Un rivoluzionario cubano tra battaglie e fantasmi

Un rivoluzionario cubano tra battaglie e fantasmi un romanzo sui guerriglieri di Castro nella Sierra Maestra Un rivoluzionario cubano tra battaglie e fantasmi sono nei fiumi, silenziosamente immobiU,assistendo aUimmemore vertigine delle loro acque. E' come se camminando per la selva e addentrandosi nei monti si udisse uno scoppio e tutto il conosciuto dall'uomo si mutasse in nulla. Perché tutto nella Sierra scorre lentamente: persino le file dei muli che si arrampicano sulle rocce, persino i buoi aggiogati che trascinano faticósamente un terebinto, persino i corvi che volano dal carrubo alla yagruma, rubano un cappello e lo sostituiscono -con una pannocchia di mais, e smettono di gracchiare quando il crepuscolo cala sulle montagne, che sono mammelle di terrai e fanno più lunga la notte. E il movimento delle nuvole sui tetti dei casolari è lento, ed è lenta la cadenza del tempo che tutto sublima, sino a fare impalpabile l'aria. E la nozione delle cose che si sono viste si fa a distanza ancora più incancellabile. E la luce del sole che spunta ogni giorno più ardente sulla cordigliera, fa che nel ricordo persino le pietre più oscure del ruscello brillino con strani fulgori, — Arri-mulaH! — gridò Olegario il Tigre dando una manata all'animale. E ognuno con il suo Trailo, guidati dal Tigre, proseguirono il loro viaggio verso El Veneno. Avevano oltrepassato Dos Bocas de Caldero, un villaggio di venti case strette tra loro, qualcuna con il tetto più alto, una bottega infestata dagli scorpioni e la caserma della milizia, dove vuotarono su vassoi d'alluminio la mandioca e il mais tostato, che costituirono il pranzo. I miliziani avevano prestato a Olegario il Tigre otto asini per trasportare gli accatarrati maestri. Ormai non pioveva più, ma ogni volta che passavano accanto a uri eucalipto sul margine della strada Justino ne scuoteva i rami provocando un fugace acquazzone sugli altri. Il più sfortunato fu il mulo di Fonseca, che ebbe da trasportare le sue 150 e più Ubare per due ore. Perciò il Tigre disse a Fonseca che era meglio che andasse a piedi, e gli indicò una zona angusta del percorso. Verso dove puntava il dito di Olegario c'era una strozzatura che precipitava fino<d fondò di un burróne. Si supponeva che proprio da lì la forza del Vicaria spingesse gli alberi abbattuti sino alla segheria di Dos Bocas de Caldero. — Se cadi nel burrone con questa bestia stanca non ti ritrova più nessuno—conclude il Tigre. Senza pensarci due volte Fonseca scese dall'asina, liberandolo della sua pena. Ma la bestia, forse perché estenuata dal peso del suo passeggero, o perché sentiva nei lastroni del sentiero il pericolo che si avvicinava, ragUendo e scalciando non ne volle sapere di passare. Fu allora che Olegario gridò—Arri mula!!! — dando una manata all'animale. Ej_ ognuno con il suo mulo, guidati dal'Tigre, proseguirono il loro viaggio verso El Veneno. Nel contrafforte della Sierra Maestra, prossimo a tre vette che da ovesta est si chiamano Baca, CUantro e Purial, sta Dos Bocas de Calderai Li si immagazzinano i raccolti del caffè. Lì ruggiscela segheria dovesiriducono in pezzi il mogano, il cedro e il terebinto di El Veneno. A est di Dos Bocas si innalza il Pico Turquino e molto più indietro, verso sud, c'è un paese costiero chiamato Pilon, più importante di Dos Bocas, ma più distante da Et 'Veneno. I casali che formano una costellazione attorno a Dos Bocas de Caldero sono La Gloria, Las Lajas, El Purial, La Jocuma, Las Campanas. e El Veneno. I fiumi che bagnano la regione non sono ricchi d'acque: il Vicaria, che nasce tra Las Lajas e La Cuaba e sbocca nell'insenatura di Media Luna, e il fiume Purgatorio, che scorre tra le montagne e