Cara Sibilla, ammesso che io esista ancora... di Angela Bianchini

Cara Sibilla, ammesso che io esista ancora... Nelle lettere il dramma di Dino Campana Cara Sibilla, ammesso che io esista ancora... LE mie lettere sono fatte per essere bruciate» : troviamo questa frase in una lettera scritta dal poeta Dino Campana a Sibilla Aleramo da Marina di Pisa, probabilmente nell'ottobre del 1916. Siamo, ad un tempo, al culmine e alla fine del «breve, lacerante rapporto amoroso della scrittrice» (la. definizione, giustissima, è di Alba-Morino, che di Sibilla Aleramo ha curato, quest'anno, per Feltrinelli, Diario di una donna, Inediti 1945-1960) con il poeta di Marradi, già psichicamente malatissimo. Era iniziato nell'estate, quando da Rifredo di Mugello, Campana aveva scritto: •Credo, egregia Sibilla, che non avrò eredi Arderò con il mìo famoso fardello dove onderò. Finita la guerra non esisterò più ammesso che esista ancora...»: parole profetiche perchè fu di uh anno dopo l'ultimo incontro trai due amanti, Campana, fu poi internato nel manicomio di Castel Pulci (ma il 17 gennaio 1918 scrive ancora a Sibilla, dalle tenebre dell'ospedale psichiatrico «Cara se credi che abbia sofferto abbastanza, sono pronto a darti quello che mi resta della mia vita...») e lì morì senza più uscirne, nel 1932. Alla volontà di morte, annunciata da Campana fin dall'inizio, quella «pellegrina d'amore» che fu Sibilla non crede e, gettandosi a corpo morto, come è stato detto, «in un delirante anelito di rigenerazione», andò/appunto, nell'estate del 1916, in Mugello, a incontrare Campana: «Siamo poeti notturni eie stelle ci propi-. zieranno l'avvenire... ». Se la «deflagrazione d'amore» non fu propiziata da alcun astro, abbiamo avuto, però, noi posteri, noi sostenitori e patiti di questo torturato rapporto (non più costretti a prendere le parti, come furono i contemporanei, ora dell'uno ora dell'altra) la ventura di conoscerne là portata, d'immergerci ancorai dòpo più di mezzo secolo, nella sua essenziale, intramontabile drammaticità. E' la drammaticità stessa di Campana, non soltanto nei confronti di Sibilla, ma' di tutto il gruppo fiorentino, vivo di fermentiletterari, di Sòffici, Papini, Cecchi, Carrà in cui entrò, con azione dirompente, contraddittoria, irta di suscettibilità con la sua figura più che insolita, avvincente, tutta arrivi improvvisi e altrettanto repentine fughe. Dunque le lettere di Campana non furono bruciate ed ebbe ragione Sibilla a non voler badare all'avvertimento del poeta come a «una disposizione testamentaria», concedendo invece il permesso a Niccolò Gallo, nel 1958, di pubblicare il primo carteggio integrale del poeta: le lettere sue e di Campana, appunto. Tutti gli altri carteggi, invece, furono soltanto parziali, con l'eccezione di quello di Campana con Novaro, pubblicato da Falqui, e comunque, così saltuari e di sedi ed epoche diverse da far sì che l'epistolario campaniano rimanesse «aperto» e di difficile soluzione. Un contributo, di provenienza e motivazioni abbastanza singolari, è pubblicato oggi da Scheiwiller e intitolato (e da qui il nostro discorso ha prèso le mosse): Dino Campana, Le mie lettere sono fatte per essere bruciate, a cura di Gabriel Cacho Millet (All'insegna del pesce d'oro, Milano, 1978, pp. 254, Ut. 10.000). n libro, corredato da interessante iconografìa, presenta due tipi di problemi che vanno, per necessità di chiarezza, esaminati separatamente. n primo: che cosa contiene? La risposta è quésta: una raccolta di lettere campanianè e dirette a Campana nel periodo che va da metà di maggio del 1913 al 9 marzo del 1931 e cioè, fra inediti ed editi parzialmente o integralmente, ben 114 documenti, all'esclusione, si capisce, di quanto già pubblicato in forma organica nei carteggi con l'Aleramo e Novaro. Sarebbe impossibile elencare i nomi di tutti i corrispondenti, ma conta invece sottolineare come l'epistolario con Cecchi (e con Leonetto Cecchi Pieraccini). sia stato completato tutto, mentre quello con Papini, molto più breve, sia totalmente inedito, e con Soffici, esistano due lettere inedite. Questa informazione, di per se stessa importante, perché implica il compulsare di innumerevoli archivi fino a oggi rimasti chiusi o appena toccati (per esempio.il fondo enorme lasciato dall'Aleramo all'Istituto Gramsci), va però corredata con un'altra: il curatore Cacho Millet, per da-* re il senso dei rapporti tormentati di Campana, delle sue famose diatribe contro Papini e Soffici (il quale aveva perdu¬ to, com'è noto, il manoscritto di II più lungo giorno) aggiunge un po' ovunque, altro materiale. Viene dunque fuori, un quadro sfaccettato, quasi fluido di tutta una serie di drammatiche, spesso atroci interrelazioni personali. E ora, il secondo problema, perché a compiere questo lavóro è stato proprio Cacho Millet, letterato latino-americano, nato nel 1939 a San Rafael in una zona delle Ande più vicina al Cile che all'Argentina, che ha insegnato a lungo nell'Università di Sari Salvador, a Buenos Aires, e dal 1972, lavora come giornalista a Roma? Perché proprio lui ha scritto, nel 1976, Quasi un uomo, quella pièce che si diede a Marradi per la prima volta nel 1977 e ancora pochi giorni fa si rappresentava ai Filodrammatici a Milano, la visita a Dino Campana, lungo monologo affidato tutto a Mario Maranzana? Si può addurre una storia di traduzione dei Canti Orfici commissionatagli molti anni fa da un editore di Buenos Aires, e anche la volontà di sapere con certezza se Campana fosse andato o no nel 1908 in Argentina: me l'ha raccontato Cacho Millet stesso. Ma io andrei anche più in là e attribuirei il tutto a uno strano impulso spirituale che a volte valica gli oceani e provoca incontri, in tempi e paesi diversi. E non voghe dire soltanto quello, di per sé abbastanza singolare, tra Cacho Millet e il poeta di Marradi, ma anche dell'affinità che Cacho Millet stesso sente tra Campana e Lorca, due poeti maledetti ma non maudits. «L'acqua ha la criniera d'argento / L'amore è sema ritorno i Bianca cavalla d'amore i II tuo tosone dorato / Amore sema ritorno». Questi versi sono di Campana, e non di Lorca. Angela Bianchini , ì)t ivo Ccu.^.jsa.ua. Dino Campana (Disegno di P. Conti) (