Solo i versi fuggono dai Gulag di Castro

Solo i versi fuggono dai Gulag di Castro Pubblicati in Francia i poemi del prigioniero politico cubano Armando Valladares Solo i versi fuggono dai Gulag di Castro P ARIGI — «... Sòn quasi un albero / ma un albero triste /... inchiodato sulla mia sedia a rotelle / con l'impotenza di un albero / dalle radici profonde / posso allargare le braccia /jna non andare lungo i sentieri / della foresta che mi chiama...». Questi versjl fanno parte di una raccolta di poemi scritti in carcere da Armando Valladares, prigioniero politico cubano. La moglie riuscì a farli passare clandestinamente all'estero, dove sono stati pubblicati prima negli Stati Uniti, poi in Svezia. Ora sono usciti anche in Francia da Grasset, preceduti da una ampia e do- cumentata introduzione di Pierre Golendorf, seguiti da un'appassionata «post-face» di Leonid Pliutch. Valladares, che aveva combattuto contro il dittatore Batista insieme a Castro, aveva 23 anni ed era studente in legge quando venne arrestato nel 1960 come controrivoluzionario, e condannato a-3G° anni di lavori forzati. Oggi ne ha 42. E' diventato invalido e condivide con altri invalidi una cella angusta, senza finestre, ai «Com^-In^o usi —~:à», la nuova prigione dell'Avana. Golendorf, francese, iscritto al PCF dal 1947, era andato a Cuba per scrivere un libro sulla rivoluzione castrista. Ar- restato nel 1971 come suppo- sto agente della CIA, è stato condannato a 10 anni: ma ha avuto fortuna, poiché venne rilasciato dopo soli 38 mesi. Nel carcere della Cabana aveva conosciuto Valladares: parlavano insieme girando/ in tondo nel cortile come pazzi del manicomio di SaintRemy, dipinti da Van Gogh. Pliutch, come tutti sanno, è stato espulso dall'URSS dopo anni trascorsi fra un ospedale psichiatrico è' la prigione di Vladimir. Le testimonianze di questi tre uomini van lette trappunto, perché m consi illuminano a vicenda. Sono tre voci che gridano nel deserto, perché Cuba — e nello stesso modo il .Vietnam — rappresentano dei miti a cui abbiamo creduto in Occidente, e che ci costa demolire. Ciononostante oggi a Parigi escono contemporaneamente un libro sul Gulag di Cuba e uno sul Gulag del Vietnam: il primo è forse uno dei più terribili del mondo. Quanti sono i prigionieri poMci ft Cuba? Non fétm mai più di 15.000, oggi devo- no restarne 2 o 3000, ha dichiarato Castro in un'intervista recente. Golendorf sostiene invece che sono tuttora almeno 20.000 (per 9 milioni d'abitanti!), ripartiti fra 23 carceri e 56 campi di lavoro forzato, senza contare i «Frentes abiertos» o cantieri itineranti, dove si gode di un regime di semi-libertà. Prigionieri-cavie Il sistema penitenziario è imperniato su un «piano di riabilitazione» attraverso iì lavoro (da 12 a 15 ore al gior- no di lavoro forzato). I politi ci sono divisi in tre categorie: i docili, detti «Azuls» perché portano la divisa azzurra dei detenuti di diritto comune e sono ad essi equiparati; i recalcitranti o «Amarillos», distinti da una divisa gialla; gli irriducibili, circa 3000, chiamati «Calzoncillos», perché rifiutandosi di lavorare sono costretti a restare in mutande. Valladares è appunto un «calzoncillo». Proviene dai ranghi di un movimento pro¬ gressista, il Movimento del 26 luglio, ma è cattolico e anti comunista. Le autorità carce rarie hanno cercato di co- stringerlo a rinnegare le sue convinzioni privandolo di viveri per 46 giorni: a seguito di questo digiuno forzato, nel 1974, ha perso l'uso delle gambe. Gli hanno rifiutato l'assistenza medica: da allora è inchiodato su una seggiola a rotelle. E' diventato poeta in carcere. Di carceri ne ha conosciuti tanti in 19 anni: come quello della terribile Isola dei Pini, dove i guardiani portavano