II poeta è in laboratorio di Renato Minore

II poeta è in laboratorio Un convegno e un Centro studi per D'Annunzio a Pescara II poeta è in laboratorio PESCARA — Fortunatamente sembra ormai superata la stanca «querelle» tra accaldati esegeti e fiammeggianti denigratori: in sede di lettura critica o filologica e di ricostruzione storiografica o bibliografica, D'Annunzio appare sempre più uno sterminato pianeta da affrontare non con formule lapidarie e giudizi inappellabili, ma con verifiche settoriali e più proficui pi icoli «tours». Gli ultimi ci giungono dalla sua «piccola patria», da Pescara che, da qualche tempo, promuove lodevoli iniziative dannunziane. Si è cominciato lo scorso anno con una tavola rotonda, in occasione del Premio D'Annunzio, sul rapporto tra l'Immaginifico e la sinistra e con le «rivelazioni» sul mancato incontro tra Gramsci e D'Annunzio, nei giorni fiumani. Ora la pubblicazione degli interventi, promossa dalla locale amministrazione provinciale, permette di valutare meglio il senso e il limite di quella «rivelazione» e per> mette, soprattutto, alla luce di quanto scrive uno dei relatori (il giovane storico Filippo Mazzonis) di riconsiderare un altro punto centrale di ogni discorso su D'Annunzio, ovvero il problematico rapporto con il fascismo. Sempre a Pescara, si è concretizzata l'idea di un Centro studi il cui compito, come è precisato nello statuto, è soprattutto la ricerca di fonti e di documenti che i possano contribuire alla migliore conoscenza dell'opera dannunziana, con particolare riguardo al periodo giovanile e ai rapporti che il poeta mantenne sempre con la regione in cui era nato. E, come prima iniziativa del centro studi, ecco un convegno su «D'Annunzio-giovane e il Verismo», con contributi di molti studiosi italiani e stranieri. ★ ★ L'argomento è di quelli che portano dentro il «laboratorio» dannunziano, con la sua grande manipolazione di più fonti già esplicita nel poeta esordiente, nel ventaglio delle sue scelte culturali aperte ad angolo giro. Sulla cultura del liceale cicognino, ancora non del tutto inventariata come dovrebbe, ha parlato Aldo Rossi per il quale, nel primo D'Annunzio, il verismo si ritrova «in dosi molte leggere», convivendo con una serie di altre adesioni che, normalmente, non si trovano nella stessa persona. Fin dall'esordio infatti la sua preoccupazione principale è stata «la parola generatrice di immagine, fomite "di comparazione, evocazione, analogia, predicato», al limite di un'arte combinato- ; ria e intricata che non rifiuta nemmeno il «non-sense», tutta persa com'è nell'inseguire le infinite possibilità del significante, nell'adoperare la letteratura (secondo la definizione di Nicola Merda autore di una intelligente comunicazione) come | «una casa di vetro». Certo, il rapporto con il ' Verismo e il Naturalismo deve essere pur indagato nelle «fonti». Ettore Paratore ha sostenuto le sue tesi già note sulla costante fedeltà di fondo di D'Annunzio al Naturalismo, nonostante «le estenuanti dilettazioni estetizzanti cui indulgerà la sua opera maggiore». Mario Pomilio ha interpretato la polemica con il Verga come «scontro tra due etiche^ per cui il verismo verghiano viene messo in crisi soprattutto «in nome di un riflusso antidemocratico che trova in D'Annunzio un protagonista», n francese Guy Tosi, accanto agli influssi italiani (Carducci, Stecchetti, Verga), ha sottolineato quelli francesi di Zola, Maupassant e Flaubert, attraverso cui D'Annunzio ha saputo scegliere «secondo la propria natura, le sue tendenze latenti, in cerca di se stesso». Resta comunque l'esigenza di tracciare un più attendibile «diagramma» del verismo dannunziano. E' quanto ha fatto il giovane critico Pietro Gibellini il quale ha esaminato il sistema della metafore zoologiche confrontandole con quelle verghiane e utilizzando anche il carteggio inedito con Elda Zucconi, la Lalla cantata nel «Canto novo». n risultato è una «visione esotica ed erotica, che celebra nella natura mitica e lussureggiante d'un Abruzzo letto come «terra vergine» la felice animalità di una condizione umana anteriore allo stato d'incivilimento, o che ritrae pateticamente i perdenti nella crudele «struggle for live». In questa ottica, prende rilievo il documentato interesse di D'Annunzio per, l'opera di Carlo Darwin e "si connota meglio l'esperienza narrativa delle «Novelle della Pescara» dove le metafore animali valgono a segnare, con tratti di fascinosa brutalità, un'umanità idolatra e «dialettale» che attira lo scrittore senza coinvolgere tuttavia P«ecriture». Nei giorni del convegno è stata allestita una bella mostra di Pasquale De Antonis («Pescara nell'epoca dannunziana») che documenta le molte possibilità di mimesi e di ricalco delle vecchie, fotografie rispetto al modello di città proposto da D'Annunzio: una città letteraria in cui l'apparente fedeltà al «vero» è solo un astuto gioco di plagi letterari, di letteratura caparbiamente ripercorsa, consumata, degradata, riattivata. Accanto alle foto, le litografie di Michele Cascella (e il libro edito da Maestri in cui il pittore abruzzese ha illustrato «Il cerusico di mare»), con il gioco legittimo della Memoria dimostravano che un po' di Mito e di Leggenda (complice D'Annunzio) è anche possibile per un paesotto malarico, ancora stretto dalle mura della fortezza borbonica, come era Pescara alla fine del secolo. E' stato già fissato il tema per il prossimo convegno c.5l Centro studi dannunziani: «Il trionfo della morte» come oggetto specifico di analisi testuali e storiche, filologiche e trasversali. Una seconda mostra fotografica di Mario Antinarella dedicata ai luoghi del «Trionfo» lo ha, in qualche maniera, adeguatamente anticipato. Renato Minore

Luoghi citati: Abruzzo, Pescara