Marcuse: da Hegel alla rivolta degli esclusi

Marcuse: da Hegel alla rivolta degli esclusi Il pensiero del filosofo in cinquanfanni di scritti Hl Marcuse: da Hegel alla rivolta degli esclusi LA morte di Marcuse ha riportato sulle primepagme dei giornali, per un mattino, il nome del filoso!o tedesco,chTriaveva campeggiato rumorosamente per un anno e poi era uscito silenziosamente di scena. . n padre spirituale del '68, il profeta deU»"™1™^ *£~ vanile, la terza M dopo Marx e Mao, sono alcune tra te de» nizioni più perentorie e per necessità semplificatrici apparse in questa circostanza sui nostri quotidiani. Ls figura asilo studioso, protagonista, con Adorno e Horkheimer, di una fra le più dirompenti avventure del pensiero contemporaneo, è scivolata, quasi per forza di cose, dal dibattito sul Ubro aUa rissa della cronaca, si è cristallizzata neUa immagine, oggi mitologica, del Gran Rifiuto: scritto, sempre, con le iniziali maiuscole. ILsuo nome, per alcuni anni, ha avuto la forza di polarizzare tutti i dissensi ideologici, ancne opposti fra loro; era sinonimo di Contestazione, eponimo ai Utopia. Quanto rimane, dei suo pensiero? Marcuse in Italia — e in gran parte del mondo — si è letto negli anni caldi, fra l'inizio dei moti di Berkeley e le ultime scintole del grande incendio in Sorbona. E' naturale che le prime analisi dopo la sua morte, a 81 anni, si siano soffermate sulla pedagogia rivoluzionaria dell'Uomo a una dimensione. Ma l'opera del filosofo si svolge lungo un arco di mezzo secolo, si nutre alle più robuste radici dell'idealismo tedesco, ha uno sviluppo e un impegno di analisi che trascendono le generalizzazioni di un momento, per quanto esplosivo. E deve essere riletta, ancora, nei suoi libri: assai più che negli slogan o neUe immagini stereotipe di più vantaggioso commercio. LE opere di Herbert Marcuse iniziano ad essere pubblicate in Italia nel corso degli Anni Sessanta; ma solo dopo il '68; la pubblicazione retrospettiva dei primi scritti consente di ripercorrere i diversi momenti del suo pensiero. La sua linea dottrinale, che risulta compiuta nel '64 con L'uomo a una dimensione, ha origine infatti negli anni tra il '28 e il '33, quando egli insegnava all'Università di Friburgo, in Germania. Negli scritti di questo periodo (raccolti in Marxismo e rivoluzione, Einaudi 1975) si rivelano influenze diverse: Hegel e Marx, la fenomenologia, il pensiero di Martin Heidegger (di cui era stato allievo durante gli anni uni-, versitari), lo storicismo di Dilthey. Del '32 è la sua prima opera importante, L'ontologia di Hegel e la fondazione di una teoria della storicità (pubblicata in italiano nel '69 dalla Nuova Italia, con prefazione di Mario Dal Fra). Marcuse vi esamina la storicità dell'essere, nel.sistema hegeliano, e giunge ad individuare nel concetto di «vita» il nodo essenziale in cui essere e storia si collegano, sottoponendosi alle forme concrete dei rapporti sociali. Nel '34, a New York, gli approfondimenti della «teoria critica», a cui egli contribuisce nel saggio su L'autorità e la famiglia (in collaborazione con Theodor W. Adorno e Max Horkheimer, Einaudi, 1970) aprono là fase della sua riflessione caratterizzata dalla critica al neocapitalismo, e lo conducono a modificare alcune tesi sul pensiero di Hegel. In Ragione e rivoluzione: Hegel e la nascita della scienza sociale, del '41 (H Mulino, 1966 con introduzione di Antonio Santucci e 1974), viene riconosciuto il ruolo critico e negativo della ragione hegeliana: essa non si colloca nell'orizzonte della realtà data, ma anzi nega «ciò che le sta immediatamente innanzi», e progetta la trasformazione del reale. Marcuse rivendicava cosi in polemica con il positivismo sociologico, il valere della ragione critica, contrapponendola alla ragione tecnica, positiva e strumentale, che instaura il dominio dell'uomo sulla natura e sugli altri uomini Al tempo stesso, egli puntualizzava altri due temi fondamentali della Scuola di Francoforte: l'utopia, come negazione dell'assenso all'«apparenza» storica, e il soggetto, come centro di una rivoluzione da compiersi preliminarmente al livello della coscienza individuale. Eros e civiltà, del '55 (Ei¬ naudi, 1964; e 1968, con prefazione di Giovanni Jervis) segna il suo distacco dagli altri teorici francofortesi, e l'inizio di un uso critico della psicanalisi. A partire dalla tesi di Freud, per cui «la civiltà è basata sulla, repressione permanente degli istinti», sembrano aprirsi due alternative; operando per la liberazione totale, si rischia di regredire