Patti Smith: l'urlo del rock vola fino al settimo cielo

Patti Smith: l'urlo del rock vola fino al settimo cielo Una raccolta di poesie della cantante americana Patti Smith: l'urlo del rock vola fino al settimo cielo Patti Smith POESIE Newton Compton, Roma pagine 96, lire 2000 PATTI Smith arriva a New York nel '69. L'America dell'utopia ha appena consumato i riti felici di Woodstock, e non capisce ancora che dietro la festa straboccante di musica e spinelli premono già i fantasmi della sconfitta. Gli omini assatanati di Crumb stanno fottendo meccanicamente le loro ultime gatte drogate, mentre i cortei di veterani che traversano in carrozzella i viali di Washington sono ormai senza voce: Dylan tace, il rode ha consumato i suoi acidi californiani e adesso taglia l'aria duro, elettrico, di metallo; nel campus sbaraccato di Berkeley, il Sightseen porta ora in giro i turisti a fotografare il museo della rivolta. Si chiude. E New York è diventato un cimitero di memorie, dove il jazz si buca senza storia e l'odore della morte delle idee stagna dentro strade all'improvviso mute.. Patti Smith nasce lì, in quell'anno. Quando ci sbarca, va naturalmente al Greenwich, infilata nella processione barbuta di chi ci consuma ogni giorno il fascino della speranza. La fine della Nuòva Civiltà ormai conserva solo i suoi canali sotterranei, che fanno circolare quasi a mano fogli in ciclostile dove si scrive e si canta la poesia della resistenza. Dell'«urlo» di fango lanciato un secolo prima al cielo da Ginsberg, l'eco rimbalza ancora in ogni parola e in ogni verso che- si spende al Village. Lo sente, ancora, certamente, anche la ragazza arrivata dalla provincia metropolitana, che sogna di far l'amore con Rimbaud sorto una tenda sahariana, abbraccia stretta i seni piccoli delle sue compagne e grida impaurita e orgogliosa il.rock bianco.del Max's Kansas City e del Cbgb. Queste poesie pubblicate da Newton Compton sono la prima raccolta di quel samiszdat allucinato, febbrile, malato di provocazione e di compiacimento fin dentro le minuscole volute dopo i punti. E la sua storia personale ne traspare con ima evidenza disarmante, addirittura -scolastica. Patti Smith .è nata nell'anagrafe del New Jersey, dentro una biografia piatta è scenso- lata, poco più di trent'anni fa. A sentirgliela raccontare, è una sfilza di toponimi sacri della middle class provinciale, ma con una nota distinta, un filo che si svolge senza strappi dietro tutti gli anni e i ricordi della liscia avventura giovanile: è il sogno, ambizioso e fantastico, e superficiale, d'una lontana «nascita» europea. Una nascita vissuta con il consumo facile della cultura di massa, che mette nel calderone stralunato di DisneyIand Leonardo e i preraffaelliti, Genet e Michelangelo, la Magnani, Pasolini, Jim Morrison, la Bibbia e Mike Spillane. Sono, tutti, padri spirituali della poesia di Patti Smith; formano quella che lei chiama la sua «coscienza originale», . stanno appiccicati addosso all'architettura rabbiosa e scattante dei suoi versi. L'Europa, dunque, tra il sesso e la droga d'un manuale poetico che vuole cantare la verità dell'alienazione urbana, nella scansione violenta e blasfema di un protagonismo che assume tratti visionari, disperati, senza perdono. Seventh Heaven, settimo cielo, è il titolo originale della raccolta con una dedica che pretende l'emancipazione perché mette assieme Spillane e Anita Pallenberg e un dio che fa sorvegliare il suo paradiso da una puttana e un aeroplano. L'operazione mostra meccanismi bruciati dall'uso, una sovrabbondanza fastidiosa, e nai've, di sciabolate deliranti centro il sistema. Ma la colossale rielaborazione della mitologia dell'underground non riesce a cancellare la corposità sensuale e irriverente di questa poesia, il suo spessore inquietante, fisico, che strappa vesti e pudore con la forza d'un desiderio felice e dolente come un inno panico. Ma ciò che colpisce soprattutto in questo lavoro — liberata la sua discendenza artificiosa dal filone bohemien della letteratura americana — è la grammatica musicale che Patti Smith inventa e usa, un ritmo e una cadenza che tendono a bruciare lo spazio tra parola e suono, piegando il lessico, e la potenza della parola, ai colpi brevi e violenti del rock. Il confine linguistico si annulla senza irritazione, anche di fronte a un eccesso imbastito di surrogati elegiaci, e mitologici; proprio perché l'ancoraggio di questa tecnica espressiva è mediato dalla forza devastatrice del rock. C'è certamente dalla sua una lingua come l'inglese, che si piega-e si adatta dòcilmente a essere plasmata nel ritmo veloce del «battere» e del «levare», e l'insistenza delle allitterazioni ha una persuasività che il pur eccellente lavoro di traduzione della Marina Morbiducci non sempre riesce a recuperare, bloccata dalla rigidità della parola italiana. Ma la pubblicazione anche del testo originale è uno stimolo fortissimo, che soddisfa pienamente chi ha anche una ridotta conoscenza dell'inglese. Mimmo Candito DONNA. Sentirsi uomo. Sin da quando sentii il bisogno di scegliere avrei scelto il maschile. Sentivo i ritmi di un ragazzo quando portavo i pantaloni corti. Perciò me lì mettevo sempre. Piangevo quando dovevo' usare i gabinetti per donne. I miei indumenti intimi mi facevano arrossire. Qualsiasi gesto femminile che avevo preso da mia madre mi umiliava. Andavo in giro con un branco di lupi. I grembiulini mi facevano vomitare. B seno che cresceva era un incubo. - Con rabbia mi tagliai tutti i capelli e in ginocchio davanti a dio con occhi lucidi lo invocai di ridarmi alla mia razza barbara. La razza maschile. La razza della mia scelta. Di tutta risposta lui mi iniettò dentro tutte le caratteristiche del mio genere, focosa, languida, capricciosa, infilarsi dentro le gonne estive, andar giù con un ragazzo dai fianchi stretti dietro un corridoio del bowling, sanguinare, venire, riempire il mio ventre. Il disgraziato massacra il pony bastardo solo per sentire la morbida pressione di marilyn monroe contro il suo petto... Patti Smith . Aprile '67. (Da «Poesie», Ed. Newton Gompton)

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