Sklovskij: «Ma in Italia esiste la censura?» di Renato Minore

Sklovskij: «Ma in Italia esiste la censura?» Incontro con il grande scrittore russo, a 87 anni, travolto dal traffico di Roma Sklovskij: «Ma in Italia esiste la censura?» ROMA — Viktor Sklovskij è capitato a Roma in una giornata davvero invivibile, da apocalisse. Il traffico è bloccato da ore, la manifestazione dei metalmeccanici Ita bucato la città: per raggiungere il suo albergo proprio dietro la quiete di Villa Torlonia che oggi sembra più anacronistica che mai, ha dovuto zigzagare in maniera incredibile. Il caldo è sciroccoso, di quelli •romani» che tagliano ogni volontà. «Ma è sempre cosi l'ottobre qui a Roma?», mi chiede appena arrivato. Lui ricorda un'Italia tanto diversa, la Certaldo •piccola e luminosa» del suo ultimo viaggio (ne ha fatto finora, nel nostro paese, sei o sette, non sa dirlo con precisione), quando qualche anno fa fu festeggiato in occasione di un centenario boccacciano. Da poco è sorto il problema di come raggiungere Cosenza, dove gli verrà consegnato il Premio Verrina-Lorenzon per il suo Tolstoj, la ponderosa biografia pubblicata lo scorso anno presso II Saggiatore. Il traffico aereo è bloccato, il treno none consigliabile. La piccola troupe che gestisce il suo soggiorno romano (l'interprete, Serena Vitale, Giovanni Roboni) è in panne. Si ripiega per l'au. to, ma bisogna trovarne una. Finalmente la si trova: Sklovskij e sua moglie Serafino,' che lo segue amorevolmente e amorevolmente lo ascolta quando paria, dovranno partire tra un'ora. Il tempo dell'intervista si è contratto ih una frettolosa •colazione di lavoro». Che dire, cosa chiedere in un'ora scarsa al padre deU'Opojaz, al •testimone di un'epoca» a colui che è statò amico di Majàkovskij, di Chlebnikov, di Esenin? In trattoria, Sklovskij mi è accanto, guarda con aria ironica e paziente, molto molto curiosa. Appena seduto ha recuperato il controllo della situazione che gli sfugge quando deve spostarsi: a 87 anni camminare gli è diventato un'impresa difficile, c'è sempre bisogno di qualcuno che l'aiuti. Ma ora, a tavola, è un grande vecchio vitale e lucidissimo, con sprazzi di ironia, di paradosso, con tanti ricordi. Quando parla, è fluente, inesauribile, le associazioni fulminee mettono a dura prova l'interprete. Chiede una birra italiana e, poi, gli spaghetti. Si commenta la notizia del giorno, l'ultima del procuratore Bartolomei, il sequestro della Vita interiore. Ma «allora in Italia esiste la censura, non è -vero che non «siste?», dice divertito. Moravia non l'ha mai conosciuto di persona, ma lo ha letto con attenzione. Soprattutto Gii indifferenti, uh gran bel libro •duro, di osso*. Conosce¬ va, invece, Pasolini e, proprio questa mattina, ha deliziato Enzo Siciliano raccon-. tandoglì il loro primo incontro. Lui, SkiovsKif, si trovava in una trattoria romana quando è stato avvicinato da un signore alto e distinto ili quale gli ha chiesto se fòsse proprio l'autore del Viaggio : sentimentale, di Teorìa della prosa, Alla risposta affermativa, l'uomo si è presentato, era Pier Paolo, gli ha detto con molta naturalezza: «Ho appena lasciato Majakovskij che mi ha parlato a Tango di lei». Sembra un aneddoto, è storia vera. Ma non era soltanto Pasolini a conoscere Sklovskij: anche lo scrittore russo conosceva 10 scrittore italiano, aveva visto i suoi film. Soprattutto 11 Vangelo: «Uno splendido film che ha saputo trattare con tanta libertà di visione una materia così difficile come quella evangelica». Un altro regista italiano che stima molto è Michelangelo Antonioni. E gli piace soprattutto Blow-up, un «capolavoro che amerei rivede¬ re». Perché? Per la sua struttura anomala, da falso thrilling. In Agatha Christie il delitto parte dal fatto che esistono i trasgressori, la trasgressione è di tutti, «contagia tutti, dilaga ovunque». In Antonioni è diverso: «n delitto non appare e non c'è bisogno né di trasgressione né di trasgressori». La struttura narrativa di Blow-up secondo Sklovskij, è perfetta e, in più, paradigmatica di come il giudizio morale possa sciogliersi nel racconto senza fastidiosi residui. La formula è felicissima e spiazzante: «In ogni opera d'arte la morale deve essere come la palla nel film di Antonioni che non si vede, per essere efficace non si deve vedere». Dòpo i funghi porcini, che Sklovskij avrebbe preferito alla russa, con patate, il tempo stringe, l'auto è già arrivata. Vorrei ancora qualche flash di anni lontani, gli anni della stagione rivoluzionaria. Ed ecco un Majakovskij in .«rosatello nero, grande, bello, con spalle larghe, figura armoniosa e voce straordinaria». Ecco un Mandel'stam che, scendendo le scale della Casa delle Arti, declama i suoi versi: «Ho dimenticato la parola che volevo dire / la rondine deca torna al palazzo delle ombre». Ecco Pietroburgo nell'inverno del 1919, una città bloccata in un anno terribile, con i gabinetti gelati e l'invasione dei pidocchi. Sono immagini che già conoscevo dai testi di Sklovskij e dal recente bel libro di conversazione con la Vitale: ma lo scrittore le ha fatte rivivere con una gestualità unica, come triturando le parole, commuovendosi al ricordo del «caro indimenticabile Volodja». Non è però riuscito a ricordare come e quando lo incontrò per la prima volta il suo Volodja: «Inventare è facile, ricordare è difficile», mi dice mentre si alza a fati. ca. Poi, sorretto, si allontana e sprofonda nella macchina che lo porterà a Cosenza. Renato Minore