Il teologo che difende Dio con il punto interrogativo di Hans Kung

Il teologo che difende Dio con il punto interrogativo Intervista con Hans Kung: ogni libro, un «caso» difficile Il teologo che difende Dio con il punto interrogativo RUMA — «Cerco di spie- ' gare Dio e il Figlio di Dio agli uomini del mio tempo, credenti e non credenti Anche i discepoli di Gesù si posero questo problema». In tono modesto, ma sicuro Hans Kung inquadra subito in questo programma l'intervista sul suo ultimo bestseller Dio esiste?, che Mondadori ha appena lanciato in edizione italiana (pp. 952. lire 10.000). «Forse non ci sono riuscito abbastanza — aggiunge con un sorriso —. Ma ci sono altri teologi Anche a Roma. La strada è aperta a tutti». ET appena una frecciatina ai critici istituzionali che, nel palazzo del Sant'OffMo, a meno di tre chilometri in linea d'aria, forse già soppesano ogni riga e ogni virgola di questo nuovo, mastodontico saggio per cogliere col piede sull'abisso della eresia lo straordinario teologo. A non conoscerlo, sembra più ìino sportivo cinquantenne, che si mantiene bene nel fisico e nel morale. Ama lo sci acquatico e invernale, regge la fatica da buon montanaro. Ogni suo libro ha sinora provocato un «caso Kung». I guai cominciarono con La Chiesa, messo sotto inchiesta dall'ex Sant'Offizio nel '67; proseguirono con Veracità per il futuro della Chiesa nel "71 ; culminarono nella condanna, ma senza scomunica, di Infallibile? e della Chiesa nel '75. Poi sono venute accuse e richieste di precisazioni nel '77, dall'episcopato tedesco, sul suo Essere cristiani che è la premessa di questo Dio esiste? Che cosa accadrà adesso? Fulmini o silenzio, dall'ex Sant'Offizio? Le previsioni sono ardue, soprattutto dopo il recente intervento di Roma verso il domenicano francese Jacques Pohier, imputato di errori dottrinali per il libro Quand je dis Dieu. Molti lo interpretano come un monito rivolto in realtà a Kung. Ma noi oseremmo prevedere che non accadrà alcuna catastrofe a questo squadrato e attento teologo, nato nel cantone svizzero tedesco di Lucerna cinquantun anni fa. Insegna teologia dogmatica ed ecumenica all'Università statale di Tubinga da vent'anni, la sua produzione ha deU'hicredibile: «E'frutto di uno studio plurìdecennale — dice —. Una gran fatica, giorno e notte, sino all'esaurimento fisico ed anche metafisico». In questo Dio esiste?, Hans Kung raggiunge largamente il suo scopo: «Aprire una porta su Dio» come gli disse il cancelliere austriaco Bruno Kreisky, che è ebreo di fede, ma forse agnostico. «E' un compito immane ripresentare il Totalmente Altro al mondo moderno. Le raccomandazioni le implorazioni lacrimevoli non servono: occorre rimuovere massi giganteschi per rendere percorribile la via. Da un lato, i pregiudizi creali anche dalla Chiesa; dall'altro, l'ateismo, i pregiudizi scientifici Non basta il richiamo alla fede senza la guida della razionalità. Ho tentato questo simbiosi». Con una sbalorditiva erudizione che sostiene le grandi eppur meticolose sintesi filosofiche, teologiche e culturali degli ultimi tre secoli, Hans Kung parte da Descartes e Pascal, simboli del dilemma scienza e fede. Passando attraverso quella che chiama «la gigantomachia» (Hegel, Feuerbach, Marx e Freud) scava ogni dottrina atea o agnostica, per risalire, poi, a piccoli passi e chiarire le alternative: «L'agnosticismo e l'ateismo dispongono di sufficienti argomenti per negare Dio, ma non possono rispondere agli interrogativi ultimi dell'uomo: chi siamo, donde veniamo, dove andiamo? Un'etica ateistica è possibile, ma insoddisfacente. Lo riconoscono molti atei leali D'altra parte, la ripetizione delle formule cattoliche non basta; bisogna affrontare le obiezioni con la ragione. Occorre comprovare la necessità di Dio in generale per dare un senso alla vita, dire un "sì" a Dio contro il