I fratelli tedeschi di Renato Curcio di Vincenzo Tessandori

I fratelli tedeschi di Renato Curcio La storia dell s> A mee Fraktion fra testimonianze e interviste I fratelli tedeschi di Renato Curcio RAF LA GUERRIGLIA NELLA METROPOLI (volume primo) Bertani, Verona 276 pagine, 5500 lire VENNERO subito chiamati criminali, «delinquenti politici». Non furono usati termini come «organizzazione» o «gruppo», si disse «banda»: la «banda Baader-Meinhof». Le imprese: assalti, agguati, espropri, uccisioni, sequestri, numerosi documenti, molto lavoro politico prima alla luce del sole, poi clandestino, il sogno di una rivoluzione lontana anni luce, la rivolta armata contro un sistema definito socialdemocratico ma che di «socialista» e di «democratico» sembra avere ben poco. Su questa guerra non dichiarata, sul terrorismo di strada, l'editore Bertani ha pubblicato ora un primo volume di testimonianze, contiene il profilo, della Raf Fraktion (Rote Armee Fraktion); più difficile è indovinare la sua anima. R modello cui paiono ispirarsi i guerriglieri metropolitani tedeschi sono i «tupamaros» uruguaiani o i «montoneros» argentini ma le differenze che li separano da coloro che hanno accettato la disperazione armata, in America Latina, sono sensibili e sono soprattutto sociopolitiche non «militari». La Germania, anello forte della catena imperialista, la Germania, modello industriale invidiato dagli economisti di mezzo continente, la Germania, isola di tranquillità; però anche la Germania patria dell'intolleranza. Quando arrivarono ài potere i nazisti tentarono di «cancellare» ogni avversario. Poi la svastica venne abbattuta, la mentalità era cambiata. Ma il male oscuro tornò a mostrarsi: i nuovi nemici della nazione erano diventati i «rossi», i giovani, soprattutto, che non davano garanzie, apparivano come una minaccia incombente. Cosi venne emesso un «editto sui radicali», il berufsverbot: i comunisti veri o sospettati son stati allontanati dai posti di responsabilità.. Ci fu violenza del sistema, certo, ed fu reazione a quella violenza. R vento del «maggio francese», l'immagine del Sessantotto, spaventava. Lo Stato definito «Stato di diritto» ma con una fisionomia assai differente rispetto ad altri Stati democratici, dichiarò di esser costretto a difendersi. Ci furono episodi sanguinosi e inquietanti: la «battaglia del 2 giugno», a Berlino, nella quale, sembra, la stessa polizia aveva armato la mano degli studenti scesi in strada per protestare contro .lo Scià; l'attentato al leader studentesco Rudy Dutsche, «Rudy il rosso»; l'assalto all'ambasciata ' tedesca di Stoccolma. Poi il rapimento del deputato berlinese Peter Lorenz; la cattura e l'uccisione di Hans Martin Schleier, presidente degli industriali tedeschi, i veri «mandarini» della nuova nazione. Una lunga tormentata storia di sangue, di attentati, di arresti. A Stoccàrda-Stammheim il potere realizza un «carcere modello»: il detenuto è isolato, per molte ore al giorno, e chi vi è rinchiuso parla di «tortura psicologi¬ ca» e talvolta, chi è dietro a quelle sbarre, muore. Muore Ulrike Meinhof, ufficialmente suicida; e muoiono, nell'ottóbre 1977, Andreas Bande-, Gudrum Ensslin e Carle Raspe, ufficialmente, suicidi. Fu la conclusione di un tentativo di ricatto internazionale: a Mogadiscio le «teste di cuoio», speciale reparto d'assalto della polizia criminale tedesca, avevano appena liberato i passeggeri di un Boeing della Lufthansa dirottato da terroristi palestinesi che pretendevano la liberazione di «compagni tedeschi detenuti a Stammheim». Fra le quasi trecento pagine di documenti teorici elaborati dai militanti della Rote Armee Fraktion, cioè la Frazione Armata Rossa, c'è una «griglia storica» di Klaus Croissant, già avvocato difensore di alcuni'presunti terroristi, finito a sua volta in carcere sotto l'accusa di partecipazione a banda armata. Sostiene Croissant che Baader, Ensslin, Meinhof e Raspe «sono stati uccisi a Stammheim; Holger Meins aWittlich». Il libro è una chiave, certo di parte ma utile, per capire il fenomeno della lotta armata nella Repubblica Federale di Germania. Manca, sui contenuti dei documenti, una sia pur minima forma critica e di questo il lettore dovrà tener conto. Nella «premessa all'edizione francese» riportata anche nel testo italiano Jean Genet afferma: «B processo che viene fatto alla Raf, il processo della sua violenza è ben reale, ma la Germania Federale e con essa tutta l'Europa e l'America si vo¬ gliono ingannare. Più o meno vagamente tutti sanno che queste due parole: processo e violenza, ne nascondono una terza: la brutalità. La brutalità del sistema. E il processo fatto alla violenza è la stessa cosa della brutalità. E più la brutalità sarà grande, più il processo infamante, più la violenza diviene imperiosa e necessaria». La scelta di campo è fatta. Da una parte la guerriglia, «provocala e necessaria», e che vuol dire assalti, agguati, ferimenti, omicidi; dall'altra il «potere», che dev'esse' re, comunque, abbattuto. Nel lavoro sono poi raccolte dichiarazioni rese nei processi politici, lettere, «frammenti sulla struttura del gruppo e sulla storia della Rf t e vecchia sinistra interviste politiche». Avverte l'editore che questo primo volume avrebbe dovuto essere stampato da Mazzetta, soltanto il secondo toccava a Bertani. Quando Mazzetta, rinunciò, Bertani decise di fare da solo. Nella «nota introduttiva» Bertani afferma che «tempo addietro alcuni giornali italiani di importanza nazionale e di opinione politica creavano ad arte articoli che potessero far pensare ad un collegamento fra terrorismo italiano e terrorismo tedesco». Vista oggi, quella nota appare per lo meno un po' incauta, inopportuna: gli arresti avvenuti a Parma, alcune settimane or sono, dove son catturati, su una macchina, due terroristi italiani e due tedeschi, hanno puntualmente confermato quanto «creato ad arte» dagli ar. ticoli dei giornali. Vincenzo Tessandori