C'è in giro una nuova ragione

C'è in giro una nuova ragione Contributi sui più avanzati modelli di conoscenza C'è in giro una nuova ragione Autori Vari CRISI DELLA RAGIONE a cura d Aldo Garganl Einaudi, Torino 386 pagine, 12.000 lire OPERA assai ambiziosa, questa raccolta di saggi di vari autori impegnati ad esaminare la «Crisi della ragione», vale a dire il crollo di un certo tipo di ragione, e di scienza, giunte quasi intatte fino ad Ottocento inoltrato, e il nascere al loro posto di «nuovi modelli nel rapporto tra sapere e attività umane», come viene precisato nel sottotitolo. ' C'è anzi da chiedersi se tosse lecito sperare di racchiudere una materia cosi vasta nell'ambito di un unico volume, seppure denso e succoso. Per affrontare con qualche possibilità di successo un simile compito non sarebbe di trop. po là misura di un'intera Enciclopedia, disposta a surrogare la sua celebre progenitrice illuminista. Si sa del resto che l'editore Einaudi ci si sta provando in altra più ambiziosa, e congniamente estesa, iniziativa... Inoltre, visto che tutti i col. laboratori della raccolta sono d'accordo, ed è questo un punto a favore del libro, nel ritenere che le nuove forme di razionalità partorite dal nostro tempo non risultano inferiori a quelle del passato, perché continuare a sbandierare un concetto-termine in fine dei conti imbevute di ne- 6invita come quello di crisi? na crisi che si prolungherebbe dà un secolo abbondante, non è ormai un po' troppo? Apre la sfilata dei contributi il saggio di Aldo Garganl, che è anche il coordinatore del volume; e certe vi sono posti con molta lucidità i limiti storici delle vecchie forme di razionalità che avevano deminato nel corso di tutta l'Età «moderna»: la fisica galileiana e newtoniana. Le «idee chiare e distinte» del cartesianesimo, lo scientismo positivista. E sono indi¬ cati con altrettanta precisione alcuni dei parametri che, tra la fine del secolo scorso e gli inizi del nostro, hanno mutato un tale quadrò; ma appunto, e inevitabilmente, soltanto «alcuni», e cioè per la precisione l'empiriocriticismo di Mach e la teoria della relatività di Einstein; non manca qualche volenterosa escursione fuori dell'ambito dell'epistemologia, per esempio verso la letteratura, con citazioni di Musi! e Gadda; ma tanti altri sarebbero i parametri da aggiungete per amore dì completezza e fedeltà di rendiconto storico. v Forse il contributo che risponde meglio a un tale compite storico è quello conclusivo di Cado Augusto Viano, che fra l'altro ha il merito di partire da quei filosofiche effettivamente ruppero con la razionalità positivista, i troppo spesso oggi dimenticati Boutroux, Bergson, W. James, ecc. Ma perché riproporli all'insegna dell'«eclìsse della Ragione»? Valgono le osservazioni che facevamo per il concetto di crisi: i tempi sono ormai maturi per voltare al positivo tutte quante riguardai passi verso una nuova razionalità, che non potevano non prendere l'avvio dalla distruzione preventiva delle vecchie terme. Uno dei saggi più risoluti e decisi è quello di Carlo Ginzburg, che rivendica la specificità delle scienze umane rispetto a quelle fisico-matematiche (scienze della qualità te prime, contro SI carattere quantitativo tipico delle seconde). La difesa delia qualità vuol poi dire difesa di metodologie fluide e articolate, ricche di molte variabili, che sono caratteri a definire i quali Ginzburg non arretra neppure davanti al rischio di valersi di un concetto pur apparentemente pericoloso e compromesso come quello di intuizione, precisando però subite che, almeno secondo la sua proposta, .deve trattarsi di un'intuizione «bassa», senza alcun connotate metafisico o di fuga verticale, nutrita invece di pratica e di esperienze concrete. . _ Non si può peraltro consentire appieno con lui nella costituzione di un'unica famiglia metodologica che raccoglierebbe quanti, ih vari campi e in varie occasioni, si sarebbero attenuti a un «paradigma indiziario», alla raccolta cioè di indizi minori e