sempre la spada appesa a un polso, e per qualsiasi pretesto sciabolavano i prigionieri. Valladares descrive queste sue prigioni in versi crudi e semplici, ma la visione è dantesca. Celle superaffollate, senza aria, senz'acqua, arroventate dal sole. I prigionieri hanno la diarrea. Gli escrementi si accumulano per terra e brulicano di vermi. I detenuti hanno diritto a 900 calorie al giorno: solo idrati di carbonio. La mancanza di vitamine e proteine li fa gonfiare come rospi: si gonfiano le gambe, i testicoli e l'addome. A Boniato gli psicologi del. dipartimento penale e dei medici russi interrogano i prigionieri, per studiare gli effetti del sistema penitenziario. Vogliono sapere quando si sentono un po' meglio e quando peggio, se perdono la memoria, se pensano alla famiglia, cosa sognano. Non danno medicine, ma fanno un prelievo di sangue per le loro esperienze. Talvolta, senza motivo, i soldati di guardia irrompono nelle celle: picchiano o sparano. Come un'allucinante litania si svolge il racconto del massacro: «... Gerardo era un prigioniero politico cubano / predicatore della Bibbia e della speranza / aveva un pezzo di cielo fra le mani / e negli occhi un poco di sole / ... levò gli occhi all'invisibile cielo indifferente / perdona loro, Signore, perché non sanno quello che fanno! / e il tenente Perez De La Rosa / vuotò il caricatore del suo fucile sovietico / sul corpo famelico / ... Enrique si chinò per soccorrerlo / cadde riverso su di lui, crivellato / nove fiamme lampeggiarono trapassando il suo corpo / loro continuarono a sparare per divertimento...». E il massacro continua, il ritmo si accelera: «... Sfondano i crani / finiscono il lavoro a suon di calci / impugnano le armi per le canne / fracassano le teste / l'hanno fatto a Evelio Martinez / ... trafiggono le natiche è le cosce / perforano la vescica / strappano i testicoli / l'hanno fatto a Roberto Martin Perez. / Gli invalidi furono strappati dalle sedie a rotelle / e trascinati per le gambe / le teste insanguinate / sbattevano sui gradini / l'hanno fatto a Liuva Del Toro e a Pascasio...». Passano altre ombre: quella di Roberto Lopez Chavez, assalito dai sorci quand'era in agonia, ma i suoi occhi morti si sono «riempiti di violette»; quella di Diosdado Aquit Manrique, colpito alle spalle, mentre inseguiva il suo cappello che era volato via: «Tramontò insieme al sole / come se la terra l'avesse atteso/gli uccelli smisero di cantare». - - Vibra nei versi il terrore «ineffabile, ancestrale, animale, alienante» che d'un tratto agghiaccia il sangue del prigioniero all'idea che possano tagliargli le mani a colpi d'accetta, come hanno mutilato Eduardo Capote. Mi ammazzeranno Eppure, nel suo inferno, il poeta vuol aggrapparsi alla vita: «Con un ardore angosciato / cerco di preservare / il mio potere d'emozione / fissando l'azzurro del cielo / solcato da rondini...». All'immagine della vecchia madre,, che non ha visto da sette anni: «Ti vedrò di nuovo / ma non potrò più come prima / attenderti in piedi per abbracciarti / sarò sulla mia sedia di paralitico / ma non essere triste / pensa che porterò / per te / una rosa rossa sul petto...». Al grande affetto per la moglie: «Chiudo gli occhi / allora il sole / la gioia e l'amore m'invadono / e le mie inferriate fioriscono di tenerezza / perché ci sei tu...». Altre volte però, e lo confida in una lettera pervenuta clandestinamente a Pier Rasmussen, del gruppo svedese di «Amnesty International», Valladares ha la certezza di morire assassinato in carcere: «Un giorno riceverete la notizia della mia morte. Sappiate che ho sempre presentito questa fine. Ma non mi spaventa: credo in un'altra vita, laverà vita, e se morirò difendendo i princìpi cristiani