Il mercato è il loro dio

Il mercato è il loro dio Arrivano dalla Francia i nuovi economisti Il mercato è il loro dio Jean-Jacques Rosa eHorin Aftalion (acura di) I NUOVI ECONOMISTI SugarCo, Milano 208 pagine, 5000 lire DOPO i «nuovi filosofi», ecco i «nuovi economi-, stì», i quali, a onor del: vero, precedono i loro più noti colleghi alla cui capacità di assurgere alla ribalta e di tener banco debbono largamente la curiosità e l'interesse suscitato sul piano internazionale, ed il nome stesso. Per parte propria, più modesti dei filosofi, essi non si sono mai definiti come «nuovi economisti»—in cui il «nuovi» promette una qualche rivoluzione teorica —, semmai come «economisti» intendendo proprio difendere il significato ed il ruolo dell'analisi economica quale scienza positiva. Non per nulla nell'originaria edizione francese, il libro curato da Rosa e da Aftalion, che raccoglie alcuni' contributi (dello stesso Afta-1 non e di Fourcans, Morrisson, Simon, Wolfelsperger) ad un convegno tenutosi nel 1975 presso l'Ecole Supérieure de Sciences Economiques et Commerciales e che è considerato la magna charta del gruppo, è più propriamente titolato L'économique retrouvée, la riscoperta della dimensione economica. In cosa consiste questa riscoperta? Ricondurre ad unità le posizioni assai articolate e talora contraddittorie del «nuovi economisti» non è facile, ma si può dire che il loro pensiero si muove lungo tre filoni fondamentali: il rifiuto di «ideologizzare» l'economia, riaffermando la distinzione weberiana fra giudizi di fatto é giudizi di valore; la valorizzazione del mercato, quale strumento superiore ad ogni altro per giungere ad una efficace e razionale allocazione delle risorse; la distinzione fra momento della produzione e momento della distribuzione, assegnando le finalità redistributive allo Stato, ma soltanto attraverso la mano¬ vra fiscale, e quelle produttive all'azione del mercato. La prima tesi riprende la polemica contro le interpre- ' tazioni che vedono nell'analisi economica, almeno quale è stata sviluppata sia dal pensiero «borghese», neoclassico o keynesiano che sia, sia dal pensiero marxista, nuli'altro che una sovrastruttura ideologica, incapace di leggere la realtà dei processi socie-economici; occupa la maggior parte del libro ed è senza dubbio la meno interessante, almeno per il lettore non francese. Si tratta infatti di una bega in famiglia, fra la scuola di Attali, qui definita — invero alquanto sbrigativamente — degli «antieconomistà» e quella di Aftalion, dei «nuovi economisti», legata politicamente la prima a Mitterrand, la seconda a Rocard, ma entrambe gravitanti nell'area del partito socialista francese (se poi l'evoluzione di Rocard già segretario del psu —assai vicino al psiup italiano — dall'estrema sinistra al suo attuale orientamento neo-liberista sia da attribuirsi al suo entourage intellettuale o se il neo-liberismo di questi economisti sia dovuto all'itinerario politico di Rocard, lasciamo al lettore scegliere). N Sostiene Attali che i meccanismi dell'economia moderna non si possono cogliere con le categorie analitiche tradizionali e che occorre cercare nuovi strumenti interpretativi, in gradò di cogliere i conflitti sociali, e dunque più «politici». Ribatte Aftalion che le categorie tradizionali conservano la loro validità e che la scienza economica non è obsoleta e che bisogna guardarsi dai facuì sociologismi e da una politicizzazione a oltranza' che porta a trascurare le regole del metodo scientifico. Il dibattito nel suo insieme è abbastanza stucchevole e soprattutto ignora i reali sviluppi della teoria economica negli ultimi decenni, per cui la foga inquisitoria di entrambe le parti finisce per sfondare porte aperte o colpire bersagli inesistenti. La seconda tesi (il Mercato contro lo Stato) è quella più enfatizzata nella presentazione sul mercato culturale dei «nuovi economisti»: la «rivolta dei contribuenti» negli Stati Uniti, l'affermazione del radicalismo conservatore della Tatcher in Gran Bretagna hanno portato ad iscrivere Aftalion ed i suoi seguaci fra i teorici della riscoperta del «privato». Solo in parte ciò risponde al vero e comunque l'antinomia Mercato-Stato è posta in termini del tutto astratti, senza neppure porsi il problema, reale questo sì, di come conferire efficienza all'intervento dell'operatore pubblico, che non può essere cancellato con un tratto di penna o con la disinvolta dimenticanza di un economista, per nuovo che essosia. Quanto alla separazione fra produzione e distribuzione, par di leggere un'introduzione ai Principi di economia politica di John Stuart Mill. Peccato che i Principi siano stati pubblicati nel 1848. Beppe Gatti

Persone citate: Attali, Beppe Gatti, Fourcans, John Stuart Mill, Mitterrand, Rocard, Tatcher

Luoghi citati: Francia, Gran Bretagna, Milano, Stati Uniti