Miei cari blue jeans, addio di Nico Orengo

Miei cari blue jeans, addio A colloquio con Gillo Dorfles mentre esce un suo nuovo libro sulle mode Miei cari blue jeans, addio I mezzi di comunicazione di massa diffondono mode effimere che non corrispondono ad esigenze reali - Gli uomini oggi tornano a spendere per vestirsi perché vogliono mutare la loro apparenza - La moda ci sta proponendo un modo di vivere tranquilli - II nudismo è un fallimento, per natura l'uomo nasce vestito - Presto sarà di moda l'arabo - Non ci sono più stili ma tanto Kitsch MELANO — Sempre meno timidamente giornali quotidiani, settimanali e mezzi di informazione tornano a parlare di moda, di appuntamenti con l'estate o l'autunno, di collezioni, che siano Ann ani ' ò Lancetti, colori nuovi e tessuti. Moda Mao, moda giovane, moda casual sembrano aver fatto il loro tempo e così il vecchio e comodo blue-jean. In realtà di moda si è sempre continuato a; farne e a parlarne anche se il '68 aveva un po' consigliato a tutti che meglio di vestirsi era travestirsi. In questo decennio anzi sono fioriti saggi storici e sociologici sull'importanza dell'abbigliamento: cartina di tornasole per capire società e valori, documento prezioso da analizzare, specchio del quotidiano comportamento. Per citarne uno, il saggio di Rosita Levi Pisetzky, Moda e costume nell'autorevole Storia d'Italia Einaudi. Chi alla moda e alle mode ha sempre rivolto un occhio critico e indagatore è Gillo Dorfles, autore di importanti studi, quali II divenire delle arti (Einaudi, 1975), Le oscillazioni del gusto (Einaudi,. 1972) Il Kitsch (Mazzotta, 1975). Ed è proprio di questigiorni la notizia dell'imminente uscita, ancora da Mazzotta, di un libro, Moda e modi, che attraverso un ricchissimo apparato di oltre trecento illustrazioni si propone di indagare l'universo delle mode, da quelle antropologiche a quelle culturali che fasciano, come una seconda pelle, il nostro vivere. «Sono due i libri che ho appena finito — informa Dorfles nella quiete della sua ca- sa milanese, coperta di splendidi quadri di Raushcenberg, Castellani, Towembley, Paolini — uno che studia nelle arti di oggi il problema dell'intervallò e che si chiamerà L'intervallo perduto. Lo farà Einaudi in primavera, l'altro è questo sulla moda e che Mazzotta manderà presto in libreria. Mi sono interessato da sempre di moda, femminile e maschile. E'sempre un problema d'oscillazione di gusto». Questa oscillazione a cosa è dovuta? «Nel nostro tempo, oggi, la moda ha sostituito lo stile. Non esistono più gli stili. E' la rapidità della vita che ha sconfitto lo stile. Nel mio libro ho voluto proprio analizzare questi rapporti tra moda e stile. E. i comportamenti che ne derivano. Anche il solo gesto di salutarsi cambia sempre più rapidamente. Oggi ci si incontra e. ci si bacia, il baciamano non esiste più. Avremo presto una moda Islam. Già qualche tunica bianca si vede in giro». Cos'è che fa viaggiare così velocemente le mode? «Sono i mezzi di comunica- zione di massa. Distribuiscono mode effimere che non corrispondono, se non in minima' parte, ad esigenze reali». Una volta superficialmente consumate dove finiscono le mode? «Si sbriciolano e scompaiono. Net giro di vent'anni ab-_ biamo assistito ad una vera pioggia culturale: esistenzialismo, fenomenologia, semiotica, psicanalisi, hussertismo. E poi? Prendiamo Lacan e il laconismo, quanto può durare?! mezzi di informazione si polarizzano e catturano un autore, 10 consumano superficialmente poi lo abbandonano». Oggi sembra sia tornata di. moda la Moda. «Tra le cose che in Italia vanno meglio sono proprio gli atelier d'abbigliamento e gli oggetti legati all'industria della moda. C'è una necessità di cambiamento, gli uomini spendono per vestirsi. Vogliono mutare la loro apparenza e avere quei simboli che sono diventati di moda. C'è una notevole inversione di quella tendenza che aveva contagiato un ■ po' tutti in questi ultimi anni.. 11 borghese non ha più voglia di vestirsi alla popolaresca, in Jean, giubbotto e la sua signora in salopette. Abiti che fino a poco tempo fa mettevano come soluzione elegante». - «Fiorucci mi diceva che erano i giovani a crearsi la loro moda, quella degli stracci. E che lui poi non faceva altro che seguire questa tendenza. Ecco io non credo sia così Ci sono sempre delle grandi strutture capitaliste che lanciano le mode. In un secondo tempo queste poi diventano, grazie agli artigiani, elitarie. Socialmente è il processo inverso al borghese gentiluomo che cercava di imitare modi e mode del nobile del Settecento». E oggi perché si avverte questo cambiamento di rotta? «E' un ritorno, un'altra oscillazione del gusto, il jeans ha fatto il suo tempo come simbolo. Anche l'unisex è morto. Il momento populistico è superato, sono venute critiche serie ad un certo marxismo da operetta, c'è stato il crollo dell'illusione maoista. Chissà se oggi in Cina sono ancora tutti vestiti di blu. Non credo». ; Torna la cravatta? «Cadute le utopie sinistrorse oggi i vecchi feticci reazionari tirano su la testa. Non parrà vero poter riesumare vecchi spadini. La moda oggi ha capito che da lei si vuole la riproposta di un modo di vivere tranquilli. Non è ancora tornato il momento di poter salire tranquillamente su di una Miura ma vestiti da sera ci si può rimettere e passare inosservati». Nel suo libro c'è un capitolo dedicato alla moda tra Artificio e Natura, cosa racconta? «I rapporti tra la moda e il corpo. L'uomo si è sempre travestito, ha sempre modificato il suo corpo, con tatuaggi, esaltando o modificando alcune parti del suo corpo. Volevo verificare che l'uomo naturale non esiste, che ha sempre cercato un modo per essere altro da sé. Per essere altro dalle bestie. Gli animali hanno richiami sessuali naturali, penne, colori, l'uomo no: deve costruire il suo richiamo sessuale». Vestirsi come coprirsi non esiste? «No, è sempre più complesso. Per natura l'uomo nasce vestito. E questo spiega anche il fallimento totale del nudismo. L'uomo nudo non esiste». La moda di domani? «La crisi petrolifera ci porterà sempre più cose islamiche. Al di là del puro fatto economico. E' di moda l'arabo. La nostra fragilità è impressionante. E' la fragilità dei tempi che viviamo che ha bisogno di sincretismi politici e religiosi. In una sola giornata siamo disposti a subire l'influsso Zen e la scoperta di una moda precolombiana, sentir parlare di buddismo o di astrologia. Non ci sono proprio più stili ma tanto, tanto Kitsch». Nico Orengo Gillo Dorfles in una fotografia di Giovanna Dal Magro

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