagetto — non vi appare più come un seduttore, ma come un amante fedele e del tutto libero da legami matrimoniali («... Ma sol una mi torna gradita, / lei sol amo e mia sposa sarà»;, l'incontro con Gilda non avviene in chiesa ma al parco e Maddalena, infine, è presentata come «una brava ragaz- za, disponibile allo scherzo, ma anche sostenuta da solidi principi». Donde resta fondamentalmente incomprensibile il cedimento da parte della Direzione della Fenice e della censura austriaca che, dopo aver bocciato in modo reciso il libretto del Piave, lo lasciano passare in extremis nella sua quasi totalità, accontentandosi che il non meglio identificato Duca di Mantova (ih sostituzione di Francesco I) non risultasse esplicitamente un Gonzaga. R Lavagetto, che, in questo saggio di elegantissima letteratura, ha ricostruito la vicenda censoria del Rigoletto giovandosi di una approfondita ricerca documentaria, deve infine invocare, per rendere plausibile quel cedimento, i «rischi economici derivanti da un contratto vincolante con l'impresa Lasina e destinato ad andare disatteso, se l'irremovibilità del compositore era definitiva». Ne consegue che le preoccupazioni economiche e contrattuali furono, a Venezia, preponderanti su quelle di moralità pubblica, sicché la stessa versione purgata, li duca di Vendome, con la quale il Piave cercò di venire incontro alle richieste della censura, si dimostrò inutile dopo la recisa opposizione di Verdi e finì sepolta negli archivi della Fenice; ma ciò nonostante il Lavagetto, descrivendo un compiuto qua-4 dro stmttwale delle istanze censorie sulla base dei rapporti di frizione tra il testo originario e i valori etici istituzionalizzati, dimostra come, secondo un accordo spontaneo e parallelo, il rifacimento del Piave, che pure rimase ignoto agli autori del Viscardello o della Clara di Perth, attuasse già le stesse misure di sicurezza che sarebbero poi state assunte negli altri testi censurati. Che non si volessero in scena né un libertino né una fanciulla^ disonorata né un'adescàtrice da osteria, e neppure elementi fatalistici come quello della maledizione (si ricordi che La maledizione avrebbe dovuto essere il primo titolo dell'opera), sono dunque richieste che s'intonano a un livello largamente recepito di moralità e di ortodossia religiosa. Più difficili da capire sono invece altre difficoltà frapposte dal censore: per citare la più significativa, quella del sacco in cui doveva essere chiuso il corpo pugnalato di Gilda. Nella lettera con la quale Verdi rifiutava il compromesso del Duca di Vendome, si legge: «Non capisco perché siasi tolto il sacco! Cosa importava del sacco alla polizia?». Ma bisogna ammettere a questo punto che l'azione esercitata dalla polizia non fosse solo di carattere morale, ma altresì estetico: nella misura in cui l'infrazione dei codici estetici acquisiti incideva suilivelli comuni di moralità. E infatti il registro realistico del Rigoletto — riscontrabile anche sul piano del linguaggio, così aperto alla dimensione ironica e idiomatica — era già di per sé, nei confronti della tradizione, troppo rivoluzionario perckétece^ùTfrtóTe-> stasse indifferente. t In un melodramma tragico non era mai apparsa finora una donna chiusa in un sacco: dunque il sacco era immorale. R Lavagetto, che si preoccupa soprattutto delle funzioni dei personaggi e della portata sociologico-strutturale di questo «caso di censura», tende à sottovalutare i «pedaggi che Verdi sporadicamente paga al verosimile» o (noi diremmo piuttosto) all'istanza realistica. E' invece ^probabile che le difficoltà incontrate.dal Rigoletto risiedessero anche nella sua stessa novità espressiva, laddove La traviata, scritta tutta in chiave perifrastica per neutralizzare il censore, riuscì, nonostante il tanto più grave scandalo dei contenuti, a passare più indisturbata. Luigi Baldacci Dalla copertina del primo libretto del «Rigoletto»

Luoghi citati: Mantova, Milano, Parigi, Roma, Venezia