Folla e poesia, un flirt mancato di Nico Orengo

Folla e poesia, un flirt mancato Le buone intenzioni non salvano il Festival di Castelporziano Folla e poesia, un flirt mancato ROMA — La macchia di benzina che brucia in mare al largo di Civitavecchia non inquieta i poeti di Ostia. Dalla «Vera Berlingieri» affondata martedì e adagiata in fondo al mare continua ad uscire combustibile, e la lunga striscia incandescente potrebbe minacciare il litorale romano, ma a Ostia, questa Rimini frustrata e bruciata con le sue palme stentate, i poeti hanno altre preoccupazioni. Frutto di un equivoco Che questo primo Festival Internazionale di Poesia fosse frutto di un equivoco si cominciava a capire già il primo giorno, leggendo la «Quotidiana di poesia» inserita in «Lotta Continua» di giovedì 28 giugno Sul supplemento c'erano gli itinerari per arrivare alla spiaggia di Castelporziano (spiaggia libera. cancello n. 9) dove si è svolto il Festival, c'erano i nomi dei poeti partecipanti, nomi famosi come Ginsberg. Corso. Evtushenko. Peter Handke. Pleynet. Andrea Zanzotto. Le Roi Jones, e c'erano altre cose che suscitavano perplessità. Non era solo il tiiolo in caratteri Coca-Cola, ennesima mitizzazione dell'America. Era il tono di quelle quattro pagine, incerto fra freak e avanguardia, chiaramente ignaro dei propri destinatari. «Lotta Continua» è un veicolo ambiguo per scelta, e decidendo di viaggiargli dentro la «Quotidiana di poesia» dimostra di essere alla ricerca di un pubblico che non conosce. Sicuramente, perciò, questo Festival non poteva essere la verifica di una realtà esistente, e questo basta a rendere inapplicabile qualsiasi paragone con Woodstock. Là era previsto un incontro fra un gruppo di musicisti con un progetto comune e globale, e una massa che dichiarava la propria sintonia con le linee fondamentali di tale progetto. A Castelporziano l'assenza più vistosa ancora di quella di Patti Smith, era l'assen2a di un progetto. L'incontro di due istituzioni, una cosiddetta «irregolare», il Beat 72 di Carella e Benedetti, e l'altra ufficiale. l'Assessorato alla Cultura romano di Renato Nicolini. ha reso evidente che entrambe agivano senza un piano preciso. H Beat '72 non aveva in realtà un progetto di poesia nemmeno come base delle sue serate negli anni passati: credeva di aver creato il pubblico della poesia perché si è fidato troppo dei mass media, dei giornali sempre più abili a documentare, analizzare, amplificare realtà inesistenti oppure ovvie. L'Assessorato alla Cultura manca evidentemente di un progetto perché agisce in base a un'iniziativa individuale e recente, la voglia di muoversi di Nicolini. Molto acutamente «Il Male», ipotizzando la nascita di una «folla poliuso» stipendiata dai Comuni e destinata a ogni tipo di raduni e manifestazioni, attribuisce all'assessore Nicolini un entusiastico assenso alla proposta. E un primo contingente di folla poliuso è stato messo in funzione proprio a Ostia. . . Erano i quattromila radunati sulla spiaggia di fronte a una poesia che non volevano ascoltare. Non era il pubblico della poesia, non era il pubblico di niente. Pubblico è quattromila che si radunano per porsi di fronte a qualcosa, che potrà essere poi applaudito o distrutto, esaitato o sconfitto. Non è pubblico quattromila che si radunano per radunarsi, che sarebbero venuti allo stesso modo se su quel palco si fossero dovuti esibire i finalisti di un concorso per culturisti, purché fosse sulla spiaggia, e i giornali ne avessero parlato citando Woodstock e pubblicando le solite foto dei ragazzi che facevano il bagno nudi. E anche.questi ragazzi si sono rivelati prontissimi a salire sul palco e spogliarsi, a occupare uno spazio di cui non sapevano cosa fare ma che non erano disposti a cedere. Giovedì sera dovevano leggere le loro poesie gli italiani: c'erano Bellezza. Viviani. Zeichen. Conte. De Angelis e nessuno è riuscito ad arrivai fino in fondo. Certi, come Dacia Maraini. non hanno neppure cominciato. Ma se i quattromila non erano un pubblico, non erano nemmeno una festa, perché non c'era fra loro aggregazione, non si parlavano, ognuno viveva a modo suo l'impulso o la nevrosi che lo aveva portato a quella spiaggia. Come il ragazzo che è salito sul palco, si è spogliato e ha detto — Io sono una scimmia —. ma poi è rimasto ancorato a quella frase, non è stato capace di portarla più in là. Non sono canzonette Quello che non hanno capito gli organizzatori l'hanno sentito i ragazzi: che non si può trattare la poesia come canzonette. Questi quattromila mescolati ad altri quarantaseimila sarebbero stati un vero pubblico per Dalla e De Gregori. Di questi quattromila, cinquecento sarebbero stati un vero pubblico per Zeichen e Conte. Così, in questo ibrido fra due forme di espressione che vivono stadi di evoluzione molto lontani, sono una folla poliuso che non vuole altro che affermare se stessa, un agglomerato non-collettivo per cui l'insulto di fascista è privo di carica offensiva. Sono stati Bellezza e Viviani, giovedì sera, a dire «fascisti», e nessuno di loro ha reagito. I poeti italiani di fronte a questo si sono ritrovati anche loro senza un progetto. Come l'assessore Nicolini. anche il poeta italiano fn questo momento è una forza individuale, un rivoletto che scorre per conto suo. Dopo il Gruppo '63 non c'è più stato un progetto di poesia, la poesia non ha più avuto teorici. Le divisioni geografiche, i tentativi di contrapporre i poeti di Roma a quelli di Milano, di raggrupparli attorno a riviste sono solo espedienti. Mancano i vecchi maestri odiosi, dolcissimi e imprendibili come Giuliani, provocatori come Guglielmi, le vecchie madri sagge come Anceschi. le zie complici come S anguineti. Questi rivoletti individuali hanno in comune solo il desiderio di scrittura, e grave errore è stato strapparli alla pagina scritta per metterli su un palco. Non sono americani. Gli americani a Ostia c'erano, questo gruppo di redivivi imperturbabili. Burroughs. Ferlinghetti. Corso. Ginsberg. Professionisti compatti che sul palco ci sanno stare, che riescono comunque a trasformare la folla in pubblico Ma loro da vent'anni fanno incontrare poesia e mass media, recitano sotto r riflettori, girano i film con Bob Dylan. (E comunque già anni fa Umberto Eco nella sua Opera aperta ci ammoniva a non dar loro troppo peso. Quanti testi importanti andrebbero letti e riletti). L'errore fondamentale di chi ha organizzato questo Festival è stato ancora una volta di voler riprodurre l'America in Italia saltando tutti i passaggi, e chiedendo al poeta di fare Renato Zero. E la gente a cui è stato offerto questo equivoco ha reagito col desiderio di rompere e buttare via. non ha nemmeno creato un mito di ..oiitro. un poeta della rottura di cui fare un simbolo. Chi ci è andato più vicino è stato Aldo Piromalli, che declamando insulti è stato per un attimo gli Skiantos di questo Festival dell'Assenza, senza progetto e senza cultura, senza pubblico e senza poesia. Nico Orengo

Luoghi citati: America, Castelporziano, Civitavecchia, Italia, Milano, Roma