avrò la gloria eterna». Lo preoccupa però l'idea che la sua testimonianza che — lo giura sul Cristo — è «totalmente e rigorosamente esatta» non venga accolta. Perché si è così reticenti a . pubblicare i suoi poemi nei Paesi liberi, insiste in una lettera? «Se fossero scritti da un , prigioniero comunista cileno o uruguaiano» gli editori non esiterebbero tanto. Il mondo intero si è indignato quando la polizia di Pinochet ha tagliato le mani a un violinista cileno, perché nessuno ha fiatato quando hanno mozzato le mani al cubano Eduardo Capote? Perché non si parla — o così poco — sulla stampa occidentale di Martha Frayde, ginecologa, resistente contro Batista, elevata poi da Castro ai più alti incarichi, che quanti conobbero a Cuba o a Parigi, dove fu dal 1962 al 1964 delegata aU'Unesco, descrivono come una donna di eccezionali doti professionali e morali; Martha Frayde che per aver criticato la svolta autoritaria a Cuba, fu poi arrestata nel 1976, a 55 anni, e condannata a 29 anni di prigione? Perché, risponde Pliutch, le note deU'«Iternazionale» soffocano le grida dei torturati cubani. Ma il «Modello Sovietico» del Gulag ha fatto scandalo: perché non lo stesso modello esportato all'Avana, nonostante sia stato condannato dalla Commissione Internazionale dei Diritti dell'Uomo, denunciato da Amnesty International? Il confronto, . sottolinea sempre Pliutch, è semmai favorevole all'Unione Sovietica: oggi nelle carceri dell'URSS le sevizie fisiche sono diventate rare, ed eventualmente sono affidate ai prigionieri di diritto comune, perché i guardiani non vogliono aver le mani sporche; oggi, nella prigione di Vladimir, i politici hanno diritto a giorni alterni a 1300 calorie, e 900 l'indomani. Ma se delle atrocità cubane si preferisce non parlare è perché Cuba rappresenta sempre «l'isola della Libertà, leggendaria, . carnevalesca, giovane, la Cuba dì Hemingway é di Guevara», la speranza intravista nel 1959 di un socialismo dal volto umano: per questo, nei ranghi progressisti, è ritenuto «sconveniente» emettere giudizi negativi. Eppure tutte le dittature si equivalgono. «Il comunismo, sostiene il poeta, è una dittatura simile a quella di Batista che abbiamo combattuta, come il Poio Nord è simile al Polo Sud, pur essendo situato agli antipodi». Però sorto Batista l'opposizione esisteva, oggi è tutta in prigione, o comunque imbavagliata. C'è un'opposizione Se un embrione di dissidenza organizzata fra gli intellettuali è esistito a Cuba negli Anni Sessanta, precisa Golendorf, essa fu stroncata in seguito all'«Affare Padilla», quel poeta un po' frondista, benché consacrato, che fu arrestato nel 1971 e poi rimesso in libertà dopo soli 28 giorni di carcere, avendo fatto una pesante autocritica, in cui metteva in causa gli altri scrittori contestatari. Oggi, che si sappia, gli oppositori che non sono in prigione sono tutti in esilio, dispersi fra gli Stati Uniti e l'Europa. E' un'opposizione eterogenea, in cui si trovano elementi di' origine sociale molto diversa, reazionari e progressisti, . un'opposizione divisa e, perciò, impotente, e sospetta a priori di essere controrivoluzionaria. La dissidenza pura e dura probabilmente può forgiarsi solo nel gulag, che — dice Valladares — «Rende il pensiero adulto». Ci vorrà forse ancora molto tempo perché emerga: sono occorsi cinquantanni alla dissidenza russa per affermarsi e far sentire la sua voce. «H gulag non rende la gente né più saggia, né più onesta, né migliore. Ma se un uo mo è profondamente onesto, buono, intelligente, potrà sviluppare le sue qualità profonde e diventare meno permeabile alla menzógna. In queste senso — conclude Pliutch — si può parlare di un nuove pensiero che sta nascendo nei V***' Elena Guicciardi