Un killer chiamato Fenice

Un killer chiamato Fenice Un killer chiamato Fenice Amos Ariella - EH Landau FENICE Mondadori, Milano Traduzione di Andrea D'Anna 320 pagine, 5000 lire CHIUSO il romanzo, sorge spontaneo un vecchio interrogativo: fanno baie i politologi, e anche i politici, a dedicarsi con appassionata partecipazione alla lettura di spy-stories? Ovviamente, per noi fanno benissimo. Anzi ci stupiamo del rifiuto che taluni oppongono a questo genere di narrativa, considerandola un intrattenimento da treno, o da insonnia dura. Le spy-stòries (non tutte, beninteso) ci dicono più cose, in fatto di politica mondiale, di quanto dicono generalmente i giornali, quotidiani ed ebdomadari E le dicono con piacere, cioè con vivacità di stile, e senza le cautele diplomatiche. Ma veniamo a tiro di pagina. Amos Arkha è stato fino a qualche tempo fa (tre mesi? un anno? mah!) capo delle forze di polizia di brade. Quanto a Eli Landau, la quarta di copertina ci assicura che è un noto scrittore israeliano, e noi non abbiamo elementi per dubitarne. Entrambi, sempre stando alle «voci», hanno lavorato in diverse occasioni per Moshe Dayan. Un'esperienza da non sprecare. E infatti non l'hanno sprecata. Aridi a il braccio, Landau la mente, e insieme hanno messo insieme questa storia attuale e possibilissima, e forse ve- ra. La vicenda si svolge in un breve arco di tempo, dal maggio al settembre 1977.1 servizi segreti israeliani vengono a conoscenza di un complotto libico, che ha per scopo la eliminazione di un uomo politico israeliano di primissimo piano (e la mente maliziosa corre subito a Moshe Dayan). La veridicità detf'inforinazione viene rafforzata dall'immediato assassinio dell'informatore. Le migliori menti del controspionaggio israeliano mandano lampi di intelligenza e fulmini di rabbia. Si tratta di individuare il killer arruolato, si fa per dire, da Gheddafi. A questo punto, con vm'invenzione meritoria, i due autori si spretano, per dir così, nel campo libico. I killer con l'ordine di far fuori l'eminente uomo politico sono tre, non uno come si era pensato. E sono tre per la semplice ragione che tre pistole e sei occhi hanno maggiori probabilità di colpire il bersaglio. Se uno fallisce, ci penseranno gli altri due. Ma fra questi tre galantuomini c'è un killer chiamato Fenice, bravissimo e abilissimo giovanotto che intende arrivare per primo al bersaglio, con il nobile scopo di non dover dividere con nessun altro la somma del «contratto». Questo Fenice fa onore al nome di battaglia che si è scelto: scompare, ricompare, cambia faccia, muta identità. Le sue prime mosse non sono dirette contro l'uomo politico israeliano che deve eliminare, bensì contro quelli che dovrebbero essere i suoi compari, cioè gli altri due killer. Spazzata via la concorrenza «interna», si dedica alla costruzione di un piano tanto complicato quanto ingegnoso per portare a termine con successo la sua missione «esterna». Qui si verifica un altro cambiamento di campo. Gli autori ci mettono sotto gli occhi i volti impensieriti, e anche un po' imbuf aliti, dei membri del controspionaggio israeliano, impegnati a intercettare il killer prima che costui arrivi con la sua pistola addosso all'uomo politico israeliano. Questi continui spostamenti di campo creano una sorta di suspense nella suspense. E così al pregio dell'intreccio si aggiunge la sagacia strutturale, che non guasta mai. Anche in un romanzo apparentemente di svago. Giuseppe Bomira '

Persone citate: Amos Arkha, Andrea D'anna, Fenice, Fenice Amos Ariella, Gheddafi, Giuseppe Bomira, Landau, Moshe Dayan

Luoghi citati: Eli Landau, Milano