Dio è nascosto e senza potere di Sergio Quinzio

Dio è nascosto e senza potere Nel saggio di Quinzio, una lettura giudeo-cristiana della Bibbia Dio è nascosto e senza potere Sergio Quinzio LA FEDE SEPOLTA Adelphi, Milano 175 pagine, 5500 lire SERGIO Quinzio è uno dei pochi pensatori religiosi «indipendenti» nel panorama culturale e religioso italiano. Lo spartiacque religioso / laico coincide di fatto in Italia con lo spartiacque cattolico / non cattolico. Eppure l'esigenza di un pensiero religioso non cattolico è per molti aspetti matura nel nostro Paese. Ciò è dovuto in parte al carattere di subcultura che il «cattolico» tende sempre più ad esaminare. E' paradossale il caso che le nuovi correnti teologiche, che hanno criticato il concetto di teologia naturale e reso desueta l'apologetica, hanno contribuito a fare di più della cultura cattolica una cultura a parte. Pensare il dato rivelato con le categorie di Heidegger o di Bloch non crea di per sé un dialogo con chi usa quelle stesse categorie fuori della confessione di fede. Il massimo di recezione coincide con il massimo di separazione, e quindi con l'obiettiva, irrilevanza del «cattolico» per il «laico» (lo stato di subcultura). L'editore Adelphi ha avvertito questa, lacuna, ed ha perciò introdotto in Italia le culture religiose «eterodosse», quelle cioè che non suppongono l'identificazione dell'universo cattolico con l'universo religioso. Ha pubblicato Ceronetti (cui le traduzioni avevano già offerto una mediazione più ampia con un vasto pubblico) ed 1 a presentato Sergio Quinzio. Nessun altro editore lo avrebbe fatto. Credo che abbia avuto ragione e che infine, nei prossimi anni, i laici comprenderanno che la religione è una cosa troppo seria per lasciarla in mano ai preti. Ho innanzi a me un libro di Italo Martinenghi, Il dio laico (ed. Barbatoja, Roma) di cui non ho visto che il titolo e scorso le pagine, ma che si presenta come una lettura indipendente della tradizione cristiana Quinzio occupa da tempo questo terreno. Egli legge la Bibbia a partire dalla Bibbia, mescolando liberamente tutte ' le tradizioni, anche quella cattolica. Egli è un cattolico praticante, ed inserisce il dato dogmatico stesso nella sua rilettura, ma il luogo in cui egli legge la Scrittura non è la Chiesa visibile, il comune popolo di Dio o la comune istituzione. Quinzio legge la Bibbia (ed A dogma cattolico) da un punto che è fuori delle chiese e delle istituzioni.'Poiché un tale stato asettico è impossibile, mi pare di poter dire che Quinzio è un giudeo cristiano; la tradizione entro cui legge la Bibbia si sente in continuità con i rabbini e con lo Zohar, Gesù appare come l'ultimo termine di Israele. In lui appare più il gesto di Dio nel Messia che il Verbo Incarnato. In questo Quinzio respira Faria del suo tempo: la lettura di Cristo all'interno di Israele, in continuità con esso, il suo rovesciamento/ compimento del messianismo ebraico sono lectio communis tra i teologi. Ma essi usano questa prospettiva in chiave secolarizzante, intendono recuperare l'ai di qua al dominio dell'uomo: l'umanizzazione del Messia tende alla messianizzazione dell'Umanità. Quinzio è invece un pio giudeo- cristiano che non è nemmeno scalfito dalla secolarizzazione. L'affinità dei linguaggi è puramente occasionale, avviene al livello della langue più che a quello della parole. Non so se gli ebrei religiosi sentono in Quinzio una qualche appartenenza; un teologo cattolico avverte che la differenza di sé da Quinzio va in quella dire- t zione: Per Quinzio, il Messia è nascosto in Dio sino alla restaurazione di tutte