Come Tolstoj scelse Dio

Come Tolstoj scelse Dio La sua «confessione» religiosa Come Tolstoj scelse Dio Lev Tolstoj LA CONFESSIONE SugarCo, Milano 123 pagine, 2000 lire AKazàn, in una vorace stagione della sua adolescenza, Lev Tolstoj si lesse tutto Rousseau; e da quel momento portò appeso al collo un medaglione col profilo del grande ginevrino. Ispoved', il titolo originale di questa sua Confessione riproposta al lettore italiano da G. Pacini, è anche il titolo adottato per la traduzione russa delle Confessions di Jean-Jacques. E, davvero, una febbre russoiana di sincerità totale corre dentro le pagine di Tolstoj, nette, dure, incalzanti. Lo scrittore è sulla cinquantina; si sente ormai tallonato senza scampo dal proprio «inesausto bisogno di giustificazioni ultime» (per dirla con D. Mirskij). Ed ecco La confessione. Ne troviamo il riassunto in una nota del suo diario: «Sono al mondo da cinquantadue anni, ed esclusi i quattordiciquindici dell'infamia più o meno incosciente, gli altri trentacinque non li ho vissuti né da cristiano né da maomettano né da buddhista, ma da nichilista nel senso più vero e concreto della parola, cioè sema una qualsiasi fede... Su come, da nichilista, san diventato cristiano, ho scritto un libro...». Tolstoj rovescia come un guanto la propria vita e la propria biografia. Le fruga impaziente e spietato. A grandi passi matura il racconto della «crisi». Mentre Anna Karènina si avvia al suo tragico destino, la disperazione si gonfia, lievita immedicabile in Tolstoj fino alla tentazione del suicidio. Torna, continua, ossessiva, una domanda: «cos'è la.vita?»; e l'unica risposta lucida e coerente («la vita è un male e un assurdo», «la vita è uno stupido scherzo giocatomi da qualcuno...») parrebbero darla i «filosofi» che hanno saputo guardarsi dentro e intorno senza un battito di. ciglia: Buddha e Qohélet, Socrate e Schopenhauer. E comincia la grande, rischiosa avventura. Tolstoj ritorna al grembo della fede ortodossa e alla corposità dei suoi riti. Ma già lo assediano inquietudini e insofferenze. Visita monasteri e santuari; consulta, sempre deluso, vescovi, archimandriti, ascetici starey. E' affascinato dai testi dell'antica religiosità popolare: i Prologhi, le Cet'i-minèi Riscopre Awakum, l'eresiarca del Seicento messo al rogo. Un'inquietante ' rivelazione riporta Tolstoj nell'alveo del suo «razionalismo etico», e su di essa si chiude La confessione: «Che nella dottrina cristiana sia contenuta la verità è un fatto per me indubitabile; ma è anche indubitabile che in essa c'è pure la menzogna, e io devo identificare la verità e la menzogna, e separare l'una dall'altra». Già sappiamo quale sarà d'ora in poi la religione tolstoiana : un cristianesimo ridotto alla sua nuda spoglia morale, liberato da teologie e misticismi. Resta il problema dei rapporti un po' misteriosi di questo Tolstoj moralista con una tradizione autoctona folta di predicatori e di profeti e, più alla lontana, col variegato filone «sciamanico» dei bizzarri, anarchici «uomini di Dio», «folli in Cristo», pellegrini senza requie, «viaggiatori incantati»... Ed anche la fine di Tolstoj, trent'anni dopo la stesura della Confessione, sembra ripetere moduli culturali antichi: la fuga davanti alla morte per andarle incontro . e, insieme, giocarla, eclissandosi nelle vastità della,, terra russa. Remo Faccani

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