Le ossessioni di Proudhon misogino e represso

Le ossessioni di Proudhon misogino e represso Dietro la maschera dell'utopista, un personaggio segretamente reazionario Le ossessioni di Proudhon misogino e represso Ammiratore della bellezza virile, dopo un primo rapporto omosessuale troncato dalla morte del giovane amico, si costrinse a una lunga continenza - E rovesciò la tentazione repressa in un amore-odio per i pederasti e in un disprezzo assoluto per la donna - Detestava la «emancipata», accettava solo la casalinga, in panni rozzi, scarpe grosse, da tenere soggetta e controllata J "P ARIGI - Pierre-Joseph .i Proudhon, utopista genialoide e autodidatta vissuto in Francia fra il 1809 e il 1865, che Luigi Napoleone gettò in carcere dopo la pubblicazione delle sue «Idee rivoluzionarie», e Bakunin difese contro Marx, pur considerandolo «un incorreggibile idealista», è tornato di moda. Non passa giorno senza che il suo nome venga citato come precursore dell'anarchismo moderno, araldo di un socialismo libertario o profeta dell'autogestione. Ma quanti conoscono l'autentica fisionomia di questo personaggio violentemente misogino e segretamente reazionario, che disprezzava il popolo, cioè «le masse inintelligenti, feroci, perfide, * immorali e vigliacche»? E quanti hanno approfondito la sua opera prolissa e paradossale? Proudhon, contraddicendosi di continuo, celebra i valori repubblicani ma nei momenti di sincerità confessa di preferire «Luigi Filippo, e magari Napoleone, a Robespierre», esalta l'associazionismo operaio, ma afferma che, per essere efficace, dovrebbe essere inquadrato dai borghesi, si professa collettivista, ma difende la piccola proprietà, si pretende ateo, ma si rivela impregnato del cattolicesimo più bigotto. Per conoscere tutti i risvolti del suo pensiero tortuoso, ecco un utilissimo saggio di Daniel Guérin, autore non sospetto di numerosi scritti sull'anarchismo e la rivoluzione francese. Questo lavoro, edito da Gallimard sotto il titolo «Proudhon sì e no», si fonda essenzialmente sugli inediti — diari, corrispondenza, note di lettura, abbozzi di libri abbandonati — rinvenuti dall'autore negli archivi di Besancon Sarà opportuno sorvolare sui capitoli di carattere storico e politico, per soffermarci più particolarmente sulle alquanto rivelatrici concezioni proudhoniane relative alla sessualità e all'istituzione familiare. A partire dagli inediti citati da Guérin e da «La pomocrazia o le donne nei tempi moderni», opera incompiuta, pubblicata postuma nel 1875, si ricavano i contorni di una perfetta utopia fallocratica: vi è di che far fremere le fernministe e alimentare la riflessione di quanti si interessano alle esperienze di «rivoluzioni puritane», ultime quelle di Mao Dse-dong e dell'ayatollah Khomeini. Va premesso che Proudhon non è una figura anomala fra i visionari del suo tempo. A differenza delle utopie del Settecento, aristocratiche e libertine, il contenuto delle utopie ottocentesche in materia di sessualità è spesso piccolo-borghese e reazionario, anche quando i suoi autori si professano socialisti o anarchici. Proudhon si distingue tuttavia per il suo furore repressivo, e la spiegazione di questo furore va cercata nelle vicende della sua vita personale. Di origine cattolica e contadina, egli si innamora a 17 anni di una ragazza, della cui verginità vuol essere «partecipe e guardiano». Lei si stufa e ne sposa un altro; lui inizia il suo lungo calvario di «martire della continenza», tentato però dal «diavolo» della lussuria, che assumerà la maschera della sodomia. A 20 anni s'infiamma per uno studente, Gustave Fallot (e a giudicare dal loro epistolario non si trattò di rapporti platonici), che poi muore di morbillo, lasciando l'amico inconsolabile. Quest'esperienza omosessuale sembra esser stata unica per Proudhon. Giunto all'età matura, egli si decide a sposare «per la comodità delia sua povera esistenza» un'operaia perfettamente incolta, Euphrasie Pie- geard, che mai leggerà una riga dei suoi scritti. «Il matrimonio — constata — è la tomba dell'amore». Chi ricordi il celebre gruppo di famiglia, in cui Courbet ritrasse l'utopista accanto ai figli, stenterà a credere che questo gigante flaccido, dai miti occhi azzurri dietro le lenti di miope, fosse capace degli odi e delle passioni virulente tradite dai suoi scritti, intimi. Ammiratore della bellezza virile di tipo atletico («Tutti amiamo contemplare, carezzare dei giovani ragazzi»), egli esalta il «culto di AnaCreonte»; ma al tempo stesso ne diffida, perché «una volta che l'uomo ha provato questa strana voluttà non ne vorrà altra: il furore pederastico cresce col tempo c con la soddisfazione». Proudhon tuttavia si costringe alla continenza, e la tentazione costantemente repressa si trasforma per lui in incubo. Vede pederasti dappertutto, a cominciare dalle alte sfere. Lo sono, afferma, Leopoldo I, re dei belgi, e il re d'Olanda, che fu sorpreso ni flagrante con due marchette. L'omosessualità, dice, ha fatto di Federico II di Prussia «un mostro», uccidendo in lui «il genio, insieme al senso morale». E' ossessionato dall'idea che la sodomia conduca alla tirannide; però si chiede se non sia un mezzo valido di controllo delle nascite e pertanto un rimedio al pauperismo. Al suo amore-odio per i pederasti, si contrappone il suo disprezzo assoluto per il bel sesso. La femmina innamorata, secondo lui, «abbaia, ridiventa bestia, è una pazza, una puttana, una scimmia, un pozzo di malvagità...». La