Forse è meno lontano di quanto non si creda di Gianni Vattimo
Forse è meno lontano di quanto non si creda Forse è meno lontano di quanto non si creda familiari in quanto accettati dà tutti, ma anche modelli ineguagliabili, quindi isolati in una loro insuperabile estraneità. Ma per arrivare a leggere un testo come traccia e testimonianza di un mondo altro, di una cultura totalmente diversa (paragonabile a una cultura «selvaggia») il primo passo è proprio la sua inclusione nel novero dei classici L'aura (e il valore commerciale) che i manufatti e le opere provenienti da culture primitive condividono con capolavori grandi e piccoli della nostra tradizione artistica dice molto sulla profonda analogia tra l'estraneità del classico e l'estraneità del diverso. Dunque, non ci illuderemo che mettere in scena i dialoghi di Platone sia. un modo per ridar loro Una immediatezza vissuta che del resto, come opere letterariamente costruite, non hanno mai avuto. Anche il ricollocarli nella loro condizione dialogica, dando anima e volto ai personaggi, e dunque ritrovando le passioni che percorrono Socrate e Alcibiade, non è che un'ennesima operazione di «straniamento» storico, analoga in tutto e per tutto a quelle che hanno condotto alla canonizzazione di quei testi. Quel che è giusto domandarsi è: che effetto si vuol produrre con questa operazione, quali virtualità di significato si vogliono far emergere dai dialoghi platonici rimessi nella loro condizione di dialoghi? Allora è utile tener presente che questa messa in scena di Piatene si fa oggi — e anche il nome di un poeta come Gianpiero Bona ne dà garanzia — dal cuore stesso di una cultura che, implicitamente ed esplicitamente, si professa antiplatonica. Non solo la filosofia di oggi, ma anche le poetiche delle arti — per il teatro, basterebbe pensare al nome di Artaud — si muovono per 10 più secondo la parola d'ordine del «rovesciamento del platonismo», annunciata per la prima volta da Nietzsche: rifiuto di un ordine delT essere trascendente quello dei fenomeni, rifiuto della concezione gerarchica dell'io, rifiuto di ogni privilegio del significato (le idee, i valori) sul significante (le forme, gli eventi del linguaggio, i gesti e la stessa mobile vitalità del corpo). Ma proprio dal cuore di questa cultura antiplatonica non possiamo non prendere atto che qualcosa di Platone sopravvive, in profondo e produttivo contrasto con il significato metafisico irrigidito che il platonismo ha assunto nella tradizione occidentale; sopravvive la «teatralità* di Platone, il «principio dialogico», l'idea che la verità vive in un permanente conflitto di prospettive le quali, in un gioco legato anche agli aspètti meno metafisici, e più rimossi, delle individualità dialoganti (il corpo, i bisogni, i sentimenti, le passioni) si compongono in orizzonti unitari che non sanzionano mai il trionfo di una delle, prospettive in contrasto, ma rappresentano una vera e propria novità, dalla quale tutti gli interlocutori, i loro pregiudizi, le loro gerarchie interiori, le loro strutture pretese definitive vengono «messi in gioco», rimescolati e fluidificati. Oggi questo elemento genuinamente platonico può essere filtro valere contro la rigidézza metafisica del platonismo canonizzato dalla tradizione, anche dal punto di vista di una rinnovata riflessione sull'essenza e la portata ilei dialogo sociale come esperienza ermeneutica. 11 Platone dialogico è forse meno lontano da Nietzsche di quanto non si creda. Gianni Vattimo Platone
Persone citate: Artaud, Gianpiero Bona, Nietzsche, Platone, Socrate
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