marginali: una tecnica degli scarti, quasi dei rifiuti, che passerebbe intatta dalle mani di uno storico dell'arte còme Morelli fino al Freud dei sin- tomi e perfino, aggiunge maliziosamente Ginzburg, al Conan Doyle inventore di Sherlock Holmes. Ma temiamo che a questa maniera si getti un ponte fra ragioni vecchie e ragioni nuove. Infatti, c'è modo e modo di raccogliere gli scarti: o, con mentalità ancora positivista, ciò consente di rafforzare un quadro di classificazioni statiche (un'impresa di tassomania); o, all'opposto, come avviene nel caso di Freud, è l'apertura al diverso, l'attenzione al date imprevisto che rompe il quadro e introduce una logica a più valori. Validi intrinsecamente, ma troppo limitati e'parziali, se commisurati agli intenti del volume, i contributi di Giulio Lepschy e di Francesco Orlandò. Il primo avrebbe dovute svolgere il capitelo enorme degli apporti a una nuova razionalità provenuti dalla linguistica: enormi, se solo si pensa allo strutturalismo di Saussure, o al positivismo lo-: gico di Hjelmslev, e così via. Non basta quindi soffermarsi, pur con molta penetrazione, . sull'unico caso di Chomsky. Cosi come Orlando svolge un capitelo fondamentale come quello dei rapporti tra psicanalisi freudiana e critica letteraria limitandosi ad una applicazione alle «Lettere persiane» di Montesquieu. Vero è che lo s tedioso ci aveva già dato in precedenza molti altri saggi di letture incisive nella stessa direzione, e quindi al presente appunta- : mento forse è giunto un po' scarico. Ma si riconferma così, per la parzialità di alcuni ^interventi, il tetto che quest'opera «manca» nel complesso il suo fine di Enciclopedia sistematica, anche se soloinnuce. Più esauriente l'analisi che del freudismo viene da Franco Reila, che esamina pure l'appendice lacaniana, Mentre anche il capitelo steso da Remo Bodei insiste su una chiave analoga: sul fatte cioè che il concetto di ragione, oggi non è mutate soltanto intrmsecamente, negli strumenti che vengono proposti in sé e per sé, ma anche nella diversa attenzione e valutazione che si fa del conteste in cui i vari strumenti razionali vengono assunti, e del livello di pubblico cui sono destinati: è la fine, insomma, di una razionalità astratta e universale, cui subentrano forme razionali che sanno di dover essere sempre «in situazione». ★ * Acute e divertito il contributo di Salvatore Veca su un tema molte specifico, la Teoria dei Giochi, il che tuttavia riapre la questione di una certa mancanza di omogeneità tra i vari saggi, perfino nella loro lunghezza, incerti come sono tra l'intensità problematica e l'estensione informativa. Infine, i saggi di Vittorio Strada e di Nicola Badaloni affrontano il pùnte cruciale dei rapporti col marxismo: ultima tappa di una vecchia razionalità finalista, universalista, totalizzante, o primo accesso alle nuove vie, consapevoli dei fondamenti materiali e del carattere operativo di ogni ricerca? Entrambi gli studiosi sono ben lontani dalle fiducie dogmatiche di altri tempi, e anzi vivono in pieno la crisi del marxismo: Vittorio Strada in modi addirittura drammatici e passionali, Badaloni con aperture più caute e oculate a tutte le nuove metodologie. Eppure resta in loro un di- " sturbante fideismo iniziale, o finale: il problema cioè, ai loro occhi, è pur sempre quello di rispondere al quesito: il marxismo ce la fa ad essere all'altezza dei nuovi tempi? Di qui il loro sforzo di adattarlo, di sottoporlo a sollecitazioni elàstiche, e d'altra parte la prontezza a tagliare i rami secchi Ma rinterrogativo è forse da capovolgere, nell'interesse di tutti: che cosa i nostri tempi, ovvero le nuove forme di razionalità hanno da ricavare dal marxismo? Dove quello ». che conta, il soggetto, è appunto la nuova razionalità, e '• fi marxismo diviene non già un fine da affermare malgrado tutte, ma un mezzo, uno strumento da valutare alla pari con gli altri. Renato Barili! Seguendo le orme della natura, daWAtàlantaFugiens di Maier

Luoghi citati: Ottocento, Torino