Rathenau, specchio della nostra crisi

Rathenau, specchio della nostra crisi [7 programma del ministro di Weimar Rathenau, specchio della nostra crisi Massimo Cacciari WALTHER RATHENAU ED IL SUO AMBIENTE 1919-1921 De Donato, Bari 196 pagine GLI anni Venti-Trenta sono diventati emblematici, perché anni della grande crisi europea, anni in cui le possibilità si determinarono e la storia europea prese la forma che sarà la sua nel secolo XX. Perché interessa Walther Rathenau a Massimo Cacciari? In realtà, non per ciò per cui Rathenau è più noto, cioè per la sua politica estera, per il tentativo di dare una figura internazionale alla Germania sconfitta e controllata dai vincitori, ma come uomo che ha pensato la crisi del suo tempo, ed ha fatto della sua azione politica un momento della sua stessa riflessione interiore. Questo tipo di politico, è ormai a noi del tutto ignoto. E, infine, quale pensiero può essere considerato maggiormente pensiero della crisi che quello di chi tematizza la sua stessa fine, la civetta che esce prima del crepuscolo? «Avviene che epoche raggiungano apparentemente il loro culmine quando in realtà sono già dissolte, lo credo che il grande capitalismo svilupperà innanzitutto ancora le sue forme più grandiose, dico forme perché già alcune cose si contrappongono al suo contenuto. Poi si trasmuterà lentamente in un capitalismo collettivo, in un capitalismo di responsabilità comunitaria». Non è tuttavia questo pensiero del trapasso ciò che di Rathenau Cacciari sottolinea maggiormente. E' invece l'affermazione delle necessità e ad un tempo della insufficienza dell'organizzazione. Rathenau è visto come colui che ha considerato l'organizzazione capitalistica della produzione come ordinamento totale di tutte le componenti di essa. Si tratta di un processo di concentrazione e divisione del lavoro, che ha la sua conclusione politica nelle formazioni di unioni di industrie di uno stesso ramo «riconosciute e sorvegliate dallo Stato con diritti assai estesi» (p. 65). Le unioni si incontrano tra di loro in concentrazioni più vaste che si assumono il compito della «autoprogrammazione», del compromesso cioè e dell'armonizzazione tra gli interessi dei singoli settori. Ma quale realtà storica ha questo «socialismo del capitale», che implica l'integrazione inevitabile di tutta la forza-lavoro nel sistema economico e burocratico che esso comporta? Ciò che Cacciari mette in maggiore evidenza in questo1 studio è la presa di coscienza di Rathenau della astrazione politica delle sue tesi. Essa poteva essere pensata nel quadro dello Stato prussiano divenuto impero tedesco, appariva quale la perfetta estensione dello spirito prussiano alla economia politica. Ma Rathenau non era un tecnocrate, bensì un umanista, in ultima analisi, e per questo -gli finì quale dirigente polittico democratico della Re>ubblica di Weimar. Ma come non constatare qui, appunto, che non esisteva più Stato, che l'ethos politico che rendeva possibile una tale organizzazione non era più disponibile, che la repubblica di Weimar era un insieme di partiti, non uno Stato? Appare qui dunque un politico la cui apertura al diverso, ai possibile si fonda su una singolare nostalgia di passato, un pensatore che poteva porsi sul piano del progresso solo quando le radici etiche della continuità fossero solidamente garantite sul piano politico e statale. Quale è dunque l'attualità di Rathenau, oggi? Ci sembra assai difficile che sia ancora tra di noi il desiderio l'ethos politico dello Stato nazionale, che è stato fracassato in Europa dalla seconda guerra' mondiale. Vi è certo una affinità tra il nostro errare sapendo di errare, il nostro esser sradicati da qualunque soluzione e da qualunque prò-, spettiva etico politica e la posizione di Rathenau, anch'egli privo di sicurezze ideologiche, aperto all'azione politica nella sua infondatezza, nella sua mancanza di necessità interiore ed esteriore. Tutti siamo politicamente vagabondi, perché non esiste più l'ideale Repubblica, né la solida sostanza etica dello Stato fondato su se stesso. In questo, proporre Rathenau, è certo proporre uno specchio, anche se fatturato in modo assai diverso dalla nostra immagine che riflette. E' questa l'intenzione con cui Cacciari ce lo presenta? Per Cacciari la Germania tra il '17 ed il '21 è il luogo del tramonto delle prospettive del secolo, la proposta e la crisi di tutte le organizzazioni, di quelle del capitalismo come di quelle del proletariaito. Al Rathenau è la indicazione del fallimento del capitalismo a proporre una soluzione all'altezza della coscienza europea. Ma si può dire che ad esempio un problema analogo non maturi oggi negli Stati Uniti? Infine, colpisce come il problema americano di oggi sia di essere un impero senza una coscienza ed una politica imperiale. Gli Stati Uniti hanno come loro maggior debolezza il problema dello Stato, mentre hanno creato una potente organizzazione economica, non dissimile da quella pensata da Rathenau. Cacciari è qui troppo legato a decifrare il messaggio degli anni decisivi del secolo per domandarsi se ed in che modo operino ancora quelle decisioni. E' infine la tecnica, la «volontà di potenza» o, in ultima analisi, ciò compete ancora alla politica? La potenza tecnica senza la politica non è astratta e violenta, priva di quel potere supremo che è infine sapere che cosa e perché potere? Questi interrogativi vanno rivolti all'insieme della ricerca di Massimo Cacciari,-certo una delle più significative nell'intreccio del filosofico e del politico nelìa scacchiera del nostro pensare e fare politica senza fondamento, Gianni Baget-Bozzo

Persone citate: Cacciari, Gianni Baget-bozzo, Massimo Cacciari, Rathenau Cacciari, Walther Rathenau

Luoghi citati: Europa, Germania, Stati Uniti, Weimar, Weimar Rathenau