La voce di Bigongiari parla ed è parlata

La voce di Bigongiari parla ed è parlata La voce di Bigongiari parla ed è parlata Piero Bigongiarì MOSES Mondadori, Milano 250 pagine, 8000 lire Silvio Ramat INVITO ALLA LETTURA di BIGONGIARÌ Mursia, Milano 173 pagine, 2500 lire DAL gennaio del 1972, quando nello «Specchio» di Mondadori uscì Antimateria, quinta raccolta poetica di Piero Bigongiarì, mi cantano nella mente certi suoi versi che così tipicamente rappresentano il tono, il timbro, l'importanza della sua voce: «L'az- zurro, la petraia, l'amore impercorribile...». Sono accenti che porrei accanto ai migliori di Char, di Bonnefoy, di Deguy: la francese è infatti una sua area di privilegio anche se alcune fra le più sensibili radici di Bigongiari sono riscontrabili nella temperie fiorentino-ermetica degli Anni Quaranta che lo videro protagonista. Una poesia del negativo, poteva sembrare a prima vista, la raffinata stele innalzata dall'uomo sul deserto, sull'ultima spiaggia cui l'ha condotto una civiltà stremata per troppa raffinatezza. Ma il tono accorato e spoglio, la calibratissima misura e la strenua eleganza del dettato non contenevano messaggi spediti da qualche superstite torre d'avorio. Ne facevano fede certi nomi di tragica risonanza (Jan Palach, la pietra di Hiroshima, le foreste del Vietnam, defoliate «perché i Vietcong non possono nascondervisi / ma nemmeno possano avanzarvi / foreste semoventi incontro a Macbeth». Ora abbiamo fra le mani l'ultima preziosa opera di Bigongiari, Moses, sempre dello «Specchio» di Mondadori, che comprende versi fino al 77, un denso volume di 250 pagine dove — com'era da prevedersi avendo da tempo avvertito il respiro profondo di questo dettato poetico e come annunciava sette anni fa il poeta stesso — to «voce che parla, ed è parlata» cresce fino a sfiorare (ora a inglobare) la misura e il movimento del poema. Sì, Moses è un poema molto vicino alla vastità ispirata di Saint-John Perse, dove altresì echeggiano, in chiave contemporanea, certe eroiche ambizioni alla Lecomte de l'Isle. Ma un poema «in frammenti», com'è specificato nel sottotitolo, che supera l'io lirico ponendolo in controcanto o in dialettica opposizione - identificazione con l'«io amoroso» (ne nasce un suggestivo effetto di coro greco) mentre la storia personale s'interseca con la «storia degli altri», «sullo sfondo della storia totale». Il panorama è ampio e mosso, la prosodia abbandona il dettato più scarno delle prime fasi di Bigongiari per farsi, in armonia con il titolo, con il suo emblematico personaggio, versetto biblico che supera la misura della riga («colpa o innocenza, non so, se altre mire / costituiscono il circolo che perfetto nelle sue spire contiene la tua scelta »J. Il viaggio percorre tempi e spazi diversi, da certi emblemi JLel centro-Italia (le «novantànove cannelle», il quartiere di Santa Croce dove al poeta nasce un implicito dialogo con Montale) fino a Manhattan, alla Grecia, a Israele, borghi medioevali e moderne città tentacolari in sapidi e significanti accostamenti ricchi di un senso «storico, metastorico ed esistenziale». Si può, certo, ma sarebbe una mutilazione, conoscere il Bigongiarì poeta scisso dalle sue molte pagine teoretiche, di poetica e di autocommento (si vedano al proposito 237-240). La sua opera non è facile da definire e da enucleare: comunque non secondo «temi», parola che egli respinge, «riferimenti tipici del dilettante» che teme di essere solo con se stesso, necessita di un filo d'Arianna visibile nella propria e altrui interiorità e si tiene stretto aZ!'«usanza mondana» di fronte al perìcolo «dell'esulo, di un'inquietudi- ne finalmente spirituale». Necessitano altre coordinate molto più agili e sensibili. È allora per muoversi e riconoscersi nei meandri di un'opera che ormai s'impo-. ne, con grande autorevolezza e fascino, nel panorama della poesia del Novecento, ecco l'illuminante Invito alla poesia di Piero Bigongiari che Silvio Ramat pubblica da Mursia. Difficile sarà, anche negli anni prossimi, aggiungere qualcosa a queste 170 pagine dove il giovane crìtico fiorentino — sagace storico dell'Italia poetica del nostro secolo e c'erto il crìtico più congeniale che Bigongiarì potesse augurarsi e anzi «allevare» —ci guida attraverso le fasi, le svolte e i multipli significati di questa poesia, ultima, cosciente e perfetta incarnazione della baudelairiana esigenza della sintesi poeta-crìtico. L'opera esegetica di Silvio Ramat ripercorre la bibliografia crìtica di Bigongiarì sullo sfondo dei problemi italiani e internazionali della poesia del Novecento.e sovente si apre in originali intuizioni che inquadrano in nuova luce questa poesia di alta intelligenza. Intuizioni e vere e proprie invenzioni crìtiche ora riscontrabili soprattutto, è naturale* nella parte che riguarda proprio Moses, per il quale Ramat ha lavorato sul manoscritto e che quindi ne hanno costituito il primo commento in assoluto. Si vedano, fra numerose altre scoperte e riferìrnenti, l'interessante linea di sviluppo dalla «scrittura» alla «dizione», l'interpretazione dimorfismo» e la richiamata attenzione sulla piena rispondenza-specularità fra il momento fantastico e queUorìflessivq^ Maria Luisa Spaziani

Luoghi citati: Grecia, Hiroshima, Israele, Italia, Milano, Montale, Santa Croce, Vietnam