Erano best-seller in camicia nera

Erano best-seller in camicia nera Che cosa leggevano gli italiani durante il ventennio: Pitigrilli, Campanile Erano best-seller in camicia nera SE è vero che la letteratura di intrattenimento riesce a misurare-la temperatura culturale di un'epoca assai meglio dei rari e circoscritti capolavori, di solito capiti dopo una generazione o due, una ricognizione della narrativa di successo nell'Italia fascista si annuncia proficua, e fertile di sorprese E' quanto ha fatto Michele Giocondi, in quella che ha l'aria di essere una tesi di laurea (•Lettori incamicia nera», D'Anna, Messina-Firenze, 192 pagine, 2600 lire). L'impianto è sostanzialmente sociologico e statistico Qua e là, qualche svista: Barrili diventa regolarmente Barilli. R periodo preso in considerazione va dal 1918 al 1943. Prima sorpresa. La produzione, escluse le ristampe e gli scolastici tenne una media di quasi settemila titoli l'anno, che sono diecimila nel decennio 1931-1940. Quindi un 20% in più della produzione media dei trentanni del secondo dopoguerra, Nel 1938 furono venduti, sempre esclusi gli scolastici, dieci milioni di Ubri su una popolazione che contava 44 milioni di abitanti, ma aveva il 17% di analfabeti ufficiali, senza contare gli analfabeti di ritorno. Nel 1970 le copie vendute furono venti milioni, contro tirature complessive per 65 milioni di copie:} un rapporto preoccupante,' che vuol dire eccesso di prò-'. * dazione, scélte poco rigorose, crisi della libreria, «rese» alle stélle. Considerato l'incremento dei lettori, favorito dalla scolarizzazione ài massa, non v'è certo da stare al-, legri. Una controprova di questa situazione di sostanziale stallo è fornita dai dati sui quotidiani: si vendevano 5 milioni di copie giornaliere sotto Giolitti, nel 1911, e 5 milioni e mezzo si vendono oggi Invariata è rimasta anche la quota del 25% che la letteratura rappresenta nella produzione libraria Radicalmente diversa, invece lo durata dei successi Mentre oggi il best-seller dura di so-lito una sola stagioni, viene spremuto a fondo con ogni tecnica di terrorismo promozionale e poi superato dalla logica del prodotto nuovo, i best-seUers del regime hanno corsa lunga: Da Verona, Pitigrilli Brocchi Zuccoli arrivano alle due-trecentomila copie magari in ventanni ma con una progressione regolare e costante Sono 125 i titoli che hanno venduto dalle 400 mila copie del Mussolini di Pini alle 50 mila di I poveri sono matti di Zavattini Nel gruppo c'è gente di tutto rispetto: D'Annunzio e Campanile Bocchelli e Fogazzaro, Gatti e Moravia (70 mila copie per Gli indifferenti, che non è/ davvero poco), Ada Negri e Sibilla Aleramo, Màrinetti e Corra, Palazzeschi e Alvaro. E a quote di venduto dì poco inferiori si trovano autori come Bontempetti e Stuparich. Esisteva insomma una fascia di lettori avvertiti valutabili in qualche decina di migliaia, che sapeva scegliere, e non si scoraggiava davanti al nuovo o all'impervio. Una fascia che numericamente è rimasta sostanzialmente identica. Accanto a questo pubblico elitario c'è una più vasta e indifferenziata platea piccolo e medio-borghese che sitasela agevolmente sedurre dalle trasgressioni eroticomondane di Pitigrilli e Da Verona, Facile oggi farsi beffe di battute umoristiche come: «Conchita si irrigidì, e disse gelidamente, con gran¬ de fermezza d'animo e di seni: —Cè troppa luce» (Pitigrilli Oltraggio al pudore;. Se adesso la letteratura dHntrattenimento s'è fatta scaltra, ha preso dal cinema certe tecniche del racconto (ma le strutture profonde delle sue favole son rimaste le stesse), sarebbe un bel gioco di società compilare lunghi , elenchi di autori di successo che non sfuggiranno all'acre sarcasmo dei nostri figli e nipoti. Giocondi divide i best-sellers del fascismo in sei gruppi: romantico, daveroniano, pornografico, eroico-fascista, reaUstico-borghese (che è il gruppo più eterogeneo e~ confuso) e umoristico. R