va a morire nelle acque tranquille dell'insenatura di Mora, a Plón. — Questo è El Veneno: si chiama così perché lì in lontananza c'è una macchia di manghi di aticamente, dell'epoca di Macco, e dicono che gli spagnoli avvelenarono i suoi frutti e cheli morì una banda di mambises. Questa è la Lorna de la Calentura. Alla mia destra Las Campanas. Alla mia sinistra Pico de la Estrella, e alle pendici del Pico c'è La Gloria. —Quando Olegario il Tigre concluse la sua introduzione a El Veneno, rimase pensieroso e dopo poco disse chiudendo uno steccato: — Qui la gente parla scarso: è come se la pulce penetrante gli avesse mangiato la lingua. Guardarono il Vicaria per la tredicesima volta, e sulla sua riva videro la prima donna di El Veneno. Quando li scorse con quell'uniforme e stracarichi di carabattole lasciò su una pietra quanto stava lavando e corse a nascondersi in un campo di caffè. — Sono-fatti cosi: più selvatici di una faraona — precisò Olegario il Tigre, che sentendo le prolungate scorregge della mula di Joaquìn cominciò a cantare uno stornello guajiro: Senta signor letterato, com'è il fatto che il suo mulo / senta signor letterato, com'è il fatto che il suo mulo / avendo rotondo il culo possa cagar quadrato... Come se intendesse il significato di quella strofa la mula sospese il cannoneggiamento, e Joaquin, morto dal ridere come tutti gli altri, chiese al Tigre tra gU applausi di ripetere la canzonetta Cosa che fece, ma cambiando le parole: Se è vero che lei è poeta e s'intende di poesia, > se è vero che lei è poeta e s'intende di poesia, / dica quanta stiticheria può scatenar la Dieta... Quando Olegario smise di canticchiare, i x brigatisti di ridere e i muli di'far arie, arriva-* -,... rono alla scuola di El Veneno, che era una capanna sopra.un mammellone senza alberi né bestie né uomini né nulla. Scacciando grilli cicale, farfalle cieche e lucciole che àt- • tratti dall'incandescenza della sua lantèrna " lo assediavano; uscì a riceverli il maestro volontario. —Finalmente!— disse stringendo la mano — al Tigre è chiedendogli perché avessero tardato tanto. — Per questi sentieri di oscurità non c'è cristiano che corra né bestia che lo tolleri — disse il Tigre schiacciando con la mano contro la tavola una lucciola che si spense all'istante. Tre banchi di legno grezzo dove entravano dieci persone strette, sopra una tavola un bucchero senza fiori, un ferro di cavallo che pendeva dal tetto, nella parete di palma reale un ritratto di Àbramo Lincoln e sotto il ritratto uno stronzo di cavallo acceso per tenere lontane le zanzare era tutto quello che c'era, nella scuola. IL maestro — di aspetto rozzo — si accarezzò la barba con un gesto preliminare. Guardò tutti. Si accese una sigaretta, gli si spènse, ne accese un'altra. Si aggiustò la cartucciera da cui pendeva una 38 Smith & Wesson con il calcio rosso e nero. Si schiari la voce. Fece un gesto da cui traspariva stanchezza e cominciò a parlare: — Dall'anno scorso sono qui ma poiché da solo non ce la faccio ad alfabetizzare tanti contadini e le distanze sono assai grandi, voi sarete i miei aiutanti e io sarò il responsabile. Olegario il Tigre uscì a orinare ai piedi di una yagruma le cui foglie riverberarono sotto i riflessi della luna. Quando i muli lo videro orinare, lo imitarono, sollevando vapori con i loro torrenti II maestro approfittò dell'assenza del Tigre per dire in tono confidenziale: —R guajiro è nobile, ma geloso: alcuni credono che veniamo a togliergli le donne. Perciò bisogna lavorare come loro per guadagnarcene il rispetto e la confidenza. Che non è facile. Ma non tiratevi indietro. Non siete venuti qui per stare in ozio. La prima cosa è insegnargli a leggere e a scrivere anche se si rifiutano. E la seconda