nichilismo. Poi, si può arrivare al Dio biblico e, infine, al Dio Cristiano, a Gesù "Figlio di Dio", che è la condizione necessaria per la fede nell'unico Dio. Vorrei che questo mio libro rendesse i credenti più consapevoli e forti nella loro fede, spingesse i non credenti a informarsi e, per ciò stesso, a riflettere sul loro "no"». — Qualcuno sostiene che lei ha precisato, ma non fino hi fondo, la divinità del «Figlio di Dio»: come le chiesero i vescovi tedeschi criticando il suo Essere cristiani. Lo accusavano di ridurre il «Figlio di Dio» dal Gesù della fede al Gesù della- storia, cioè a un uomo nel quale Dio si manifesta hi maniera decisiva per la salvezza dell'uomo, ma che non è il «Figlio di Dio» nato da Maria Vergine. «Credo di aver chiarito la concezione di Figlio di Dio. E' un concetto metaforico nel quale si esprìme il rapporto particolare di Dio con Gesù e di Gesù con Dio. Egli è il rivelatore di Dio, è in figura umana — per così dire — Parola, Volontà, Figlio di Dio. Ho fatto quel che ho potuto. Ci sono già abbastanza ripetitori in teologia. Io ho scelto la strada più difficile, ma più necessaria, tentando di chiarire problemi d'una profondità assoluta in un linguaggio comprensibile all'uomo del mio tempo». — Che lei sappia, qualcuno dopo aver letto hi tedesco Dio esiste? è tornato alla fede o ha scoperto la fede? «Si molti mi scrìvono — con mia immensa gioia — di essere tornati a credere. Mi ha molto commosso la lettera di un signore che mi invia la confessióne di un suo amico, a me sconosciuto. Questi aveva deciso di uccidersi dopo la morte della moglie. Ri¬ cevuto dal suo amico Dio esiste?, lo lesse. Tornò alla fede e alla vita. Anche un teologo ebreo, incontrato ieri a Gerusalemme, mi ha confidato che il mio volume gli ha risolto una seria crisi di fede Aggiungo che questo lavoro ha aiutato anche me». —La risposta finale all'interrogativo se Dio esista è naturalmente, un si assoluto. «Ma è un sì convinto, chiaro e soprattutto giustificato dinanzi alla ragione crìtica. Ho l'ambizione di ribaltare la risposta d'un Premio Nobel Gli domandarono: "Lei crede in Dio?". "Naturalmente no — rispose —. Sono scienziato". Vorrei che la risposta fosse: "Naturalmente sì, sono scienziato". — Lei è a Roma mentre mons. Marcel Lefebvre, suo opposto ecclesiale, attende un'udienza del Papa. Che cosa pensa di Lefebvre? «Non ho mai capito perché gli abbiano impedito di celebrare la Messa nel rito di Pio V. Tutto dipende dal legalismo romano. Chiedo tolleranza per tutti nella Chiesa». E' hi completo blu, cravatta e camicia immacolata. —Vuol rispondere, vestito cosi, a Papa Wojtyla che ha esortato i preti ad indossare senza vergogna la talare nera? i «No, no, per carità Nessuna risposta al Papa. A Tubinga, peri preti l'abito civile è più antico della talare romana che, da noi sarebbe davvero una curiosa novità. Gesù non ha prescrìtto una uniforme: se l'avesse fatto la indosserei Non è la talare che fa il prete. La situazione non è dovunque come in Polonia». — Come giudica la messa in guardia dell'ex Sant'Offizio sul libro di padre Pohier? E' un avvertimento per lei? «Conosco Pohier di persona, ma non conosco il suo volume. Quindi ignoro se le accuse siano giustificate. Spero che l'intervento nei suoi confronti non sia un ritorno all'Indice e alla prassi di censura preconciliare che Paolo VI abolì. Si può sperare che la Congregazione per la Dottrina della Fede dia risposte ai problemi di fede, anziché condannare i teologi che tentano questa ardua via. Io non sono infallibile: voglio imparare, voglio correggermi sempre con lealtà e buona fede. Credo che la mia confessione di fede sia esplicita. Anche Gesù parlava in parabole, nel linguaggio del suo tempo. Ho tentato di fare altrettanto per il mio tempo ». Lamberto Furno_ ^^^^^^^

Luoghi citati: Gerusalemme, Polonia, Roma, Tubinga