Dal vecchio Omero alla cronaca d'oggi

Dal vecchio Omero alla cronaca d'oggi Contenuti e criteri delle antologie di italiano tra epica e mass-media d' Dal vecchio Omero alla cronaca d'oggi LE case editrici e gii autori ce l'hanno fatta: all'apparire dei nuovi programmi ministeriali per la scuola media hanno preso il via per il rush finale come al segnale dello starter. Vero è che attraverso indiscrezioni, risultati di congressi, conoscenze sotto banco delle proposte e delle prime bozze di programmi, si erano potuti tener pronti gli ingredienti, il brodo caldo, per buttar giù la pasta all'ultimo minuto secondo la ricetta ufficiale e vincere la corsa con il nuovo prodotto. Va detto anche che' il ministero non richiedeva per il prossimo anno l'apprestamento di nuovi e adeguati strumenti bibliografici, ma la conquista di un allettante mercato (si parla di 200 miliardi) ha fatto ugualmente in modo che per la scelta imminente dei libri di testo i docenti potessero far conto su oltre cento testi nuovi, tra cui 11 antologie italiane. Fermiamoci sull'antologia,, croce e delizia (ma la delizia è frutto raro) degli autori e dei docenti, per quella sua qualità disperatamente «aperta», per quel suo dover promettere tutto o quasi tutto: l'educazione a leggere, a scrivere, a gustare, a capire, a conoscere... Pochi libri scolastici sono cosi esposti e cosi poco protetti da precise indicazioni (anche perché la precisione normativa in questo campo è la più aleatoria che si possa immaginare). Vivono di affermazioni di principio, devono rispondere ad esigenze che mutano nelle definizioni lessicali (bisogna parlare di struttura, di comunicazione, di motivazione, di drammatizzazione, di connotazione), nelle richieste di orientamento conoscitivo e ideologico, ma restano nel fondo sempre le stesse, terribilmente impegnative e compromettenti. Ne ho sotto gli occhi quattro, freschissime di stampa: A Tratteur, E Judica Cordiglia, Linguaggio e realtà della Sei, Sambugar, Scuola aperta della Nuova Italia, Esperienze e comunicazione della Paravia, P. F. Listri, Nuova Antologia della Le Monnier. Si tratta quindi di osservazioni parziali, ma anche la diversa provenienza e collocazione autorizza per lo meno alcune considerazioni generali. Le antologie si rifanno, spesso fin dal titolo (o dal sottotitolo), al ripetuto richiamo ministeriale alT«educazione linguistica» e mettono in primissimo piano questa funzione di apprendimento della realtà e della sua comunicazione attraverso il linguaggio. Diversi sono i modi: chi organizza il discorso attorno a un moderno recupero del concetto di genere («il linguaggio della narrativa, della scienza e della tecnica, della poesia, del giornale»),' 'chi riscopre le perenni tematiche («II mondo intorno a noi», «Noi e la natura», «Noi e gli animali», «Il giro del sole», «La casa», «Gli oggetti»), chi salva almeno un'immagine di profondità storica, chi invece realizza tutto nel pre1 sente, ma in ogni caso senza più quella smania di novità a tutti i costi, quella ricerca dell'impossibile invenzione didattica risolutiva, che spesso dovevamo lamentare. Si può discutere sull'opportunità e sulla stessa possibilità di lettura della storia, dei miti, attraverso le grandi opere dell'epica e quindi sulle soluzioni diacroniche offerte, per esempio, da antologie come quelle della Sei e della Paravia; o su quelle, invece, eminentemente comparative (la morte di Jenny in Love story e l'addio di Ettore e Andromaca nell'Iliade), come nel testo della Nuova Italia: resta il fatto confortante' che in entrambi i casi i lettori sono avviati a un tipo di lettura che sia sempre ricostruzione e riscrittura. Molto ben condotta nei tre volumi della Paravia l'ampia sezione dedicata al giornale, alla confezione e soprattutto ai modi di lettura del giornale, con un lavoro davvero approfondito di confronti dei. vari livelli linguistici e comunicativi, ma anche dei problemi dell'obiettività, della manipolazione delle notizie. L'antologia di Le Monnier — che nel complesso appare la più fiduciosa in un'impostazione tradizionale — richiama l'attenzione sulla radio e sulla televisione per una lettura critica dei mass-media. La Sei tenta coraggiosamente uno spaccato, con esempi cronologicamente ordinati, di storia della lingua. La Nuova Italia, che presenta forse l'opera più ricca di inventività ma anche la più dispersiva, si affida con risultati a tratti eccellenti alla dimensione del gioco, dell'invenzione, della scoperta. E dovunque molte schede, grafici, inserti, grande attenzione alle forme di comunicazione extralinguistiche, esercitazioni (si arriva persino ad offrire la «soluzione» capovolta, come nei giochi enigmistici). Libri, insomma, che accettano r anche la concorrenza con tutti gli altri modi di approccio alla realtà che si presentano fuori della scuola. Mi accorgo che ho finito per dir bene di ciò di cui si deve dir male: certo, non si è mai abbastanza esigenti nei confronti di uno strumento cosi delicato e importante come un libro scolastico, ma è doveroso riconoscere che lo sforzo di migliorameniC in genere c'è, e c'è intelligenza e mestiere. (Ma va anche detto, per la verità, che circolano da qualche anno nelle scuole antologie altrettanto valide e «nuove»: non è poi così difficile in questo campo prevedere metodi e impostazioni didattici; difficile è, se mai, ottenere risultati soddisfacenti). A libri così confezionati diventa ingenerose chiedere anche una maggior calibratura degli autori, ma resta talvolta l'impressione che ci si sia fermati al primo passo adatto, mentre uno scavo più a fondo avrebbe anche giovato al quadro e all'equilibrio complessivo. H commento dei brani poetici continua ad essere in genere tautologico e emozionale; talvolta è anche affrettato. ; Come spiegate diversamente che per Alle fronde dei salici di Quasimodo non si faccia riferimento al salmo biblico, senza del quale non solo il significato perde di verità e di profondità, ma diventa inspiegabile lo stesso lessico? £ perché di un passo si danno gli estremi bibliografici e di altri no, senza alcuna motivazione? Forse la fretta è stata, a tratti, cattiva consigliera. E tuttavia, ribadisco che si tratta di strumenti utili, che cercano davvero con onestà di aiutare il ragazzo a scoprire e a manovrare parole, «perché un'idea senza parola o modo di esprimerla ci sfugge, o ci erra nel pensiero come indefinita e mal nota a noi medesimi che l'abbiamo concepita. Colla parola prende corpo, e quasi forma visibile, e sensibile, e circoscritta». Come epigrafe per un'antologia non saprei trovare di meglio di questo Leopardi. Stefano Jacomuzzi

Persone citate: Judica Cordiglia, Libri, Listri, Love, Monnier, Quasimodo, Stefano Jacomuzzi

Luoghi citati: Esperienze, Italia, Nuova Italia, Tratteur