Il pocket c'è, ma non si vede di Giorgio Calcagno

Il pocket c'è, ma non si vede Settimana del libro: esperti a consulto su mali, rimedi e prospettive del «tascabile» Il pocket c'è, ma non si vede COMO — Il libro economico c'è, per tutti; ma quasi nessuno lo vuole, n pubblico italiano, messo di fronte a due edizioni dello stesso libro, preferisce acquistare quella rilegata. L'editore considera il pocket come un bimbo nato infelice, che si tiene in famiglia per salvare i motivi di decenza, ma vergognandosene un po'. Il libraio sa che ci guadagna poco, e lo nasconde. I giornali lo ignorano. H lettore lo salta. Queste sono le tesi ufficiali, e tutti sonò pronti a convalidarle con una serie di esempi, anche autocritici Poi avviene che in Galleria, a Milano, i librai e gli editori allestiscano una mostra mercato con tutti i tascabili italiani; divisi per argomento, e salta fuori la sorpresa, n pubblico prende i banchi d'assalto, compra qualsiasi cosa, dal romanzo di attualità al saggio scientifico; in una sola giornata, domenica, si sono venduti libri per venti milioni. E allora? H dato di fatto contraddice le analisi a tavolino, il teorema non torna più; bisogna ridiscuterlo. .H convegno che si è svolto a Como, nell'ambito della Settimana nazionale del libro, per fare il punto sul tascabile, ha lasciato opinioni divise, è in qualche caso fieramente avverse; ma ha avuto il merito di mettere a fuoco una serie di verità, troppo a lungo rimosse. Il libro economico è la vera spia della lettura e, attraverso la lettura, della società italiana. Chi legge, in Italia? Secondo Leonardo Mondadori, unico ottimista in tutta l'as¬ semblea, il libro si troverebbe di fronte a una esplosione di domanda, e a una insufficienza di distribuzione. I lettori sono molti, e sarebbero assai di più. solo a saperli raggiungere, magari distribuendo i libri nelle tabaccherie, dopo aver conquistato le edicole e i grandi magazzini. «Trentatré milioni di italiani vivono in comuni dove non c'è una libreria», ha ricordato. Secondo Tonino Bozzi, di Genova, vicepresidente dell'Associazione librai, i lettori italiani leggono molto, anzi, moltissimo: ma sono sempre gli stessi. Ha cercato di spiegarsi con un paradosso. «Se H fucilasse il milione dei clienti più alti nei negozi di abbigliamento, l'industria tessile potrebbe sopravvivere. Se si fucilasse la stessa fascia di pubblico nelle gioiellerie, l'industria orafa avrebbe ancora un suo spazio, con la vendita delle fedi nuziali e delle catenine per battesimi. Ma se si fucilasse il milione di lettori che entrano in libreria, l'industria editoriale dovrebbe chiudere». n tascabile, che era stato lanciato, in Italia, per trovare nuovi lettori, in realtà sarebbe servito, finora, per dare più libri, in condizioni economiche più vantaggiose, a chi già leggeva. In qualche caso, come è trapelato al convegno di Como, avrebbe addirittura contribuito a restringere, anziché allargare, l'area dell'editoria. L'autore che chiede di uscire direttamente in economico — ha avvertito qualcuno — ottiene un successo immediato. E* il caso di Elsa Morante, di Testori. Ma chi ci garantisce che non avrebbe ottenuto lo stesso successo in edizione normale? n piccolo risparmio realizzato dal lettore che avrebbe letto comunque si converte in perdita moltiplicata per l'editore e per il libraio; e, in definitiva, pesa sull'industria del libro. . «H successo di un libro in It lui — ha ricordato Spagnol — è determinato dalla qualità intrinseca, dalla influenza della informazione, soprattutto dei grandi massmedia. Non dal prezzo. Radici ha venduto mezzo milione di copie nella edizione rilegata a 7000 lire. Negli Stati Uniti il pocket ha scoperto un mercato di massa, e ha condizionato la produzione letteraria. In Italia è rimasto il fratello minore del libro rilegato, che ha sempre più pubblico di lui». Leonardo Mondadori ha ricordato alcune cifre di vendita. «Lo squalo», nella edizione rilegata