Duce, i gerarchi frodano il fisco di Benito Mussolini

Duce, i gerarchi frodano il fisco Scandali, truffe e miserie del regime negli archivi personali di Benito Mussolini Duce, i gerarchi frodano il fisco Arrigo Petacco - RISERVATO PER IL DUCE I segreti del regime conservati nell'archivio personale di Mussolini Mondadori, Milano 150 pagine, 6000 lire ROBERTO Farinacci, modesto ferroviere diventato «ras» di Cre. mona per meriti squadristici, fini per laurearsi in legge a. Modena copiando parola per parola la tesi di uno sconosciuto avvocato Marenghi. A Mussolini, che gliene chiedeva ragione, spiegò: «Duce, io non volevo copiare. Avevo già belre pronta la mia tesi, dal titolo "La somministrazione di olio di ricino ai sovversivi non può esser considerata violenza privata, ma semplice ingiuria". Ma il prof. Groppali mi sconsigliò di presentarla, temeva che quegli antifascisti dei miei esaminatori ne approfittassero per fregarmi. Per questo decisi di copiare». Lo stile è l'uomo. Farinacci era il gerarca più potente d'Italia dopo il duce, che lo temeva e lo odiava. Con la laurea rubata divenne patrocinante in Cassazione. Il più richiesto. Ecco, da una conversazione telefonica captata e stenografata dall'Ocra: Signora: «Per farmi difendere in Cassazione, mi han¬ no consigliato il senatore Cogitalo». Avvocato: «No, no. Farinacci supera tutti. Riesce a far annullare certe sentenze...». Per un parere, chiedeva fino a centomila lire (la forno-' sa canzone «Se potessi avere mille lire al mese», che esprimeva l'irrealizzabile sogno dell'uomo comune, sarà lanciata parecchi anni più tardi). Oltre gli introiti del suo studio cremonese. Ecco, da un'altra registrazione della polizia, un bilancio della sua segretaria: «Guadagna 50-60 mila lire il mese».* E Mussolini annota in rosso: «Quanto paga di ricchezza mobile?». Sul foglio successivo, è riportata la risposta: «L'on. Farinacci ha un reddito accertato di 50 mila lire mensili per la professione di avvocato e di 12 mila come direttóre del suo giornale. Imponibile di 37 mila lire, paga 10.900 lire l'anno». Come si vede, il male è antico. Questo galantuomo aveva reclamato perentoriamente la più alta decorazione al valor militare, l'Ordine di Savoia, per aver perso un braccio durante la campagna d'Etiopia. Dovette accontentarsi della medaglia d'argento, la motivazione dice che si era mutilato per uno stupido errore «mentre istruiva i legionari nell'uso delle bombe a mano». (Anche durante la prima guerra mondiale si era tenuto ben lontano dalla prima linea). Ma agli atti il rapporto riservato di un maresciallo dei carabinieri spiega che si era ferito «mentre si dilettava a pescare di frodo, con bombe a mano in un laghetto presso Dessie. Per questo Ettore Muti lo ha soprannominato il Martin Pescatore». Ad ogni notizia di un nuo- va scandalo, che correva'sus-surrata di bocca in bócca perché i giornali, ovviamene te, conservavano un claustrale silenzio, gli ingenui dicevano: «Se il duce sapesse...». Il duce sapeva, eccome. Sul suo tavolo si ammucchiavano informative della polizia segreta, relazioni di prefetti, lettere anonime, denunce di «camerati» invidiosi dell'altrui capacità di rapina. Nulla gli sfuggiva. E conservava tutto, unico fra i capi di governo in Italia che abbia mai ottemperalo al precetto di legge di non distruggere niente, neppure i documenti personali più im significanti, i taccuini d'ap- puntie i conti d'albergo, de- stinati all'archivio generale dello Stato. Alla caduta del regime, il 25 luglio 1943, il suo archivio^personale scomparve: Si:sép&pe poi che lo aveva spedito ìè Svizzera. Ma, nella conf&WFTne di quei giorni, si arenò al- lastazione ferroviaria di Mi^lano, dove sei mesi dopo'fa sequestrato. Alla, fine della guerra, gli americani se ne impadronirono e restituirono poi al governo, italiano quel che ne restava. Aveva subito abbondanti saccheggi: per esempio, erano scomparsi tutta la sezione relativa alle forze armate e i documenti che riguardavano Ciano. E si potevano indovinare altri vuoti imponenti. I rimasugli, a norma di legge, futono depositati nel 1957 all'archivio generale di Stato. -e Che cosa resta? Abbastanza per ricavare profili inediti di molti gerarchi fascisti (Bottai, Starace, Arpinati) simili a quello ai Farinacci. In fondo, il Martin Pescatore non era peggio degli altri. E molte carte personali di Mussolini, dal romanzo d'appendice che narra la triste storia di Claudia Particella alle suppliche di centinaia di parenti che spuntavano dovunque come funghi (e bisogna riconoscere che spesso aveva la forza di dire no). E anche qualche documento di interesse storico: come il Rappòrto che chiarisce, una volta per tutte, i dubbi sulla fine di Italo Balbo, Arrigo Petacco è andato a spulciare ira queste carte, -disegnando una caricatura, ytynronico e il tragico, del agirne-che resse l'Italia per vent'anni. A petto delle smi sùrdte ambizioni «imperia^Hi, dell'arroganza fascista, l'immagine è quella di un'Italietta povera e patetica, nella quale i «potenti» litigano come cani attorno a un osso con tutte le armi: calunnie, delazioni velenose, adulazione spudorata, ricatto, truffa e peculato. Una folla di evasori fiscali, profittatori, speculatori. E' stato davvero necessario che tutto cambiasse perché tutto restasse come prima? Giorgio Martinat Mussolini e Farinacci

Luoghi citati: Etiopia, Italia, Milano, Modena