Un buffo campionario delle nostre dannazioni
Un buffo campionario delle nostre dannazioni Diciassette racconti nel «Pescecane» di Malerba Un buffo campionario delle nostre dannazioni Luigi Malerba DOPO IL PESCECANE Bompiani, Milano 125 pagine, 5000 lire HO già parlato più di una volta, credo (e il cortese lettore vorrà perdonare la mia insistenza), di una certa propensione degli scrittori italiani, da un po* di tempo in • qua, per il testo di poche pagine o addirittura — come, nel caso estremo ed emblematico dell'ultimo Manganelli — di non molte righe, insomma per la misura del ' racconto breve se non dell'aforisma narrativo. Una misura che, tino a ieri o all'altro ieri, gli editori sembravano fieramente avversare, convinti che il famoso e fantasticato ■«pubblico» volesse sempre e soltanto romanzi; e che ora, invece, ha acquisito a poco a poco, si direbbe, una sua legittimazione anche commer-. ciale. Richiederebbe un lungo discorso analizzare e cercar di capire questa tendenza. Si può pensare a un intreccio, a un rapporto di causa effetto, o perlomeno a una.qualche simmetria, tra questo scrivere «corto» e la realtà parcellizzata e mal vivibile (o, per usare un eufemismo, estremamente «specialistica») nella' quale ci sentiamo immersi o confìtti Lo scrivere «lungo», il pensare e scrivere in termini di romanzo presuppone o , richiede, probabilmente, una fiducia nella consistenza, nella durata, nell'affidabilità del reale (del sociale) che apparirebbe a molti di noi, .oggi, piuttosto azzardata, mal riposta... Ma non va nemmeno trascurato il peso della tradizione letteraria che, in Italia, ha sempre «tollerato» il romanzo come un'eccezione, come un unicum spurio e stravagante (e a volte grandissimo, si capisce). Non voglio dir di più. Era solo per creare un po' di sfondò alla lettura del nuovo libro di Malerba, che appunto di racconti più o meno brevi (diciassette, per l'esattezza) si compone, e che proprio nel* suo spalancare un ventaglio di temi ansiosi, ossessivi, nevrotici, anche se trasfigurati e alleggeriti dal senso del paradosso e dall'ironia, porta una buona conferma all'ipotesi su accennata. A parte l'ultimo (che, come spiega l'autore, è scritto in terza persona per ben comprensibili ragioni di «ripugnanza politica»)» in tutti Ì racconti tt prender la parola, a lustrarci il SUO trauma o la Sul ossessione è le stesso protagonista-vittima. Cè l'arominitratore delegato di un'im **!Jk che riesce è imps dire i M stésso una Strage di architétti loto operande Ufi rimsrérr tfà questi uitiffii e i pescecani ti «ili dà U caccia durante il weekend. C'è ruv» ftfffittft convinto ohe lo parole fasciati© ingrai^aré 0 dimagrire le persene. £** u pa= drt che, sefieche del fuaae e detfuIBGÌ* di SUO figlio, gii compre ufi* Lambretta perché possa dedicarli, con un compagno, al distensivo e istruttivo «gioco delio scippo», Ce l'ufologo appostate a tempo piene sulla terrazza per fotografare oggetti volanti che non compaiono mai. C'è l'aspirante pilota che vuole «guidare» la Terra nello spazio interstellare. G'è l'ammalato di asma che sogna di essere una sardina e — di sogno in sogno, di notte in notte — finisce, psicologicamente parlando, dentro la seconda scatola a destra nella vetrina di una pizzicheria. C'è (ed è, a mio avviso, il racconto più bello, più misterioso e insieme più «naturale») l'uomo che crede di soffrire di una sorta di acufene ereditario finché non scopre che il ronzio o rombo che avverte ogni giorno nelle orecchie è quello dei colpi bussati al portone di casa dai suoi futu¬ ri, eterni assassini Un ricco campionario, come si vede, di piccole e grandi dannazioni, ricco e, al tempo stesso, volutamente esiguo, veloce, allusivo; ma in ogni caso sufficiente a evocare, quella «catastrofe sociale» cui fa giustamente riferimento il testo della quarta di coperti-, na e che, irrapresentabile per definizione nella sua nefanda e nera interezza, può essere descritto solo in miniatura, attraverso la lente del comico (anzi del buffo, tanto per suggerire un lontano ma non insignificante antecedente palazzéschiano) e in una serie di «flash», di dettagli improvvisi vividi e perversi Giovanni Rabonl «Il protettore dei porli» di Alberto Savinio (1950)
Persone citate: Alberto Savinio, Bompiani, Cè, Giovanni Rabonl, Luigi Malerba, Malerba
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