le cose, per usare il linguaggio di forte sapore giudeocristiano conservatoci da Luca nei discorsi petrini degli Atti. La resurrezione è di là, è nascosta con Cristo in Dio. H mondo non è cambiato, anzi il velo spesso dell'impotenza di Dio nel mondo si è accresciuto, dopo che il Messia è stato crocifisso. H gesto supremo di Dio si è rivelato come supremamente impotente. Impotenza e sofferenza di Dio sono temi che la teologia cérca di assumere (Kitamori, Mpltmann, Galot) a partire dalla stessa professione di fede: è il Logos che ha sofferto ed è stato crocifisso in Gesù Cristo. Ma in Quinzio, quello che Cullmann chiamava il victory day è ancora da venire, la resurrezione di Cristo non opera nel mondo. Siamo del tutto nell?al di qua della Croce. La Croce non è la redenzione dell'uomo, è il segno terribile della sconfitta di Dio. Decisamente: Quinzio non è un pensatore religióso popolare, non è un figlio della consolazione. Fórse nemmeno il gesto degli hassidim che si rallegravano quando soffrivano per non contristare il Dio fattosi impotente nel mondo gli torna facile é comprensibile. Il mondo è, per Quinzio, il muro del pianto, ma questo muro non è il tempio di Gerusalemme, è il Messia crocifisso. Tra la resurrezione nascosta e la scon- * fitta dominatrice, Quinzio si insedia nella calma tristezza della invocazione. A chi? Questo è infine il problema di una teologia della croce che non sia anche una teolo¬ gia deila gloria. Come evitare di cadere in uno schema gnostico, cosi lontano dalla religione del terreno, dell'umano, del particolare, che è il cuore della passione religiosa, di Quinzio, e la base della sua vocazione di scnttore? Quinzio censura questa obiezione come volontà di comprendere, bybris della sapienza umana, che non si ferma innanzi alla debolezza della Croce e vuole ridurla a sé, razionalizzare, trasformare il venerdì santo in una catastrofe essenzialmente speculativa, che il concetto supera trasferendosi in un'altra figura. Se dalla dimensione giudeocrìstiana scende qualcosa di profetico in Quinzio, ebbene le sue «vacche di Basan» sono quei fflosófucci d'accatto che sono i poveri teologi. Solo per essi è riservata l'invettiva del cuore. Vi è però in queste pagine ciò che manca abitualmente nelle pagine dei teologi, cioè la bellezza della parola ed il profondo del sentimento. Quinzio non è mai sul registro della speculazione; se il genio del tempo glielo consentisse, non scriverebbe articoli, ma salmi. Di quésto libro, è consigliabile la lettura ai credenti, essi che tanto spesso rischiano di ridurre l'Eucarestia al caffè e latte del mattino. Per dire «credo nei Signore Risorto», «credo nello Spirito Santo effuso» bisogna aver, prima sentito le obiezioni religiose di Quinzio, secondo cui il Signore non è risorto (non è risorto nella storia) e 10 Spirito Santo non è effuso. La fede non è fede se non affronta fiduciosa le prove della contestazione. Non a caso, nel canone biblico, vi è l'Ecclesiaste, vi è Giobbe. Quinzio parla il linguaggio di Giobbe nel nostro tempo; usa 11 linguaggio degli uomini, ma lo parla innanzi a Dio. Un cattolico dirà di «no» a queste pagine, ma uscirà diverso dalla lettura di esse. Il che prova ancora una volta il principio caro a santa Teresa di Lisieux (che Quinzio non ama): «tutto è grazia». Nulla certo di meno caro a Quinzio di una conclusione così cattolica: ma con lui un cattolico può essere unito solo nella misura in cui dice diverso. Gianni Baget-Bozzo Resurrezione (particolare della pala d'altare di Santes Creus XIV-XV)

Luoghi citati: Gerusalemme, Israele, Italia, Milano, Roma