alla barbarie; difendendo invece il progresso della civiltà, è necessario sottomettersi all'etica del sacrificio. Questa seconda alternativa è implicita nelle teorie di Freud, che, in fondo, si propongono come una terapia della rassegnazione, un sistema di adattamento al dato di fatto sociale. La soluzione di Marcùse procède da una mediazione dialettica: la liberazione non deve eliminare quel grado di controllo degli istinti che è necessario e naturale, ma togliere la repressione addizionale, artificialmente costruita dal sistema. Questo «plusvalore» repressivo, lungi dall'essere istituito per il progresso della civiltà, serve unicamente per incrementare la produzione. Una civiltà «felice», non repressiva, implicherebbe al contrario una forma di produzione gratuita, analoga a quella del lavoro artistico o del gioco, perché «Za realtà perda la sua necessità, e divenga leggera». Lo stesso discorso di Eros e civiltà è ripreso nelle lezioni e conferenze del '56, raccolte con il titolo Psicanalisi e politica (Laterza, 1968), mentre la dimensione storica dell'utopia si precisa in Soviet marxism, del '58 (Guanda, 1968): la «liberazione compiuta» è nella realizzazione sovietica l'enunciato di una nuova formula di dominio, fondata sull'assoggettamento dell'individuo all'apparato statale. Dunque tutti i sistemi deliindustrialismo avanzato, al di là dell'opposizione classica e formale tra capitalismo e comunismo, mostrano un'uniformità sostanziale nell'esercizio del potere. Le caratteristiche dell'ideologia tardccapitalistica appaiono nell'opera più nota di Marcuse, L'uomo a una dimensione (Einaudi 1967). L'uomo contemporaneo, urùdimensionale perché privato della prospettiva critica e negativa, non fa che assecondare il dettato storico del sistema, è incapace di rifiutare ciò che la società gli offre con la lusinga del «benessere», e non sa più distinguere la naturalità dei propri bisogni Ciò è dovuto al potere di integrazione proprio del capitalismo maturo un potere in grado di normalizzare l'inumano, rende¬ re autentico l'inautentico, istituire la naturalità di ciò che è contro natura, e insieme accogliere le stesse istanze rivoluzionarie, rendendole inoffensive. E' questa precisamente l'ideologia della «tolleranza repressiva» che viene descritta in un saggio del '65 (in Critica della tolleranza, Einaudi 1968). Dal '65 al '69 Marcuse pubblica prevalentemente raccolte di saggi scritti in epoca anteriore, lezioni interventi, conferenze: con il titolo Cultura e società escono gli scritti critici degli anni 1933-65 (parzialmente raccolti nell'edizione Einaudi, 1969); La fine dell'utopia (Laterza, 1968) comprende gli interventi aU'incontro organizzato dal Comitato studentesco dell'Università di Berlino-Ovest, nel '67; del '68 è il suo contributo su «La liberazione dalla società opulenta», in Dialettica della liberazione (Einaudi, 1969); dello stesso anno è Critica della società repressiva (FeltrineUi, 1968), una raccolta di nove saggi scritti tra il 1964 e il'67. I problemi della liberazione, che dopo gli esiti delle rivolte studentesche sembra destinata alla pura dimensione utopica, vengono analizzati nel Saggio sulla liberazione (Einaudi, 1969). Verificando, sulla scia di Adorno, l'inattualità della teoria marxiana delle classi Marcuse riconosce che l'ipotesi rivoluzionaria può sopravvivere solo nell'ottica di un «bisogno naturale di libertà» ormai sconosciuto al proletariato contemporaneo, ma che appartiene ai movimenti del Terzo Mondo e alle rivolte degli emarginati. Più tardi, nel '72, (Controrivoluzione e rivolta, Mondadori, 1973) le modalità di combattere le nuove forme della «controrivoluzione» gli appaiono riposte in un'eventuale riorganizzazione dei movimenti studenteschi. GU ultimi testi di Marcuse usciti in Italia sono La dimensione estetica (Mondadori, 1978), dove la tesi della «nuova sensibilità» (già formulata nell'Uomo a una dimensione e ripresa nel Saggio sulla liberazione) interviene in una critica all'ortodossia marmista in campo estetico; e una Conversazione con Arturo Schwarz, che, comprende anche «Sul terrorismo nella Repubblica Federale oggi». E' l'articolo uscito su «der Spiegel», in cui Marcuse criticava i terroristi della R.AF., sostenendo che l'eliminazione fisica dei singoli individui non ha l'effetto di interrompere il normale funzionamento del sistema capitalistico, ma piuttosto ne rinforza il potenziale repressivo. i pFranca D'Agostini

Luoghi citati: Berkeley, Francoforte, Germania, Italia, Laterza, New York, Nuova Italia