dato comune è che tutti vogliono dimostrare qualcosa, tutti hanno un atteggiamento didascalico e predicatorio, dai paladini dei buoni sentimenti ai grandi cinici dal sorriso sprezzante, che sanno tutto della vita Nel romantico svetta l'intimismo acqua e sapone di Brocchi (quali splendidi copioni per i perfidi rifacimenti di Paolo Poli..), seguitò a ruota da Gotta, imperturbabile costruttore di saghe R modulo è obbligato: due innamorati che incarnano le migliori forze morali vedono i loro sogni legittimi contrastati da antagonisti ipocriti, corrotti e frivoli Quando non sopraggiunge il lieto fine, son fiere tragedie, o sacrifici silenziosi di donne Daveroniani e pornografi si confondono un po', ma dire pornografia è davvero troppo quando un maestro del genere, U Mariani arrivato al momento culminante dell'amore di due adolescenti che dovrebbero essere assatanati dai sensi scrive manzonianamente: «Poi spezzammo le catene», battuta epigrafica che anche l'infame Egidio avrebbe sottoscritto volentieri Non era tanto la pornografia in se stessa quel che abbagliava i lettori, quando una certa idea del lusso, dell'esotico, détto humour, del 1 fasto mondano: i décors raffinatied esclusivi i viaggi le donne estenuate, languide e spregiudicate Insomma i simboli di stato dei ricchi Piaceva lo scetticismo dandy di Pitigrilli, chexmporiava i paradossi di G. 3. Show impomatandoli con la brillantina di Gastone, rivestendoli col frac del professionista détta seduzione. C'era anche chi faceva il furbo, come Mariani, che giustificava la materia osée pretendendo di denunciare le ipocrisie détte convenzioni sociali Ma erano numerosi forse più di oggi i professionisti che erano in grado di sfornare prodotti annuali confezionati. nell'assoluto rispetto delle esigenze di mercato. E resta isolato lo scatto di superbia di Guido Da Verona che a un certo punto insulta i lettori che lo idolatravano, deride la loro sete di evasione: «Buona gente, perché siete venuti al mondo? Le vostre son case mediocri, ove regna l'abitudine... n triste odore della cucina pesa nei grevi appartamenti... Per quanto pensiate, uomini, per quanto facciate calcoli assurdi e meravigliosi con la geometria dei vostri alfabeti, l'universo è una prigione dalla quale non riuscirete mai ad evadere.-». Quanto agli umoristi, se è vero che Campanile e Zavattini poterono contare su un successo discreto e costante, nulla può la surreale comicità détta loro pagina contro l'ilarità che sale dall'iperbole pop détte biografie mussoliniane: «Aveva più di 40° di febbre eppur dovettero scalpellargli la tibia ed estrargli le schegge delle 42 ferite ond'era crivellato», scrii» il Pini in una scena ospedaliera che gronda sangue e stoicismo. Un certo professor Dall'Osso, insigne romanista, scopre dopo lunghe ricerche che la famiglia del Duce era già nota nétta Roma repubblicana, duecento anni prima di Cristo. Un biografo ungherese annuncia che nella stessa ora in cui a Predappio nacque l'uomo della Provvidenza un'aquila fu colpita a morte da un fulmine a Schoenbrunn, chiaro presagio del crollo dell'impero asburgico, che trentanni più tardi il neonato avrebbe propiziato con la sua arden¬ te campagna interventista. Puntuali infine, le note caratteriali: «Si nutre quasi esclusivamente di frutta, latte e verdura. Mussolini non fuma, non gioca, non è un buongustaio, né un gaudente. Non beve liquori né vino, non partecipa a pranzi né a feste mondane. Nutre soltanto l'ambizione di far grande l'Italia». Dimenticava, il Pini autore di queste righe, che il Duce •frenetico e sagace» era anche buon femminista, come invece si lascia scappare la Sarfatti nel suo fortunato Dux (Mondadori 1926, 200 mila copie): a due signore straniere che garbatamente lo interrogavano di politica rispose perentorio: «Lasciamo questi discorsi che sono adatti per altri cervelli!». Ernesto Ferrerò

Luoghi citati: Firenze, Italia, Messina, Predappio, Roma, Ubri, Verona