italiana, ha venduto 153 mila copie; negli Stati Uniti, in hard cover, poco di più, 243 mila. Ma il pocket americano dello stesso libro è andato a sette milioni di copie; quello italiano si è fermato a 43 mila. La differenza è ancora più macroscopica con «L'esorcista»: sul mercato italiano ha venduto 156 mila copie in rilega-. to e 92 mila in pocket. Su quello americano, 246 mila copie nella prima edizione e dodici milioni e mezzo nella seconda. Ogni editore potrebbe vantare tanti esempi analoghi, almeno per i libri di maggiore consumo, n librai hanno polemizzato con gli editori su molti punti: ma su questo sono stati tutti d'accordo. In simili condizioni, il pocket non viene incoraggiato da nessuno. Come è emerso dalla relazione di Evaldo Violo, direttore della Bur, le case editrici non contemplano, per i tascabili, alcun investimento pubblicitario. Li collocano sul mercato quasi segretamente, affidano la notizia della loro uscita ai listini di vendita per i librai, al risvolto di copertina del pocket precedente. Si conta, soprattutto, sulla buona volontà del lettore, che si muove in una foresta di silenzio, alla ricerca del fiore umile e per lui importante, soffocato nel sottobosco. «Nonostante quello che non si fa, certi titoli si vendono», ha avvertito Glauco Ameri, della Mondadori. «Sui 1500 Oscar ce ne sono almeno cinque o seicento che vanno, continuamente, in centinaia di copie ogni mese». Per i lettori pazienti, volonterosi, abili a destreggiarsi nei labirinti della distribuzione libraria, tanto da premiare le iniziative migliori. Ma il pubblico, alla fine, non aumenta. Perché? Ci sono jstate autocritiche, e scambi di accuse; le cause, vere, sono venu¬ te fuori. Perché si è prodotto troppo, e confusamente, con iniziative dannosamente concorrenziali. Perché non si è cercato un lettore nuovo. Perché si è insistito su una sola politica di best-seller, anziché cogliere il momento del grande lancio per inventare un catalogo di pocket. «Non siamo stati capaci a creare il Penguin italiano», ha detto Roberto Cerati, della Einaudi, con amarezza. «Nessuno ha fatto niente per aiutare il pubblico — ha sottolineato Oreste Del Buono —. Ci si è limitati a sfruttare il filone ricco fino a inaridirlo». E i tascabili, dopo i successi iniziali, si sono venuti accumulando sempre di più nei magazzini, creando costi aggiunti all'editore. «Propongo di bruciare le pile di tutti i libri giacenti», ha detto ancora Del Buono. . Fra chi proponeva di bruciare i libri, e chi di fucilare i lettori, erano in molti a battersi il petto, nella sala del convegno. Ma qualche proposta costruttiva è partita. «Diminuite il numero dei titoli, e alzate le tirature, in modo da consentire anche un po' di pubblicità», ha chiesto agli editori Giorgio Borghello, rappresentante dei librai milanesi. «Curate con attenzione la bibliografia, anche nei pocket — ha suggerito una librala di Como —, il lettore che ha comprato uwlibro all'edicola della stazione, ver' rà in libreria a cercare gli altri dello stesso autore, o detto stesso argomento». La proposta più utile Veniva dallo stesso ambiente dove si svolgeva il convegno, la biblioteca civica di Como. Con un po' di buon lavoro, e una promozione energica, questo centro distribuisce oggi oltre centomila libri ogni anno, in una città di ottantamila abitanti. I risultati si vedono fuori, per le strade. Tutti sanno dov'è la biblioteca; e si trova una libreria ogni pochi passi, «A noi sta bene se vanno a chiedere i libri in prestito — ci ha detto una libraia — Poi verranno tutti da noU. E se fosse proprio questa la strada da battere? Se, oltre il milione di lettori da non fucilare, ce ne fossero tanti altri, che bisogna soltanto raggiungere? (Fra i libri più sfogliati, nella sala della biblioteca, c'erano i saggi in edizione economica, passati per le mani di chissà quanti lettori, con i margini strappati, le copertine ingiallite: e letti davvero). Giorgio Calcagno