Per le strade di Marx

Per le strade di Marx L'Internazionale comunista nella «Storia Einaudi» Per le strade di Marx IL MARXISMO NELL'ETÀ' DELLA SECONDA INTERNAZIONALE Storia del marxismo II Einaudi, Torino 950 pagine, 24.000 lire ("1 ON questo secondo vo^ lume dedicato al periodo cruciale che va dall'ultimo Engels alla prima guerra mondiale, la Storia del marxismo pubblicata da Einaudi, sulla base di un progetto che ha coinvolto alcuni tra i maggiori studiosi italiani e stranieri da Haupt a Ho bsbawm e a Ragionieri, entra nel vivo dei problemi più ardui e dibattuti dell'età contemporanea. Gli anni sono decisivi per l'Europa e per tutto l'Occidente. Coincidono con la seconda industrializzazione, con lo sviluppo di un fenomeno imperialistico con caratteristiche particolari, con quella che è stata definita età delle masse non tanto perché vedesse un ruolo decisionale' della maggioranza nelle decisioni politiche quanto perché per la prima volta le classi dirigenti borghesi erano costrette a fare i conti in termini nuovi con l'esistenza di gran-. di concentrazioni urbaneoperaie, con problemi sociali, economici e culturali che imponevano, se non la mobilitazione attiva, perlomeno l'ingresso subalterno del proletariato nella gestione della cosa pubblica. La domanda essenziale che ci si pone di fronte alla complessità crescente di simili connessioni riguarda il ruolo che il pensiero di Marx e l'azione sua e dei suoi continuatori ebbe in quell'epoca. I saggi raccolti nel secondo volume di questa Storia del marxismo non possono, come è ovvio, rispondere in tutto a quell'interrogativo ma si inseriscono, almeno in parte, proprio in quest'ottica. Franco Andreucci, ad: esempio, nei due saggi dedicati alla diffusione del marxismo e alla questione coloniale e all'imperialismo, sottolinea due aspetti die mi paiono importanti per una lettura non dogmatica del fenomeno marxista. Da una parte, cioè, i numerosi condizionamenti che subisce la diffusione del pensiero marxiano in una cultura caratterizzata sia dall'influenza del positivismo sia da una tradizione che ha sempre teso a distaccare teoria e prassi, dottrina politica e azione politica. Dall'altra, il contrasto che c'è tra le tesi espresse nel saggio leniniano sull'imperialismo e la cristallizzazione di certe profezie avvenute nel periodo staliniano. «il saggio popolare — ricorda Andreucci a proposito del pamphlet di Lenin — non postulava la necessità del socialismo sulla base di una serie di assiomi, ma offriva al movimento operaio le armi per la lotta politica (separazione dagli "opportunisti", alleanza con le nazionalità oppresse), fondata su un'analisi ricca e. articolata della guerra e dell'epoca contemporanea. Niente di più distante dalle formule che sarebbero state riprese negli anni piò bui dell'Internazionale comunista, quando dell'imperialismo si sarebbe affermata una visione sbrigativamente legata alle formule della "putrefazione" e della "morte"». Resta da chiarire, e sarà compito — credo — dei contributi previsti per il terzo volume della Storia, perché il saggio leniniano, così legato ai tempi e ad obiettivi di lotta politica immediata, sia divenuto negli anni successivi una sorta di breviario completo e intoccabile adatto a tutto spiegare e a tutto giustificare. 11 problema è, con tutta evidenza, duplice giacché concerne nello stesso tempo il rapporto di continuità-rottura tra leninismo e stalinismo sia le caratteristiche del marxismo come dottrina politica con forti elementi di religiosità laica. Tra i saggi che compongono il volume, nell'impossibilità di parlare analiticamente di tutto, almeno tre affrontano problemi di grande attualità nella crisi che investe oggi, se non le ideologie, almeno le certezze che dalle ideologie provengono. Il primo, di Massimo L. Salvaci ori, ripercorre con grande chiarezza e singolare distacco l'itinerario e il destino di Karl Kautsky, troppo a lungo ignorato e gratificato di condanne sommarie, oggi letto con attenzione sia per l'insistenza sul rapporto tra socialismo e democrazia in polemica con Lenin sia per alcuni aspetti della sua teoria sul cosiddetto «superimperialismo». Il secondo, di Oscar Negt, fornisce un contributo originale alla ricostruzione della strategia e delle intuizioni di Rosa Luxembourg e del suo antiautoritarismo, rimasto soccombente nella Russia del 1917 come nella Germania del 1919. L'ultimo, di Vittorio Strada, ricostruisce con molta puntualità la polemica tra bolscevichi e menscevichi sulla rivoluzione del 1905, dedicando pagine assai acute al rapporto tra giacobinismo e leninismo, senza dubbio tra i nodi cruciali per una riconsiderazione del significato e dei limiti della rivoluzione dei Soviet Stupisce, tuttavia, che la storia del marxismo nella Seconda Internazionale si concluda senza che sia dedicata nessuna attenzione specifica alla genesi del bolscevismo, che costituisce per ammissione unanime degli storici il fenomeno essenziale di quell'epoca, il punto di svolta necessario per comprendere l'evoluzione e il fallimento della via socialdemocratica al potere. Il lettore, curiosamente, si trova a ripercorrere la polemica tra Lenin e Bogdanov come se tutti i problemi legati alla formazione dello stesso leninismo dovessero esser dati per scontati, non si sa in quale sede. C'è da augurarsi che nel terzo volume si faccia almeno un passo indietro e si tomi, per colmare questa inspiegabile lacuna, ai primi anni del Novecento e a quel clima culturale e politico di profonda crisi e insieme di grande fermento sociale e ideologico che diede le basi all'utopia bolscevica. Nicola Tranfaglia 7 Rosa Luxemburg

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