cosa è lavorare tale e quale a loro. Quando avrete raggiunto questo, potrete mangiare del loro e vivere nelle loro case senza rimorsi... R Tigre rientrò abbottonandosi la bragnetta e canterellando una strofa incomprensibile. Fuori, i muli continuavano a pisciare come per inerzia E il maestro cambiò discorso: —A Varadero vi hanno consegnato un manuale e un sillabario. Nel manuale troverete te istruzioni per utilizzare il sillabario. Stretto in un angolo e giocando con un monacello di terra tra le mani, il Tigre ascoltava tra indifferente ed incerto. —R sillabario — continuò il maestro — è lo strumento fondamentale per fare le lezioni Nelle ultime pagine c'è un abbecedario in lettere maiuscole e un altro in corsivo. Joaquin Iznaga si senti sollevato ricordando che appena una settimana prima lui stesso non conosceva l'abbecedario. Ricostruì mentalmente le beffe dei suoi compagni quando cominciò a recitarlo in treno, e gli tornò alla memoria l'immagine di Cóliseo con U berretto da giocatore di baseball che citava José Marti, e non ebbe più il tempo di chiedersi dove stava suo padre in quel momento, perché il maestro volontario tornò a . parlare: — Ogni quindici giorni ci riuniremo in questa scuola. Bisógna organizzarsi La mattina dovete svegliarvi presto e fare quello che fannoi contadini Che nessuno rimanga incollato all'amaca! R pomeriggio farete lezioni ai bambini E la sera, che è quando il contadino e sua moglie possono, insegnerete a loro. R maestro chiese i nomi di ognuno e pensò fra sé che èssendo sette alfabetizza tori doveva metterne sei nella zona sud, che era la più popolata, mentre uno di loro sarebbe andato con il Tigre alla cascina di Menzelano Aroma. Quando finì di abbozzare quella suddivisione spiegò il suo piano a Olegario, che fece di si con la testa. Allora Joaquin Iznaga chiese: —Quale di queste case sta più in alto? —A El Veneno tutte le case stanno in alto — rispose il maestro fissandosi sulla statura di chi lo interrogava, con aria da eroe, e per fargli piacere, poiché quella famiglia viveva à Lorna de la Calentura, decise di mandarlo a quella di Menzelano Aroma. RTùjTee Joaquin scesero con difficoltà dal mammellone. I loro muli sobbalzavano, minacciando di disarcionarli e ad ogni sobbalzo dei somari scoppiava tra gli arbusti una fiammata verde di lucciole. Arrivarono a un sentiero lungo e più ampio, che conduceva nuovamente all'ultima apparizione del Vicaria in quella zona. —Dove andiamo? — chiese Joaquin. —Andiamo al casolare degli Aroma che so- no gente semplice — rispose brusco il Tigre dandosi manate sul viso per schiacciare le zanzare. Immerso nel turbine delle sue ultime esperienze, Joaquin confondeva il viaggio in treno con il discorso del maestro volontario, la moglie del pastore che orinava nella latrina, il tenente Penate che saltava in aria, il figlio del dottor Pujol che si giustificava nel cinema e Purón che si buttava dal camion aUa Guanàbana, fuggendo lontano da Fonseca e Jutsino che gli gridavano: "Vigliacco, vigliacco!". Quando per la seconda volta tentò di chiedersi dove stava suo padre il Tigre lo interruppe: — Quanti anni ha il maestro? — Quattordici — menti Joaquin nella sua ansia di sembrare più grande. —E non ha nostalgia dei suoi genitori? Per non continuare a essere interrogato dal Tigre, Joaquin rispose con una domanda: — Com'è Menzelano Aroma? — E' una persona semplice. Sua moglie si chiama Oblio Aguabella e ha avuto con lei tre femmine: Fulgida Aroma, che ha proprio la stessa età sua, Verdolaga e Maraviglia. A Joaquin sembrò eccessiva la quantità di figlie del suo futuro discepolo ed esclamò: — Cazzooo! —Non si meravigli. AUa svolta di PUón vive Panchin Fino che ha cento figli con venti donne diverse. —E tu...? —R