donna non ha carattere, non ha coscienza, è sempre meno bella' dell'uomo, e meno intelligente in quanto ha un cervello più piccolo (del peso medio di 3 libbre e 4 once, contro 3 libbre e 8 once per quello maschile). Proudhon nega che «in seimila anni il sesso debole abbia mai prodotto una sola idea». Lo orripila soprattutto «l'emancipata», «questa gallina che vuol fare il gallo», che «pretende di filosofare» ed auspica segretamente la decadenza virile. Nei confronti dell'uomo la donna può vantare una superiorità soltanto nell'esercizio delle virtù domestiche, controbilanciata però dà una funesta propensione all'«animalità». In definitiva solo la «casalinga» trova grazia ai suoi occhi Esige che sia «dolce, ri- servata, devota, laboriosa^ casta, temperante, docile»; che indossi panni rozzi, scarpe grosse, sempre un grembiale e una cuffia aderente; che sappia maneggiare la scopa e, non tema «di affondare le braccia nella spazzatura e rivoltare il concime». Ma anche se è una perla di virtù, dovrà esser tenuta soggetta, perché non è da considerarsi «sui furis, sui compos». La società che l'utopista vagheggia si fonda sul matrimonio, all'infuori del quale esiste solo la «pomocrazia».. vale a dire il regno della promiscuità e dell'esecrabile emancipazione femminile, da cui deriva la decadenza delle nazioni. Il concubinato, caratteristica dei regimi aristo-' aratici, è inammissibile in democrazia. I due sessi saranno tenuti a praticare l'astinenza fino all'età del matrimonio, fissata a 26 anni per l'uomo, 21 per la donna. Per i contravventori maschi è previsto, a titolo di sanzione, un periodo di servizio militare o civile, per le ragazze un «ritiro forzato» da 3 mesi a 5 anni. L'adulterio è punito con pene di prigione e ammende, lo stupro e la sodomia con vent'anni di reclusione, ma un pederasta sorpreso in flagrante potrà anche essere «legalmente ucciso dal primo venuto». . Per favorire la continenza, lo stato proibirà la prostituzione, i balli popolari, i romanzi depravati, «qualsiasi pittura o descrizione dell'amore fisico o platonico», controllerà gli spettacoli e l'insegnamento delle belle arti, sorve- g^1* soprattutto 1 educazio¬ ne e la condotta delle donne, evitando qualsiasi promiscuità, «sia pure nell'ambito dei salotti e delle accademie». Proudhon concede a malincuore alla donna la facoltà di scrivere e far stampare un libro, purché il pubblico la conosca «solo di nome». Le nega invece l'esercizio di qualsiasi diritto civile e decreta che, qualora osi prendere la parola in un'assemblea, venga confinata a domicilio. Nubile o sposata, essa dovrà esser sempre soggetta alla tutela del padre, di un fratello, di uno zio, del marito o di un tutore legale: solo così «potrà godere di quella libertà di cui ha bisogno», che si limita di fatto a sovra intendere alle, faccende domestiche. • Al giovane aspirante al matrimonio (Proudhon usa anche un'espressione più cruda, «omnis masculus adoperiens vulvam») l'autore dà una serie di consigli sbalorditivi A parità di censo, egli dovrà essere «almeno due volte più forte» della sposa prescelta, ma il rapporto di forza dovrà essere da uno a quattro in suo favore se la candidata è più ricca del candidato, e da uno a sette se ha qualche talento, poiché nulla è più insidioso dell'intelligenza femminile (non vi è più pace, né dignità per l'uomo che si esponga ad esser contraddetto, ciò che inevitabilmente lò conduce a diventare cornuto). Il marito sappia resistere alle moine della moglie, che tenta di trasformarlo in amante: si guardi dall'abbassarsi à tanto, poiché un uomo innamorato è «un essere ridicolo e il peggiore dei mariti». Se la donna si dimostra troppo esigente in amore, la costringa alla continenza assoluta. Sia sempre severo e si faccia rispettare e servire, esercitando «la prepotenza maritale»: se s'inverte il rapporto di subordinazione «si ricade nel concubinato e si distrugge il matrimonio». Non esiti, se necessario, a ricorrere alla violenza: tanto le donne «amano essere violentate». Il marito può chiedere il divorzio ad libitum e perfino uccidere la moglie se essa lo tradisce, ruba o dilapida i suoi beni, se è ubriacona, debosciata o im- pudica, o dà prova di «insù- bordi nazione ostinata, imperiosa o sprezzante». La sposa invece non ha nessun diritto: anzi, se denuncia i maltrattamenti coniugali, a priori dovrà essere considerata colpevole. Solo in casi gravissimi un consiglio di famiglia potrà chiedere la separazione legale in suo favore. Nell'ultimo capitolo della «Pomocrazia», Proudhon enuncia infine le sue tesi eugenetiche in termini che preannunciano il razzismo di certi teorici nazisti. «Bisogna — dice — sterminare tutte le nature malvagie e rinnovare il sesso attraverso l'eliminazióne dei soggetti viziosi, a somiglianza di quanto fanno gli inglesi quando creano nuove razze di bovini, di montoni o di porci». A tal fine si deve approfondire lo studio delle razze, «determinare quelle che producono le spose migliori, le casalinghe più proficue — come la razza fiamminga, la svizzera, l'inglese, la russa — e preoccuparsi degli incroci, eliminando senza pietà le creature insolenti, viziose, pigre, che vivono solo per il lusso, la toilette e l'amore...». Quel che il cristianesimo non è riuscito a fare, conclude l'autore, lo farà la rivoluzione. Questa è l'altra faccia della «rivoluzione» del «libertario» Prou¬ dhon. Elena Guicciardi ;%^ÉIl^llflll m

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