Sperling & Kupfer: due vite da Zweig a «Olocausto»
Sperling & Kupfer: due vite da Zweig a «Olocausto» Ottant'anni (e nuovi progetti) della casa milanese Sperling & Kupfer: due vite da Zweig a «Olocausto» MILANO — La Sperling & Kupfer compie ottant'anni e in un Paese come il nostro, con una industria editoriale abbastanza recente, è un fatto di particolare rilievo. Fondata nel 1899 dà Heinrich Otto Sperling, editore e libraio di Stoccarda, doveva essere essenzialmente una succursale per diffondere le opere tecnico-scientifiche pubblicate dalla casa madre. Ma, soprattutto per merito di Richard Kupfer, ventenne impiegato e poi socio dell'editore, la casa potè avviare, fin dai primi anni del Novecento, un programma autonomo, costituito da una serie di dizionari e di testi scientifici e dalla traduzione italiana di romanzi tedeschi e nordeuropei. Fra la fine del 1920 e i primi anni del '30, si pubblicarono le opere di Thomas Mann, Stefan Zweig, Hermann Hesse. Nell'Italia del tempo, che respirava una greve aria umbertina, la Sperling' & Kupfer impose un modo nuovo di fare e di diffondere il libro. Creò una rete di rappresentanti per la vendita diretta, anche rateale. Il prestigio della Casa crebbe rapidamente e fu tale da valerle il riconoscimento di «libraio di sua maestà la regina madre». Lo sviluppo della Sperling & Kupfer, malgrado due distruzioni totali nel '15 e nel '43, fu progressivo. Si arrestò nel 1946, quando a capo dell'impresa giunse Carlo Alberto De Michelis. Non era un editore. Attento più ai problemi amministrativi che a quelli produttivi, De Michelis non arricchì il catalogo — che comprendeva anche una famosissima Enciclopedia bancaria — piuttosto impoverì la gran riserva di autori creata da Richard Kupfer e da Harry Bete che ne fu il successore. Cedette molti scrittori fra cui, ed è il caso più clamoroso, Stefan Zweig. De Michelis, dice Tiziano Maria Barbieri, oggi alla guida della casa editrice, «sostenne una sola iniziativa, la collana dei manuali sportivi, condotta col giornalista Bruno Roghi e giunta oggi al novantesimo titolo». Il declino è stato inarrestabile fino al 72, quando Barbieri, allora funzionario della Longanesi, acquistò la casa editrice. «Eravamo un gruppo di amici, ricorda Barbieri, abbiamo investito pochi soldi a testa. Eravamo di fronte a un'altènativa. Con quel denaro potevamo pubblicare l'autobiografia di Enzo Ferrari o comprare la Sperling & Kupfer. A un successo immediato, preferimmo una casa editrice vecchia di 70 anni e con un marchio di assoluto rispetto». Cominciò una fase nuova, difficile ma appassionante. «Dovevamo far dimenticare 25. anni di buio e riportare la casa all'anticosplendore», dice Barbieri. Pubblicarono il libro Non sotto il cavolo di Binder e Keller, «col quale volevamo dire che la Sperling stava cambiando, poi fu la volta de n soldato dimenticato, oggi all'ottava ristampa: era un libro contro la guerra, acquistato da Laff ont per pochi soldi e diventato indiscutibilmente un best seller. Ma il grande salto si è avuto col Dizionario in cinque lingue di Giuseppe Alberto Orefice, che conta 22 edizioni mondiali». Barbieri ha impostato il rilancio della Sperling su un programma preciso che comprende il libro d'azione, d'attualità, le storie vissute. In quest'ambito Tabù è il caso più clamoroso; è il racconto di un sopravvissuto a un disastro aereo nutritosi coi corpi dei. compagni morti. Non meno robusto, sulla falsariga della narrativa «popolare», è stato il successo di Olocausto e del Triangolo maledetto delle Bermude. E ci sono anche le opere collegate con trasmissioni televisive o prodotti cinematografici, valga per tutti il «fenomeno Furia». L'acquisizione dei titoli ad alta tiratura avviene mediante le agenzie, Linder in testa, e andando a cercare direttamente quegli autori non ancora affermati ma che potrebbero diventare dei «casi». «Noi non partecipiamo alle aste, dice Barbieri. Le ritengo folli e sono oltretutto un trabocchetto usato dagli agenti per mettere gli editori uno contro l'altro e alzare i prezzi. H giòco riesce. Basti dire che oggi superiamo la media degli anticipi pagati in Francia, dove i lettori sono molto più numerosi che in Italia. Noi abbiamo partecipato a una sola asta, ma per difendere una nostra autrice, Judith Krantz, di cui stiamo per pubblicare Scrupoli. Purtroppo l'abbiamo perduta. La nostra strategia consiste nel conquistare all'estero quei best sellers che ancora best seller non sono». Quando Barbieri acquistò la casa editrice, si trovava dinanzi a un fatturato lordo di 20 milioni. Oggi il volume d'affari raggiunge i quattro miliardi. Hanno contribuito al successo l'attenzione rivolta ai gusti del grande pubblico e, alla fine del '75, l'entrata di Nicola Carraro, cugino dei giovani Rizzoli. «Con lui, dice Barbieri, si sono mosse molte cose, c'è stato un vero salto di potere che ha permesso di avere autori importanti». Nel luglio del 78, Carraro ha portato Angelo Rizzoli, che ha acquistato il cinquanta per cento delle azioni. «Era inevitabile che si arrivasse a questo, spiega Barbieri. Rizzoli ha favorito lo sviluppo della struttura commerciale, ma le scelte editoriali sono rimaste nelle nostre mani». Osvaldo Guerrieri Heinrich O. Sperling
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