Tigre non si è sposato, perché il matrimonio è come il flamboyant, che prima fa i fiori e poi fa i crucci Joaquin rise tanto dell'arguzia del contadino che per quanti sforzi fece non potè contenere la sua curiosità: —Senti Alegario, perché ti chiamano il Tigre?... — Qui la gente parla poco. E' come se la pulce penetrante gli avesse mangiato la lingua Maio ho la lingua lunga per raccontare le cose e tele racconto. Quando nacqui dietro a queste coUine, mio padre mi portò a Pilón per battezzarmi Allora disse al prete che lui voleva che mi chiamassi Tigre. E raccontano che il prete si tolse la zimarra egli disse che questo era nome di fiera e non di cristiano. E allora il vecchio chiese al prete chi era il Papa. E il prete gli disse che il Papa era il principe di tutti i cristiani E mio padre gli domando ancora perché se il Papa si chiamava Leone XIII io non potevo chiamarmi Tigre e allora il prete lo scacciò dal tempio. Si fermarono davanti al Vicana agitato dàlie piogge e come una tigre Olegario incollò il busto alla riva e cominciò a bere da quelle acque torbide. Joaquin fece lo stesso, e non seppe mai se furono girini o pezzetti di musco quelli che ingoiò assieme all'acqua del fiume. Il Tigre corse saltando sino alla pietra dove lavava la donna che era fuggita vedendoli passare. Cercò qualcosa tra le erbe che stavano attorno alla pietra, poi con grande malizia negli òcchi si rivolse a Joaquin: —Lo sapevo io che non era intera... Joaquin non intese nulla e si strinse nelle spalle. Il Tigre gli mostrò allora un'erba aggrovigliata, con molte foglie e spine. —Questa è la sensitiva — gli spiegò —- serve per addormentare la gente. Quando uno la tocca si schermisce e chiude le foglie. Ma quando una donna la schiaccia e non si ritira è perché non è vergine. —E tu conosci la lavandaia? — Chi non conosce Remigio, Mandioca a El Veneno, vive sui monti e non si accorge degli alberi Joaquin evocò l'immagine a rallentatore del corpo vibrante di quella donna. E solo allora potè constatare nel ricordo come tremavano i seni di Remìgia Mandioca mentre correva addentrandosi nel campo di caffè. — E' calda come una donna — commentò il Tigre affondando la mano nella terra bagnata dalla pioggia e dal fiume. Quaranta alberi oltre il Vicana apparve U casolare degli Aroma. Forse perché era esausto, o forse perché c'era parecchia nebbia, Joaquin non potè vedere quanto fossero sconquassate le pareti di palma reale e il tetto di guano. Riuscì a sentire soltanto il brusio monotono di una lastra di lamiera colpita dal vento, tenuta tesa da cordami d'agave perché il freddo non filtrasse nel casolare. — Chi vive? — domandarono dall'interno. —E'il Tigre, non fare U selvatico. Menzelano Aroma usci col machete in mano, a torso nudo, e U guardò come si guardano gli stranieri — Che ti succede Menzelano, non riconosci più U tuo compare? Quando Menzelano Aroma riconobbe il Tigre in quelle leggerezze, sorrise con i suoi due canini unici denti che gli rimanevano in bocca: — E questo vestito da guardia chi è? — chiese sospettoso. — Non è una guardia che bruci masserizie, Menzelano, è U tuo maestro — spiegò il Tigre stanco di tanta diffidenza. Menzelano mormorò qualcosa e offri loro mandioca lessata su foglie di yagruma che facevano le veci dei piatti. Joaquin vide il Tigre mangiare con le mani e visto che non c'erano forchette fece lo stesso. Fu allora che Menzelano Aroma, grattandosi U collo, chiese al Tigre perché avevano tardato tanto. • — Per questi sentieri dell'oscurità non c'è cristiano che corra né bestia che lo tolleri — disse il Tigre schiacciando con la mano contro la tavola una lucciola che si spense all'istante. Manuel Pereira Quinteiro Manuel Pereira

Luoghi citati: El Purial, El Veneno, Lincoln