Così tre città riflettono sull'arte del loro passato

Così tre città riflettono sull'arte del loro passato // Settecento emiliano nelle mostre di Bologna, Parma, Faenza Così tre città riflettono sull'arte del loro passato BOLOGNA — La X Biennale d'arte antica di Bologna, ideata da Cesare Gnudi, è quest'anno dedicata al Settecento emiliano, con altre sedi espositive a Faenza e Parma. Ne risulta una grande e complessa mostra, coordinata da Eugenio Riocomini, che alla varietà delle sedi — a Bologna sono addirittura tre — unisce la scientificità dei densissimi cataloghi, redatti per sezioni e corredati da saggi, bibliografìe e schede minuziosamente ordinate da studiosi (di essi, è ancora in corso di pubblicazione quello sull'architettura, la scultura, la scenografìa, la pittura di paesaggio, al Museo Civico di Bologna). Le tre diverse città, emiliane e romagnole, che riflettono il loro splendido passato nella mostra, offrono anche al visitatore aspetti diversi e complementari di un coevo fenomeno culturale che, per la presenza di artisti locali o stranieri (e ciò in relazione alla diversificazione di precisi momenti storici e sociali, come a Parma) assurgono a risonanza europea, come nel caso esplicito dei famosi scenografi bolognesi Ferdinando e Francesco Bibiena e i loro numerosi discendenti, e dell'architetto francese Petitot alla corte parmense. Bologna, seconda capitale dello Stato Pontificio, e con la sua Università, le accademie artistiche e l'Istituto delle Scienze centro vivissimo e fecondo di cultura, continua per tutto il Settecento la sua tradizione pittorica accademica secentesca di derivazione carraccesca: i suoi maggiori pittori del periodo, Giuseppe Maria Crespi e Donato Greti (del quale la mostra offre la rivelazione, e di alta qualità) derivano rispettivamente dal Guerrino e dal Reni pur divergendo profondamente tra essi Alla religiosità a*el Cré^ spi, ai suoi sbattimenti di luce e ombra di tipo rembrandtiano — e che passeranno nel Piazzetta — come nella splendida serie dei «Sette Sa-' cramenti» provenienti da Dresda, fa riscontro la leggerezza, l'invenzione, il gusto della politezza del Creti. L'Accademia Clementina, tra le più famose italiane del periodo insieme a quella di S. Luca a Roma, rappresentò a Bologna tra il 1710 e il 1803 una fucina di artisti, che si avvaleva di maestri insigni come il Cignani e Ferdinando Bibiena. In mostra,, nel Palazzo di Re Enzo e a cura di Siila Zamboni, sono presenti saggi dei giovani artisti, .tra cui molti stranieri, vincitori dei concorsi annuali, accanto alle opere donate all'Accademia dagli accademici d'onore: e sono i nomi del Piazzetta, Robert Adam, Pollach, Angelika Kauffmann. Proprio da questa Accademia uscì, sotto Pinsegnamento del Bibiena, un grande numero di scenografi, decoratori, apparatori di feste e costruttori di teatri che operarono per tutta l'Europa divulgando la nuova «veduta per angolo» bibienesca, ovvero l'organizzazione dello spazio scenico non più secondo il rigido' legame prospettico cavea-palcoscenico, ma secondo scorci prospettici fortemente angolati, .con punti di fuga multipli e al di fuori del quadro visivo. _ Si determinava così uno spazio mutevole, inafferrabile e «inventato», che si avvaleva anche dei complessi macchinismi delle scene e della pittura decorativa: purtroppo queste' architetture effimere sono andate in massima parte perdute; restano pochi teatri e quasi più nessuna scena. Una cospicua documentazione di modelli, disegni e incisioni su questa famosa scuola è presente nella sezione sull'architettura e scenografia, a cura di Annamaria Matteucci e Deanna Lenzi, al Museo Civico. Sull'architettura neoclassica e la sua tipologia di decorazione e arredo, è invece accentrata la sezione di Faenza: in particolare intorno al Palazzo Milze iti, restaurato per l'occasione e accessibile al pubblico, e che diverrà, come avverte Andrea Emiliani in catalogo, museo e centro di documentazione dell'età neoclassica in Romagna. Il palazzo, costruito alla fine del Settecento dagli architetti Pistacchi e Antolini, è stato interamente decorato da Felice Giani secondo quel gusto raffinatissimo dell'«antico», che fu tema centrale della pittura europea settecentesca specialmente nel periodo napoleonico, e non senza punte, nel suo eclettismo, nel clima preromantico europeo. Accanto al grande protagonista Giani e in questa sezione curata da Anna Ottani Carina, il faentino Tommaso Minardi ci offre invece della Èittura l'aspetto purista, per sua vicinanza ai Nazareni. Ma è a Parma che la mostra del Settecento emiliano trova il suo nodo più complesso, mettendo a fuoco la vivacissima cultura del piccolo Ducato tra la fine del dominio Farnese e l'avvento dei Borboni Nell'occasione è stata riaperta l'ala nord della Piletta; lo spazio espositivo si snoda attraverso ponteggi e strutture tubolari bianche degli architetti Canali e Lupi, che lasciano intatta la visione globale interna del gigantesco e severo palazzo farnesiano. In questo rinnovato contenitore viene documentata la grande vicenda settecentesca parmense che, con l'avvento dei Borboni verso la metà del secolo, si porrà sotto l'influenza diretta della cultura, ^luminista francese. Se con i Farnese gli artisti venivano chiamati da Venezia, .come Sebastiano Ricci, o da Bolo¬ gna, come i fratelli Bibiena, con i Borbone verranno chiamati dalla Francia:'come l'architetto lionese EnnemondAlexandre Petitot e lo scultoO re parigino Jean-Baptiste Boudard. Il Petitot, allievo di Souff lot e vincitore di un «Prix de Rome», giunto giovanissimo a Parma nel 1753 vi risiedette fino alla morte nel 1801: pertanto abbiamo nella mostra, nella città e nella reggia di Colonie la documentazione, completa della sua straordinaria attività di architetto ducale, di decoratore, disegnatore di vasi, di costumi (come la bellissima serie della Mascarade à la Gre eque), di mongolfiere, di macchine teatrali, che apporta e diffonde in Parma il nascente gusto francese del neoclassicismo, ulteriormente da lui razionalizzato verso il culto del sublime e della geometria pura. Accanto alla sua personalità (analizzata in catalogo da Roberto Tassi) e che si river■bera anche, tramite il suo insegnamento all'Accademia Parmense, sulle generazioni più giovani, Parma ospitò, in quei decermi, il Condillac (il cui trattato influenzerà i pittori parmensi Baldrighi e Ferrari) quale precettore dell'infante Don Ferdinando, e Giambattista Bedani, in un fervore culturale che si spegnerà poi con la Restaurazione. Mirella Bandirsi Nelle sedi di Bologna e di Faenza la mostra resterà aperta fino al 25 novembre; nella sede di Parma fino al 22 dicembre. I cataloghi: L'Arte del Settecento Emiliano Là Pittura - L'Accademia Clementina, 334 pagine, 412 illustrazioni, 15.000 lire L'età neoclassica a Faenza 1780-1820, 200 pagine, 320 illustrazioni, 15.000 lire L'arte a Parma dai Farnese ai Borbone, 497 pagine, 368 illustrazioni, 20.000 lire, Alfa, Bologna *i % W^T^^SSSkP- ••••••• v» •• MMmsm. 1 Pam ->:..>sv-.- ' » ' : gT Baldrighi: Autoritratto con signora; e. A. Petitot: La marìée à la Grecque, incisione di B. Bossi, 1771